Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22420 del 27/10/2011

Cassazione civile sez. II, 27/10/2011, (ud. 30/09/2011, dep. 27/10/2011), n.22420

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CHIROS DI DA ROS GIOVANNA & C SNC in persona dei soci e

legali

rappresentanti pro tempore D.R.G. E Z.A. P.I.

(OMISSIS), e anche dalla CHIROS di DA ROS GIOVANNA & C snc in

liquidazione(in persona dei legali rappresentanti pro tempore D.R.

G. e Z.A., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIALE PARIOLI 47, presso lo studio dell’avvocato CORTI PIO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BRUSATORI FELICE;

– ricorrenti –

contro

E.B. C.F. (OMISSIS)Z, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESIRA FIORI 32, presso STUDIO LEGALE LICCIARDELLO ORAZIO

rappresentato e difeso dall’avvocato LICCIARDELLO ORAZIO, e

dall’avvocato MATERA ANTONIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2360/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 12/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/09/2011 dal Consigliere Dott. LAURENZA NUZZO;

udito l’Avvocato Licciardello Orazio difensore del controricorrente

che ha chiesto il rigetto del ricorso e l’accoglimento del

controricorso e della memoria;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Chiros di Da Ros Giovanna & C. s.n.c., in persona dei legali rappresentanti, proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo del 10.2.2000 n. 86/00 con cui le era stato ingiunto il pagamento della somma di L. 22.385.140 oltre interessi, nei confronti di E.B.. Tale decreto era emesso in forza della sentenza, passata in giudicato, n. 985/1999 del 16.7.99, con cui il Tribunale di Busto Arsizio aveva condannato la Chiros di Da Ros Giovanna & c. s.n.c. al pagamento, in favore di E.B., della somma di 20.246.100, oltre IVA ed interessi legali, a titolo di corrispettivo per prestazione d’opera, dichiarando,inoltre, la società stessa tenuta a consegnare all’ E. determinati beni mobili. Tale pronuncia era fondata sulla scrittura privata 14.1.1994 con cui la Chiros s.n.c. si era obbligata a pagare le prestazioni effettuate in suo favore dall’ E. in parte in denaro ed in parte con la consegna di determinati beni mobili, dati in permuta in parziale pagamento delle prestazioni stesse. Il Tribunale di Busto Arsizio, sez. dist. di Gallarate, con sentenza 15.4.2002, revocava detta ingiunzione rilevando che E.B., a fronte dell’avvenuto accertamento giudiziale del diritto alla consegna di beni determinati, non aveva ragione di ottenere un altro titolo giudiziale per ottenere l’equivalente importo monetario, benchè tale importo fosse stato già incidentalmente accertato nella sentenza n. 985/1999.

A seguito di appello dell’ E., con sentenza del 12.10.2005, la Corte di Appello di Milano dichiarava il difetto di legittimazione a resistere da parte della Chiros di Da Ros Giovanna & C. s.n.c. in liquidazione, in persona dei soci D.R.G. & C. e Z. A., p. IVA (OMISSIS) ed, in riforma della sentenza impugnata, respingeva l’opposizione proposta dalla Chiros di Da Ros Giovanna & C. s.n.c., rimasta contumace. Rilevava che, legittimamente, il creditore E. aveva ottenuto, a titolo risarcitorio, con il decreto n. 86/2000, l’equivalente in denaro, indicato nella sentenza 16.7.1999, a fronte della non puntuale ed incompleta consegna dei beni mobili dati in permuta dalla s.n.c. Chiros di Da Ros Giovanna & C. Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione la Chiros di Da Ros Giovanna & C. s.n.c. e la Chiros di Da Ros Giovanna & C. in liquidazione, sulla base di cinque motivi di ricorso cui E. B. resiste con controricorso e successiva memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La società ricorrente deduce:

1) violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c.; degli artt. 183, 189 c.p.c.; dell’art. 633 c.p.c. e dell’art. 1223 c.c., posto che l’ E. non aveva mai proposto una domanda risarcitoria, ma solo quella di pagamento del prezzo, essendosi limitata a porre a fondamento della propria pretesa la sentenza n. 985/99 che non conteneva alcuna condanna al risarcimento conseguente alla mancata consegna dei beni mobili in questione;

2) violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in tema di giudicato, ex art. 2909 c.c. ed insufficiente, contraddittoria motivazione;

la Corte di Appello aveva, d’ufficio,ravvisato l’inadempimento della Chiros s.n.c. alla puntuale consegna dei beni benchè ne fosse stata accertata, con detta sentenza, l’offerta non formale all’ E.; 3) contraddittorietà, illogicità e manifesta insufficienza di motivazione nonchè erronea valutazione e/o travisamento dei fatti, laddove la Corte di merito aveva affermato il difetto di legittimazione della società costituita in appello come “Chiros di Da Ros Giovanna & C. in liquidazione, in persona dei soci D.R. G. e Z.A.” e con partita Iva diversa da quella della società “Chiros di Da Ros Giovanna e Zocchi Armando & C. s.n.c.”, destinataria del decreto ingiuntivo e dell’atto di citazione in opposizione; risultava, invece, dalla documentazione che trattavasi di una stessa società avente gli stessi soci e la stessa sede e che erroneamente era stata indicata “in liquidazione” anzichè “inattiva”; la condanna alle spese processuali della società in liquidazione, in solido con la Chiros s.n.c., era stata pronunciata in difetto di una domanda della controparte al riguardo ed integrava, quindi, violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. nonchè del contraddittorio;

4) inammissibilità del decreto opposto per difetto del requisito della liquidità del credito azionato;

5) violazione e falsa applicazione degli artt. 184 e 345 c.p.c. ed insufficiente, contraddittoria motivazione, a-vendo i giudici di appello negato l’ammissione delle prove orali dedotte nella memoria 2.10.05, ritenendole erroneamente precluse ex art. 345 c.p.c. Rileva, preliminarmente, il Collegio la inammissibilità del ricorso proposto dalla Chiros di Da Ros Giovanna & C. in liquidazione in quanto, contrariamente a quanto sostenuto col motivo sub 3), la società stessa è priva di legittimazione processuale, non potendosi essa identificare, come già osservato dal giudice di appello, con la s.n.c. Chiros di Da Ros Giovanna & C.(che aveva promosso il giudizio di primo grado in persona dei legali rappresentanti pro tempore D. R.G. e Z.A.), considerata la diversità del numero di partita IVA relativo alle due società e tenuto conto che la società in liquidazione è legalmente rappresentata in giudizio dai liquidatori, a sensi dell’art. 2310 c.c..

Nella specie,invece, il ricorso risulta proposto dalla società in liquidazione, in persona dei soci D.R.G. e Z. A., senza alcuna allegazione sulla loro qualità di legali rappresentanti della società medesima. Correttamente il giudice di appello, avendo disatteso la tesi difensiva sulla identità delle due società, ha loro addebitato, in solido, le spese processuali, secondo il criterio della soccombenza.

Sono, invece, fondate le doglianze dedotte con il primo, secondo e quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto logicamente connesse ed attinenti a diversi profili della questione fondamentale concernente il tenore del titolo posto a fondamento del decreto ingiuntivo opposto e, cioè, della sentenza n. 985/99 del 15.7.1999, passata in giudicato.

Orbene, in contrasto con quanto statuito con tale sentenza ed in violazione del relativo giudicato, la Corte territoriale ha respinto l’opposizione al D.I., ravvisando il diritto del creditore, E. B., ad ottenere il prezzo corrispondente al valore dei beni mobili dati in permuta dalla società debitrice, in conseguenza della mancata consegna dei beni stessi.

E’ pur vero che, secondo la giurisprudenza della S.C., citata nella sentenza impugnata (Cass. n. 7738/98), “il giudicato formatosi sull’accoglimento della domanda di consegna non preclude, qualora la consegna risulti per una qualsiasi ragione impossibile, la proposizione della domanda di risarcimento del danno, rappresentato dal valore venale della cosa al tempo dell’inadempimento”, ma tale pronuncia non si attaglia al caso in esame. Secondo quanto si legge nella motivazione della sentenza 15.7.98, infatti, l’ E. aveva indebitamente avanzato domanda di pagamento in denaro dell’intero corrispettivo dell’opera svolta, avendo le parti pattuito che il pagamento stesso sarebbe avvenuto in parte in denaro ed in parte mediante permuta di beni mobili; la società debitrice, peraltro, aveva provveduto alla messa in mora informale del creditore, ex art. 1220 c.c., sicchè non era configurabile la dedotta impossibilità della consegna dei beni in questione ed il conseguente inadempimento della debitrice.

Con riferimento a detta motivazione l’ E. aveva diritto alla consegna dei mobili dati in permuta dalla società debitrice e non a) loro equivalente in denaro. Dovendosi, quindi, il giudicato rapportare a tale pronuncia, era precluso alla Corte di merito estendere la portata della pronuncia medesima ed i limiti della domanda dell’ E., diretta al pagamento delle prestazioni da lui eseguite, laddove aveva ritenuto che legittimamente l’ E. avesse ottenuto, con il decreto n. 86 del 10.2.2000, l’equivalente in denaro dei mobili, in conseguenza dell’inadempimento dell’obbligazione di consegna dei beni mobili oggetto di permuta.

Tale statuizione viola, evidentemente, il giudicato di cui alla sentenza n. 95/99 che, riconoscendo all’ E. solo il diritto alla consegna dei beni mobili, non gli consentiva di azionare la diversa pretesa relativa all’equivalente importo monetario dei mobili, mancando l’accertamento, nella sentenza medesima, dell’inadempimento della società debitrice a detto obbligo di consegna, quale presupposto e titolo per ottenere il risarcimento del danno ex art. 1223 c.c. Conseguentemente difettavano i requisiti di liquidità ed esigibilità del credito azionato, richiesti dall’art. 633 c.p.c. per l’emanazione del decreto ingiuntivo. Alla stregua di quanto osservato il quinto motivo di ricorso rimane assorbito.

Potendosi la causa decidere nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la sentenza impugnata va cassata con l’accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo. Consegue, in virtù del criterio della soccombenza, la condanna dell’ E. al pagamento, in favore della Chiros di Da Ros Giovanna & C. s.n.c, delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso proposto dalla società Chiros di Da Ros Giovanna & C. in liquidazione; rigetta il terzo motivo di ricorso;

accoglie il primo, il secondo ed il quanto motivo, assorbito il quinto motivo;

decidendo nel merito, cassa la sentenza impugnata ed accoglie l’opposizione a decreto ingiuntivo; condanna E.B. al pagamento delle spese di giudizio di primo grado che liquida in Euro 119,64 per spese; Euro 999,39 per diritti ed Euro 1.740,00 per onorari ed al pagamento delle spese del giudizio di appello che liquida in Euro 258,56 per spese; Euro 1.143,45 per diritti ed Euro 2.210,00 per onorari nonchè al pagamento di Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, per il giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2011

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