Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22426 del 21/09/2018

Cassazione civile sez. un., 21/09/2018, (ud. 17/04/2018, dep. 21/09/2018), n.22426

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Primo Presidente f.f. –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. FALSCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19480/2014 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO DI NATALE, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROBERTO MICHELUTTI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI UDINE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA B. TORTOLINI 34, presso lo studio

dell’avvocato NICOLO’ PAOLETTI, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati GIANGIACOMO MARTINUZZI e RICCARDA FAGGIANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 703/2013 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 21/08/2013.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/04/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo

del ricorso, rigetto nel resto;

uditi gli avvocati Alberto Di Natale e Ginevra Paoletti per delega

orale dell’avvocato Nicolò Paoletti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 703/13 depositata il 21 agosto 2013 la Corte di appello di Trieste ha rigettato l’impugnazione proposta da P.M. avverso la sentenza n. 223/2011 con cui il Tribunale di Udine aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del G.O., ritenendo sussistente la giurisdizione del G.A., in relazione all’opposizione all’ordinanza-ingiunzione emessa dal Dirigente responsabile del Servizio di Edilizia Privata del Comune di Udine in data 3 aprile 2007 per la somma di Euro 6.450,00 a titolo di sanzione pecuniaria amministrativa pretesamente dovuta ai sensi della L.R. n. 52 del 1991, art. 105, per aver la P. realizzato un muro di cinta in assenza di titolo abilitativo.

La Corte di merito ha ritenuto che, nella specie, “l’opposizione ad ordinanza ingiunzione vuole far valere la prescrizione dell’illecito amministrativo sanzionato”, fondandosi la prescrizione eccepita sulla L. n. 689 del 1981, art. 28, sicchè tale eccezione “attiene non alla prescrizione dei diritti nascenti in favore della PA dalla emissione dell’ordinanza ingiunzione, ma attiene all’estinzione di ogni diritto della PA a seguito del decorso del tempo dalla violazione”.

Secondo la Corte territoriale, quindi, la P. ha dedotto “che il diritto del Comune di emettere l’ordinanza ingiunzione era estinto perchè era estinto l’illecito amministrativo, essendo passati più di 5 anni dall’epoca della violazione. Per la stessa P., cioè (era) estinto, per decorso del tempo l’illecito amministrativo e il potere autoritativo della PA” e, pertanto, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo.

Avverso la sentenza della Corte territoriale P.M. ha proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi e illustrato da memoria.

Il Comune di Udine ha resistito con controricorso, pure illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va anzitutto esaminato il secondo motivo, con il quale si lamenta la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 22.

La ricorrente, sostenendo la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, deduce che, nella specie, diversamente da quanto affermato dalla Corte di appello di Trieste nella sentenza impugnata, non sarebbe stato posto in contestazione il “c.d. momento autoritativo del rapporto tra P.A. e privato”, in quanto la P., lungi dal sindacare la legittimità o meno del potere esercitato, si sarebbe limitata ad eccepire il sopravvenuto venir meno del credito vantato dal Comune e, quindi, del conseguente diritto a procedere alla riscossione dello stesso perchè prescritto e non avrebbe inteso far valere la prescrizione dell’illecito amministrativo contestato.

Sostiene la ricorrente che la sua posizione ha consistenza di diritto soggettivo e che, vertendosi nella specie di una opposizione ad ordinanza-ingiunzione di irrogazione di una sanzione pecuniaria a fronte di un’asserita violazione edilizia, non può che applicarsi la disciplina di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 22-bis, comma 2, secondo cui “l’opposizione si propone davanti al tribunale quando la sanzione è stata applicata per una violazione concernente le disposizioni in materia:… c) di urbanistica ed edilizia”, evidenziando che, per la violazione contestata, non è normativamente contemplata la sanzione della demolizione, neppure in via alternativa, bensì è prevista l’irrogazione della sola sanzione pecuniaria.

1.1. Il motivo è fondato.

1.2. Va premesso che l’art. 22-bis richiamato dalla ricorrente è stato abrogato dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 34, comma 1, lett. c) e che a norma dell’art. 36 del provvedimento normativo appena richiamato le norme di quel decreto legislativo si applicano ai procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso mentre le norme abrogate o modificate con quel decreto legislativo continuano ad applicarsi alle controversie pendenti alla data di entrata in vigore dello stesso.

1.3. Nel caso all’esame va, quindi, applicata la L. 24 novembre 1981, n. 689, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 10 settembre 2011, n. 150, in quanto la causa è stata introdotta in primo grado con ricorso nel 2007.

1.4. Si osserva che è pur vero che queste Sezioni Unite hanno affermato che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 34, come sostituito dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7, tutte le controversie aventi ad oggetto le iniziative delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica, ivi compresi i giudizi relativi alla legittimità del procedimento di riscossione delle sanzioni irrogate pe violazioni edilizie (Cass., sez. un., 20 maggio 2003, n. 7897; Cass., sez. un., 18 maggio 2004, n. 9389), ma tale orientamento è stato superato, essendo stato successivamente precisato che appartiene alla giurisdizione ordinaria la causa di opposizione ad ordinanza-ingiunzione di pagamento per violazione della normativa urbanistica ed edilizia (Cass., sez. un., 4 luglio 2006, n. 15222; Cass., sez. un., 2 luglio 2008, n. 18040; Cass., sez. un., 26 novembre 2008, n. 28167; Cass., sez. un., 23 gennaio 2009, n. 1671; Cass., sez. un., 27 gennaio 2014, n. 1528; Cass., sez. un., 21 aprile 2015, n. 8076).

Come già evidenziato con l’ordinanza 31/05/2016, n. 11388 di queste Sezioni Unite, le stesse sono pervenute a tale conclusione in base ad un duplice rilievo: sia argomentando dalla L. n. 689 del 1981, art. 22-bis, che al comma 2, lett. c), attribuisce alla competenza del tribunale ordinario le opposizioni alle sanzioni in materia di urbanistica; sia sottolineando che – pur essendo la materia urbanistica compresa in quella per la quale il D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34,prevede la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo – l’opposizione non genera una controversia nascente da atti e provvedimenti della P.A. relativi alla gestione del territorio, costituendo i provvedimenti sanzionatori la reazione a comportamenti del privato assunti come illegittimi, in relazione ai quali non si pone la difficoltà, alla base della previsione di giurisdizione esclusiva, di distinguere gli aspetti concernenti diritti soggettivi da quelli riguardanti interessi legittimi, poichè la situazione giuridica di chi deduce di essere stato sottoposto a sanzione in casi e modi non stabiliti dalla legge, ha consistenza di diritto soggettivo.

1.5. Sussiste, quindi, la giurisdizione del giudice ordinario.

2. L’esame del primo e del terzo motivo, rubricati, rispettivamente, “Violazione dell’art. 11 disp. gen., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” e “Violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, resta assorbito dall’accoglimento del secondo motivo.

3. In conclusione, va accolto il secondo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata al Tribunale di Udine, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia a causa, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, al Tribunale di Udine, in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 17 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2018

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