Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22427 del 06/08/2021
Cassazione civile sez. lav., 06/08/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 06/08/2021), n.22427
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8787-2018 proposto da:
P.C.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso
la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dagli avvocati MONICA ROTA, DAVIDE DARIO BONSIGNORIO;
– ricorrente –
contro
TELECOM ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22,
presso lo studio degli avvocati ENZO MORRICO, ARTURO MARESCA,
ROBERTO ROMEI, FRANCO RAIMONDO BOCCIA, che la rappresentano e
difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1512/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 13/09/2017 R.G.N. 1799/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
02/12/2020 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI.
Fatto
RILEVATO
CHE:
La cessione di ramo d’azienda, cui era addetto P.C.G., da Telecom Italia s.p.a. a Telepost del 1.3.04, venne dichiarata illegittima dal Tribunale di Milano con sentenza poi passata in giudicato (a seguito di Cass. n. 20422/12).
Il P. chiese ed ottenne da Telecom, a seguito di vari ricorsi giudiziali, le retribuzioni maturate da ottobre 2006 a gennaio 2014.
La domanda inerente le retribuzioni successive (febbraio 2015- gennaio 2016) venne invece respinta sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello di Milano con sentenza del 13.9.17, che ritennero a ciò ostativa la transazione stipulata dal P. con Telepost circa la risoluzione consensuale del relativo rapporto di lavoro.
Per la cassazione di quest’ultima ricorre il P. affidato a quattro motivi, cui resiste Telecom con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1. Col primo motivo il ricorrente eccepisce la violazione del giudicato costituito dalla suddetta Cass. 20422/12.
Il motivo è fondato.
Deve infatti considerarsi che la sentenza in questione, resa tra le parti, ha accertato che la transazione col terzo (Telepost) era res inter alios acta e che “per tali ragioni non può condividersi l’argomentazione secondo cui, avendo dato le dimissioni da Telepost, il lavoratore avrebbe fatto cessare quello stesso ed unico rapporto lavorativo che prima aveva con Telecom Italia, che quindi non potrebbe più rivivere, assunto viziato dal supporre l’esistenza fra cedente, cessionario e lavoratori ceduti ex art. 2112 c.c., d’un inscindibile rapporto plurisoggettivo che invece deve escludersi”.
Questa Corte aveva dunque dichiarato l’irrilevanza della transazione, stipulata dal lavoratore con la società cessionaria del ramo di azienda, nei confronti del rapporto del lavoratore con la società cedente, ed a tale statuizione la Corte di merito non si è attenuta.
2. Col secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2112 c.c. La censura riferita, sotto tale diverso profilo, alla medesima questione oggetto di lite è assorbita.
3. Col terzo motivo il P. denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, la ritenuta mancanza di prova del danno in tesi subito.
Il motivo è fondato, posto che la sentenza impugnata si è basata sul precedente orientamento di questa Corte (Cass. 17 luglio 2008 n. 19740; Cass. 9 settembre 2014 n. 18955; Cass. 25 giugno 2018, n. 16694) secondo cui il mancato ripristino del rapporto col cedente determinerebbe solo un risarcimento del danno, suscettibile di riduzione in base all’aliunde perceptum. Deve invece evidenziarsi che secondo il più recente ed ormai consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. 29092/2019, Cass. n. 16793/20, Cass. n. 16792/20, Cass. n. 16710/20, ex aliis), il lavoratore illegittimamente ceduto ha diritto di ricevere, da parte del cedente (nel caso di specie Telecom Italia) le normali retribuzioni, insuscettibili di decurtazioni per aliunde perceptum.
4. Col quarto motivo il P. denuncia la violazione dei principi in materia di onere della prova (artt. 2697 e 1223 c.c.) per avere la Corte erroneamente escluso l’esistenza di un danno da parte del lavoratore. Il motivo risulta assorbito dalle precedenti argomentazioni.
5. Il ricorso deve essere pertanto accolto nei termini di cui al dispositivo, la sentenza impugnata cassata e rinviata ad altro giudice in dispositivo indicato, anche per la regolazione delle spese, al fine di accertare le retribuzioni dovute al P. da parte dei Telecom Italia.
PQM
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 2 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2021