Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22418 del 27/10/2011

Cassazione civile sez. II, 27/10/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 27/10/2011), n.22418

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

Sul ricorso 3281/2006 proposto da:

BOMOCAR SRL P. IVA (OMISSIS) in persona del legale rappresentante

pro tempore M.L. elettivamente domiciliato in ROMA via F.

MICHELINI TOCCI n. 50 presso lo studio dell’avvocato VISCONTI CARLO

rappresentato e difeso dall’avvocato CEPPI EUGENIO;

– ricorrente –

contro

R.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEGLI SCIALOJA 3, presso lo studio dell’avvocato RIVELLESE

MARIO, rappresentato e difeso unitamente all’avvocato, CIPELLETTI

DANIELA;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 135/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 25/01/2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/09/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con Decreto Ingiuntivo del 31 ottobre 1996 il Presidente del Tribunale di Varese ordinava alla Bomocar srl di riconsegnare a R.S. l’autovettura BMW M3 targata (OMISSIS).

Avverso tale decreto proponeva opposizione la società Bomocar chiedendo i che fosse accertato l’effettivo proprietario del mezzo e che all’esito di tale accertamento lo stesso fosse ad essa opponente attribuito.

Il Tribunale di Varese, sospesa la provvisoria esecutorietà del decreto e disposto il sequestro giudiziario dell’autovettura con sentenza del 10 marzo/21 luglio 1999, revocava il decreto ingiuntivo e condannava l’opposto a pagare alla Bomocar la somma di L. 10.000.000 a titolo di risarcimento danni.

Avverso tale sentenza proponeva appello, davanti alla Corte di Appello di Milano, il R. censurando la sentenza impugnata per diversi motivi e chiedendo la riforma della stessa.

Si costituiva la società Bomocar srl. chiedendo il rigetto del gravame.

La Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 135 del 2005, riformava la sentenza del Tribunale di Varese, respingeva l’opposizione proposta dalla Bomocar srl avverso il Decreto Ingiuntivo del 31 ottobre 1996, respingeva l’appello incidentale e ogni altra domanda della Bomocar. A sostegno di questa decisione la Corte di Appello di Milano osservava: a) che l’elemento documentale costituito dal certificato di proprietà indicava formalmente che il R. mai si era spogliato della proprietà dell’autovettura; b) che, nonostante, le trascrizioni al PRA abbiano solo valore indiziario in ordine all’indicazioni del proprietario, le stesse, in mancanza di prova contraria, sono senz’altro rilevanti; c) la società Bomocar non aveva fornito prova certa che trasferimenti succedutesi tra il R. fino ad essa ( R. avrebbe venduto a C., questi alla società Giaguaro, questi alla società Tecnauto srl e questi alla società Bomocar) fossero effettivamente supportati dal consenso delle varie parti su tutti gli elementi del negozio, in particolare sul prezzo e poi seguiti dall’esecuzione delle reciproche prestazioni.

La Cassazione della sentenza n. 135 del 2005 della Corte di Appello di Milano è stata chiesta dalla società Bomocar srl con ricorso articolato in due motivi. R.S. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo la società Bomocar srl, attuale ricorrente, I lamenta l’omessa, insufficiente o, comunque, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, art. 360 c.p.c., n. 5. Avrebbe errato la Corte di Appello di Milano per avere escluso che il rapporto intercorso tra il R. e il C. (rispettivamente originario venditore e originario acquirente della BMW, oggetto del presente giudizio, e per successivi passaggi dante causa della Bomocar) non fosse riconducibile ad un contratto di compravendita con il quale il R. avrebbe venduto la BWM oggetto del presente giudizio. In verità – sostiene la ricorrente – è lo stesso R. che ammette di aver ricevuto, dal C. un assegno di L. 23.000.000 quale acconto e di non aver poi formalizzato la vendita in quanto l’assegno era tornato insoluto e il saldo non era stato pagato. Non solo, ma sul punto della qualificazione giuridica del contratto intercorso, la Corte di Appello – sempre secondo la ricorrente – non avrebbe motivato alcunchè, nè avrebbe lasciato intendere in base a quali indici probatori, pure liberamente apprezzabili dal giudice del merito, il rapporto: intercorso tra il R. e il C. non potesse rientrare nel novero delle obbligazioni aventi fonte contrattuale. E di più, specifica la ricorrente – il fatto che il C. non disponesse di denaro o di una garanzia patrimoniale, adeguata per soddisfare le pretese del R. – circostanza che sembrerebbe adottata dalla Corte di Appello in modo illogico e apodittico, quale elemento sul quale fondare la mancata stipula di un contratto di compravendita tra le i parti – non costituirebbe di per sè elemento rilevante a confutare il diritto della società Bomocar srl a vedersi riconosciuta la proprietà della vettura regolarmente pagata e pervenutagli mediante una serie di passaggi i quali seppure non formalizzati dal PRA, sarebbero pienamente efficaci e, soprattutto, vincolanti per le parti che li hanno posto in essere.

1.1. – La censura è fondata e merita di essere accolta perchè l’affermazione della Corte di Appello di Milano secondo la quale era mancata la prova che fra R. e C., anche in via verbale e informale, fosse intervenuto un patto con efficacia traslativa e che C. mai abbia acquistato la proprietà del mezzo, non è adeguatamente motivata considerato che i dati posti a fondamento di quell’affermazione sono tra di loro contrastanti. In particolare, l’evidente contrasto, tra l’affermazione di un teste (il teste B.) secondo cui la BMW M3 oggetto del giudizio era stata semplicemente affidata in visione e in prova al C. e l’esistenza reale di un assegno emesso da C. per R. di 23 milioni e trecentomila lire, meritava un approfondimento ulteriore perchè, ictu oculi, (senza, cioè, un adeguato approfondimento), appare inspiegabile che il C. versasse una somma così consistente per’ ottenere la semplice visione di una macchina per quanto pregiata fosse. Ad un tempo, sembra che la Corte non abbia valorizzato tutto il comportamento del R. e, soprattutto abbia sottovalutato l’espressione contenuta nella denuncia querela (di cui da atto la stessa Corte di merito laddove richiama il giudizio di primo grado) nella parte in cui il R. qualifica il C. acquirente.

D’altra parte non poteva essere risolutiva.

1.2 – Piuttosto, la Corte di Milano avrebbe dovuto – ma non lo ha fatto o non l’ha adeguatamente chiarito – qualificare il rapporto intervenuto tra il R. e il C. e non avrebbe dovuto – come sembra abbia fatto – limitarsi semplicemente ad escludere un rapporto di compravendita. Insomma, considerato la poliedricità degli indici probatori presenti in giudizio era necessario, quantomeno verificare quale rapporto intercorso tra il C. e il R. dava senso all’esistenza dell’assegno di cui si è detto.

2 – Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1156 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La Corte di Appello di Milano avrebbe errato, secondo la ricorrente in ordine all’applicazione dell’art, 1156 c.c.. Secondo la ricorrente la società Bomocar era divenuta legittima proprietaria della BMW. perchè: a) la proprietà di un autoveicolo (così nel caso di specie come in generale) si trasferisce con il semplice incontro dei consensi senza che occorra la trascrizione dell’auto al PRA; b) la società Bomocar ed i suoi danti causa non erano tenuti giuridicamente ad accollarsi le conseguenze negative del loro operato, stante i successivi trasferimenti dell’autovettura BMW de quo non essendovi dubbi sull’effettività di tali passaggi di vendite, anche se non risultanti da trascrizioni presso il PRA. c) gli autoveicoli possono essere validamente alienati e acquistati tra le parti, al pari di altri beni mobili, con la semplice forma verbale, essendo l’atto scritto richiesto solo ai fini della trascrizione. Sarebbe incontrovertibile che tra il R. ed il C. vi era stato l’incontro del consenso oltre la traditio della cosa.

2.1. – Tale motivo rimane assorbito dall’accoglimento del primo.

2.2. – Tuttavia, questa Corte osserva che un bene mobile perchè sia identificato, ai sensi dell’art. 815 c.c., quale bene mobile registrato è necessario che sia stato realmente iscritto nei pubblici registri. L’iscrizione o la mancata iscrizione del bene nei pubblici registri determina anche una diversità di disciplina soprattutto in ordine all’acquisto del bene “a non domino”. Se un bene mobile (ivi compresa un’autovettura) che, pur dovendosi i iscrivere nei pubblici registri, non sia stato ancora iscritto, ai sensi dell’art. 815 c.c., è oggetto di acquisto da parte del possessore di buona fede secondo le modalità di cui all’art. 153 c.c., senza che la mancanza dei documenti necessari alla sua utilizzazione possa influire sulla buona fede dell’acquirente. Se, invece, il bene è iscritto nei pubblici registri l’acquirente del bene da chi non è proprietario non ne acquista la proprietà mediante il possesso di buona fede, ancorchè abbia trascritto il suo acquisto nel pubblico registro automobilistico, atteso che escludendo l’art. 1156 c.c., l’applicazione delle disposizioni sull’acquisto in buona fede del possesso per i beni mobili iscritti in pubblici registri, l’acquisto di un tale bene si opera solo con l’usucapione ordinaria o abbreviata,, restando la buona fede rilevante, unicamente, ai lini del termine dell’usucapione stessa.

In definitiva, va accolto il primo motivo del ricorso per quanto in motivazione, dichiarato assorbito il secondo motivo, cassata la sentenza impugnata e il processo rinviato ad altra sezione della Corte di appello di Milano che deciderà la causa attenendosi ai principi indicati e provvedendo, altresì a regolare le spese anche del presente giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, per quanto di ragione, dichiara assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugna in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Milano anche per la liquidazione delle spese processuali del giudizio di cassazione.

Cosi deciso in Roma nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2011

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