Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22417 del 26/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 26/09/2017, (ud. 25/05/2017, dep.26/09/2017),  n. 22417

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13342/2016 proposto da:

AVV. P.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SABOTINO, 46, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO ROMANO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUCA CERIELLO e a sè

medesimo;

– ricorrente –

contro

U.A., R.A., R.D., B.A.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2788/2015 del TRIBUNALE di MONZA, depositata

l’11/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 25/05/2017 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso affidato a cinque motivi (erroneamente indicati come sei motivi, risultando uno iato dal “primo motivo” al “terzo motivo”), P.D., avvocato, ha impugnato la sentenza del Tribunale di Monza in data 11 novembre 2015, che rigettava l’appello principale del medesimo P. avverso la sentenza del Giudice di pace della stessa Città e, in accoglimento di quello incidentale di U.A., B.A.M., R.A. e R.D., condannava l’attuale ricorrente al pagamento delle spese di primo grado, nonchè a quelle di gravame e a corrispondere agli appellati l’ulteriore importo di Euro 2.000,00 ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3;

che non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati U.A., B.A.M., R.A. e R.D.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il ricorso è inammissibile per essere stato confezionato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, ciò esimendo il Collegio dal dare contezza dello stesso tenore dei proposti motivi di censura;

che, difatti, è principio consolidato quello per cui, ai fini della sussistenza del requisito della “esposizione sommaria dei fatti di causa”, prescritto, a pena di inammissibilità, per il ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che in esso vengano indicati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perchè il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, così da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate (tra le altre, Cass., S.U., n. 11653/2006; Cass. n. 15808/2008; Cass., S.U., n. 11308/2014; Cass. 16103/2016);

che, nella specie, l’anzidetta necessaria esposizione dei fatti di causa (che non può essere emendata con la memoria, che ha solo funzione illustrativa, e che, in ogni caso, neppure fornisce alcun chiarimento sui predetti fatti) è del tutto carente, avendo il ricorrente non solo del tutto omesso di renderla palese in apposita parte del ricorso, ma neppure consentendo a questa Corte di poterla ricostruire in modo piano e adeguato, senza dover procedere ad un nuovo confezionamento del ricorso – in base allo svolgimento dei motivi, che invece impingono direttamente nelle ragioni di censura;

che, difatti, l’atto di impugnazione esordisce con paragrafo di “Sintesi del ricorso per cassazione”, in cui si fa riferimento anzitutto a vicenda giudiziaria parallela – che rimane del tutto oscura, sebbene si assuma essere “la causa che ha originato questo procedimento” – e alle questioni “aperte” nella presente controversia, senza però dare contezza delle coordinate utili e rilevanti della vicenda processuale in esame, tra cui lo stesso tenore complessivo della sentenza impugnata (dalla quale, peraltro, dette coordinate neppure emergono, giacchè il provvedimento è privo dello svolgimento del processo in dichiarata applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4: ciò rendendo ancor più significativo ed evidente il vizio di cui è affetto il ricorso);

che il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, non occorrendo provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva da parte degli intimati.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2017

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