Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22412 del 05/08/2021

Cassazione civile sez. I, 05/08/2021, (ud. 16/03/2021, dep. 05/08/2021), n.22412

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35832/2018 proposto da:

J.I., elettivamente domiciliato in Roma Via Pietro

Borsieri, 12 presso lo studio dell’avvocato Averni Angelo, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Altamura Antoniovito;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, depositato il 18/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/03/2021 da Dott. FALABELLA MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Lecce del 18 ottobre 2018. Con quest’ultima pronuncia è stato negato che all’odierno ricorrente J.I., originario del (OMISSIS), potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato; è stato altresì escluso che il detto richiedente potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su un solo motivo. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – L’istante deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, commi 3 e 5, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, commi 2 e 3, art. 27, comma 1 bis, D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 6, art. 16 dir. 2013/32/UE, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2, comma 1, lett. g), artt. 5, 14 e art. 15 dir. 2011/95/UE. Lamenta il ricorrente che il Tribunale si sia limitato a ritenere non necessaria la propria audizione in considerazione del fatto che egli non avrebbe introdotto nel giudizio ulteriori temi di indagine. Rammenta, in proposito, come secondo il giudice del merito le dichiarazioni rese da essa istante avanti alla Commissione territoriale fossero scarsamente attendibili e oppone che lo stesso Tribunale aveva in tal modo mancato di esaminare approfonditamente la propria vicenda personale e il contesto sociale e politico in cui la medesima si inscriveva.

2. – Il motivo è inammissibile.

Il Tribunale ha giudicato non credibile la vicenda narrata dal richiedente, incentrata sull’allontanamento dalla famiglia: allontanamento di cui egli sarebbe stato vittima dopo la scoperta di rapporti omosessuali da lui intrattenuti con un turista inglese. Il giudice del merito ha reputato infatti il racconto di J. “intriso di contraddizioni e di elementi vaghi e generici”, spiegando, poi, le ragioni di tale convincimento.

Ciò detto, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340; cfr. pure Cass. 2 luglio 2020, n. 13578).

Il ricorrente, nel corpo del motivo, imputa al Tribunale di non aver preso in considerazione alcune circostanze: il fatto che egli al momento dei fatti narrati fosse minorenne, con conseguente configurabilità del reato di violenza sessuale; la situazione di grave compromissione dei diritti fondamentali della persona in (OMISSIS); la perdita di rapporti di esso istante con la propria famiglia di origine. E’ escluso, tuttavia, a tale riguardo, che il provvedimento impugnato possa essere censurato per l’omesso esame di fatti decisivi, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Infatti, la non credibilità della vicenda narrata (che quindi non può dirsi veritiera, a norma dell’art. 3, comma 5 cit.) rende prive di decisività le prime due circostanze (minore età e repressione dell’omosessualità in (OMISSIS)) ed esclude l’evidenza probatoria della terza (giacché l’istante correla il proprio allontanamento proprio ai fatti che il Tribunale ha ritenuto implausibili, e quindi non reali).

Quanto alla doglianza vertente sulla mancata rinnovazione dell’audizione del richiedente, essa è declinata in termini oltremodo generici, senza dar conto delle specifiche ragioni poste a fondamento dell’istanza formulata avanti al giudice del merito e senza tenere in conto l’affermazione, contenuta nel decreto impugnato (pag. 4), per cui, a fronte degli accertamenti della Commissione territoriale, la difesa dell’istante aveva “ripreso” la vicenda personale del medesimo “senza variazioni, senza allegazione di fatti o documenti nuovi e senza la segnalazione di specifiche carenze dell’audizione che (potessero) essere colmate in sede di nuovo colloquio o più in generale nel corso di un’udienza davanti al giudice”. Ed è appena il caso di aggiungere, al riguardo, che il ricorso per cassazione con il quale sia dedotta, in mancanza di videoregistrazione, l’omessa audizione del richiedente che ne abbia fatto espressa istanza, deve contenere l’indicazione puntuale dei fatti che erano stati dedotti avanti al giudice del merito a sostegno di tale richiesta, avendo il ricorrente un preciso onere di specificità della censura (Cass. 11 novembre 2020, n. 25312).

3. – Il ricorso è quindi dichiarato inammissibile, senza che debba statuirsi in punto di spese, stante la mancata resistenza del Ministero.

P.Q.M.

La Corte,

dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 16 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2021

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