Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2242 del 31/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/01/2011, (ud. 02/12/2010, dep. 31/01/2011), n.2242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16957-2006 proposto da:

LEON D’ORO SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI

RIPETTA 22 presso lo studio dell’avvocato VESCI GERARDO, che lo

rappresenta e difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 50/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 20/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il ricorrente l’Avvocato CREMISINI ROBERTO per delega Avv.

VESCI GERARDO, che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA, che ha concluso per il rinvio a Nuovo Ruolo per

rinnovo notifica all’Agenzia, l’inammissibilità in subordine il

rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Leon d’Oro in liquidazione impugna la sentenza della CTR, indicata in epigrafe, che rigettava il gravame di questa avverso quella di primo grado, che accoglieva solo in parte l’impugnativa contro l’avviso di accertamento dell’imposta INVIM straordinaria su un complesso immobiliare acquistato e poscia oggetto di fabbricazione.

A sostegno deduce due motivi, mentre l’a.f. non svolge alcuna difesa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Col primo lamenta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in quanto la commissione tributaria regionale non considerava che l’appellante chiaramente invocava, oltre alla declaratoria di nullità della sentenza di primo grado per difetto di motivazione, anche la rideterminazione dell’imposta in base alla effettiva superficie posseduta, che era inferiore a quella ritenuta dall’amministrazione, cui una parte era stata ceduta gratuitamente, sicchè le richieste di merito non potevano essere considerate domande nuove, peraltro già proposte al primo giudice.

La censura è fondata. La CTR osservava che la Leon d’Oro deduceva la nullità della decisione del primo giudice con l’appello, mentre invece chiedeva la determinazione dell’imposta nelle conclusioni in base a una superficie del terreno più ridotta, con ciò quindi limitandosi ad invocare quest’ultima statuizione, che però era nuova rispetto al precedente giudizio. L’assunto non è esatto. Infatti, ancorchè la contribuente non avesse indicato la declaratoria di nullità della prima sentenza nelle conclusioni, tuttavia la rideterminazione della misura inferiore del tributo non poteva ritenersi domanda nuova, dal momento che essa faceva parte già del “thema decidendum” sin dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado, tanto che quel giudice la determinava. Invero quello di appello doveva delibare anche la domanda relativa a tale punto senza cadere nel vizio di ultrapetizione, che non si sarebbe configurato nella fattispecie, trattandosi di pronuncia inerente, oltre che al suindicato “thema decidendum”, in particolare anche al “petitum” del primo grado, in cui la contribuente invocava in via subordinata la determinazione dell’imposta in misura inferiore al preteso. Infatti, com’è noto, il processo tributario non è annoverabile tra quelli di impugnazione – annullamento, bensì tra quelli di impugnazione – merito, in quanto non diretto alla mera eliminazione dell’atto impugnato ma alla pronunzia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria. Ne consegue che il giudice, il quale ravvisi l’infondatezza parziale della pretesa dell’amministrazione, non deve, nè può, limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve quantificare la pretesa tributaria entro i limiti posti dal “petitum” delle parti; e questo è quanto era stato oggetto di delibazione e statuizione da parte del giudice di prime cure (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 1549 del 2007, n. 21221 del 2006).

2) Col secondo motivo la ricorrente denunzia insufficiente e/o contraddittoria motivazione, posto che il giudice di appello non delibava adeguatamente la questione attinente alla mancanza di motivazione della sentenza di primo grado, col ritenere che la medesima non gli fosse stata devoluta.

Il motivo non ha pregio, giacchè quel giudice nella sua prudente valutazione riteneva che questa domanda non gli fosse stata prospettata, atteso che, nelle conclusioni del relativo atto impugnatorio, la parte si limitava a richiedere una statuizione attinente solo alla misura più ridotta dell’imposta, da calcolare su una superficie inferiore, e ciò anche con riferimento al valore iniziale e a quello finale di acquisto del terreno, ovvero, in subordine, all’altro stabilito dall’Ute.

Quindi in rapporto a tali valutazioni giuridiche, le doglianze della ricorrente riescono ad intaccare quelle del giudice del gravame solamente con riferimento al primo motivo e non anche al secondo, con il conseguente accoglimento del ricorso limitatamente a quello sub 1), e la cassazione della decisione impugnata solo su tale punto, con rinvio alla commissione tributaria regionale della Lombardia, altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà al principio di diritto sopra enunciato.

Quanto alle spese del giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Lombardia, altra sezione, per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2011

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