Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2241 del 28/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 28/01/2019, (ud. 08/05/2018, dep. 28/01/2019), n.2241

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliano – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16928-2017 proposto da:

T.R., T.L., T.F.,

T.E., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE ANGELICO 97, presso

lo studio dell’avvocato GENNARO LEONE, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

VITTORIA ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MOCENIGO 16, presso

lo studio dell’avvocato ROBERTA NOCENTE, rappresentata e difesa

dall’avvocato CARLO MORONI;

– controricorrente –

contro

S.O., T.S., T.D.,

T.E., A.B., T.M., T.V.,

T.F., TO.MA., T.R., EREDI DI

C.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 15/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 09/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/05/2018 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO

SCARANO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 9/1/2017 la Corte d’Appello di Perugia, in parziale accoglimento del gravame interposto dai sigg. T.L. ed altri -quali coniuge e figli della defunta sig.ra C.A. – e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Spoleto n. 445/2015, ha rideterminato -nella misura rispettivamente del 60% e del 40%- la concorrente responsabilità della defunta C. e del sig. S.O., conducente dell’autovettura che in Spoleto il 4/8/2008 la prima aveva investito.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i sigg. T.L. ed altri propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la società Vittoria Assicurazioni s.p.a.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano “violazione e falsa applicazione” dell’art. 2054 c.c., comma 1 e art. 1227 c.c., comma 1, in relazione agli artt. 190 e 191 C.d.S., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si dolgono che la corte di merito non si sia soffermata a descrivere e valutare la condotta di guida del conducente del veicolo investitore con riferimento “non solo alla presunzione di responsabilità prevista dall’art. 2054 c.c., ma anche e soprattutto in relazione alla violazione degli artt. 190 e 191 C.d.S., pervenendo all’ingiusta erronea e immotivata attribuzione della colpa del pedone nella misura del 60%”.

Lamentano non essersi dalla corte di merito affermata la quantomeno prevalente responsabilità del conducente dell’autovettura investitrice laddove, “indipendentemente dalla velocità del veicolo, la sig.ra C. al momento dell’investimento si trovava in prossimità dello attraversamento pedonale… segnalato per pericolo bambini e attraversamento pedonale per la presenza di una chiesa, per cui doveva essere tenuta una condotta di guida particolarmente prudente”.

Con il 2 motivo denunziano l’omesso esame di un fatto decisivo per la decisione della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamentano l'”assolutamente omessa e comunque insufficiente” motivazione resa dalla corte di merito circa una questione emersa “sia nella perizia del consulente del PM, sia in sede di c.t.u. dell’ing. S.”.

Si dolgono che erroneamente la corte di merito abbia attribuito alla C. “una corresponsabilità prevalente, solo perchè la stessa ha eseguito l’attraversamento in pieno centro cittadino ed in zona con segnaletica orizzontale e verticale segnalante “pericolo”, appena 100 m dalle strisce pedonali”, non essendo stata viceversa esaminata la “decisiva e rilevante circostanza” che il conducente l’autovettura investitrice, “solo ove avesse osservato l’obbligo di attenzione previsto dagli artt. 190 e 191 C.d.S., poteva tranquillamente evitare l’investimento”.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

Va anzitutto osservato, con particolare riferimento al 1 motivo, che là dove lamentano non avere la corte di merito “assolutamente spiegato l’iter logico seguito per graduare… la misura della responsabilità delle parti, valorizzando unicamente la circostanza meramente soggettiva addebitata alla C…. non comparandola con i ben più pesanti addebiti mossi dai consulenti al S.”, i ricorrenti in effetti inammissibilmente richiedono la rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tal fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la confluenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova.

Quanto al merito, deve porsi in rilievo che come questa Corte ha già avuto modo di affermare il conducente di veicoli a motore è onerato da una presunzione di colpa e ove il giudice si trovi a dover valutare e quantificare l’esistenza di un concorso di colpa tra la colpa del conducente e quella del pedone investito deve: a) muovere dall’assunto che la colpa del conducente sia presunta e pari al 100%; b) accertare in concreto la colpa del pedone; c) ridurre progressivamente la percentuale di colpa presunta a carico del conducente via via che emergono circostanze idonee a dimostrare la colpa in concreto del pedone (v. Cass., 4/4/2017, n. 8663; Cass., 18/11/2014, n. 24472; Cass. 19/2/2014, n. 3964).

Orbene, nell’affermare che “il comportamento assunto nell’occorsi dalla C. è comunemente qualificato dalla giurisprudenza quale concausa nella produzione dell’evento atteso che sul pedone che attraversi la strada al di fuori delle strisce pedonali grava l’obbligo di dare la precedenza ai veicoli”, e che “il Giudice di prime cure, quindi non ha fatto altro che procedere al riparto delle rispettive percentuali di colpa aderendo sostanzialmente alle conclusioni peritali delle indagini tecniche svolte, spiegando un corretto impianto logico e argomentativo”, del suindicato principio la corte di merito ha nell’impugnata sentenza invero fatto piena e corretta applicazione.

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni dei ricorrenti oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore e un significato difformi dalle loro aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’assetto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via in realtà sollecitano, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi all’attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici di merito, al fine di pervenire a un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuno dei contro ricorrenti, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solidodelle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore di ciascuno dei controricorrenti.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2019

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