Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22408 del 15/10/2020

Cassazione civile sez. II, 15/10/2020, (ud. 03/07/2020, dep. 15/10/2020), n.22408

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20539-2019 proposto da:

I.H., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI

30, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentato e

difeso dall’avvocato NAZZARENA ZORZELLA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso ‘AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/07/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Bologna, con decreto pubblicato il 31 maggio 2019, respingeva il ricorso proposto da I.H., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. Il Tribunale rigettava la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato atteso che il racconto del richiedente non era credibile. Questi aveva raccontato di essere fuggito dal proprio paese per vicende economiche relative a prestiti contratti. La narrazione era, infatti, troppo generica, priva di qualsivoglia dettaglio o circostanza che potesse dare un minimo di valore al racconto. Per lo stesso motivo, il collegio giudicante rigettava anche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b),

Del pari, doveva essere rigettata la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c). Il richiedente non aveva allegato che in caso di rimpatrio poteva rischiare la vita o l’incolumità personale a causa di una situazione di generale e indiscriminata violenza derivante da un conflitto armato e, sulla base delle fonti internazionali il (OMISSIS) non poteva ritenersi un paese soggetto ad una violenza generalizzata.

Infine, quanto alla richiesta concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari il Tribunale evidenziava che non vi erano i presupposti per il suo accoglimento non essendo stata nè allegata nè dimostrata alcuna di quelle situazioni di vulnerabilità anche temporanea tale da legittimare la richiesta della protezione umanitaria, non potendosi attribuire rilevanza determinante al rapporto di lavoro e allo studio della lingua italiana, senza alcun altro elemento di integrazione. Il ricorrente inoltre aveva in (OMISSIS) tutti i legami familiari, del tutto assenti invece nel territorio italiano.

3. I.H. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di due motivi di ricorso.

4. Il Ministero dell’interno si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione agli artt. 99,112 c.p.c. all’art. 2907 c.c. al D.L. n. 13 del 2017, art. 3 e al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 32 e 35.

Il ricorso di primo grado, pur avendo ad oggetto esclusivamente l’accertamento del diritto alla protezione umanitaria, era stato trattato dal Tribunale in composizione collegiale e non monocratica e secondo la specifica procedura prevista per le controversie in materia di protezione internazionale, come disciplinata dal combinato disposto di cui al D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 4 bis e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis. Ad avviso del ricorrente la controversia avrebbe dovuto essere trattata dal Giudice monocratico con rito sommario e decisa con ordinanza impugnabile ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c., e non secondo il nuovo rito, applicabile solo alle controversie aventi ad oggetto le forme di protezione “tipiche”, ossia concernenti il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria.

1.1 Il primo motivo di ricorso è infondato.

Il ricorrente richiama l’orientamento di questa Corte secondo il quale: “Nella vigenza del D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 1, lett. d) e comma 4, convertito nella L. 46 del 2017, successivamente modificato dal D.L. n. 113 del 2018, art. 1, comma 3, lett. a) conv., con modif., nella L. n. 132 del 2018, qualora sia stata proposta esclusivamente la domanda di protezione umanitaria, la competenza per materia appartiene alla sezione specializzata del Tribunale in composizione monocratica, che giudica secondo il rito ordinario ex art. 281-bis c.p.c. e ss. o, ricorrendone i presupposti, secondo il procedimento sommario di cognizione ex art. 702-bis c.p.c. e ss. e pronuncia sentenza o ordinanza impugnabile in appello, atteso che il rito previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis con le peculiarità che lo connotano (composizione collegiale della sezione specializzata, procedura camerale e non reclamabilità del decreto), ha un ambito di applicazione espressamente limitato alle controversie di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 e a quelle relative all’impugnazione dei provvedimenti adottati dall’Unità Dublino” (Sez. 1, Ord. n. 16458 del 2019).

Si duole anche del fatto che il Tribunale abbia rigettato la domanda di protezione internazionale sussidiaria nonostante l’impugnazione del provvedimento di rigetto della Commissione territoriale avesse ad oggetto esclusivamente la domanda di protezione umanitaria, in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c.

Il tribunale di Bologna, come evidenziato anche dal ricorrente, ha ritenuto che nonostante le conclusioni formulate dall’istante si riferissero unicamente alla protezione umanitaria, questi aveva dedotto questioni rilevanti anche sotto il profilo della protezione sussidiaria quali le possibili conseguenze di estremo pericolo in caso di rientro nel paese di origine per il debito contratto con un usuraio e pertanto aveva esaminato la domanda anche in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) e c).

In proposito deve richiamarsi il principio affermato da questa Corte secondo il quale: “Il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali esse sono contenute, ma deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante, mentre incorre nel vizio di omesso esame ove limiti la sua pronuncia alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell’effettivo suo contenuto sostanziale” (Sez. 2, Ord. n. 7322 del 2019 Sez. 6-1, Sent. n. 118 del 2016).

Deve, dunque, riaffermarsi il principio secondo il quale “In tema di ricorso per cassazione, l’erronea interpretazione della domande e delle eccezioni non è censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), perchè non pone in discussione il significato della norma ma la sua concreta applicazione operata dal giudice di merito, il cui apprezzamento, al pari di ogni altro giudizio di fatto, può essere esaminato in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione, ovviamente entro i limiti in cui tale sindacato è ancora consentito dal vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)” (Sez. 61, Ord. n. 31546 del 2019)

Nella specie il Tribunale di Bologna ha motivato in ordine alle ragioni per le quali ha esaminato anche la legittimità del rigetto da parte della Commissione territoriale della domanda di protezione sussidiaria al di là della formulazione letterale del ricorso dell’istante e, sulla base di tale interpretazione, per le ragioni sopra esposte, sarebbe incorso nel vizio di omessa pronuncia se non avesse esaminato la domanda anche in relazione a tali profili.

Da quanto sin qui detto discende l’infondatezza anche della doglianza circa la violazione del D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 4 bis e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis per il fatto che la controversia era stata trattata dalla sezione specializzata in materia di immigrazione e non dal Giudice monocratico con rito sommario e decisa con ordinanza impugnabile ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c..

Peraltro, deve anche richiamarsi il divieto di venire contra factum proprium che trova nel processo civile espressione nella fondamentale regola di cui all’art. 157 c.p.c., comma 3, secondo il quale la nullità non può mai essere opposta dalla parte che vi ha dato causa. Nella fattispecie l’attore non evidenzia di aver introdotto la domanda con il rito ordinario e non ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis avente ad oggetto la richiesta di ogni forma di protezione, per giunta senza eccepire in alcun modo nel giudizio camerale la mancata adozione – da lui stesso provocata-del rito ordinario per la domanda di protezione umanitaria. Infatti, trattandosi di nullità relativa la stessa doveva essere eccepita dal ricorrente nel primo atto difensivo utile ex art. 157 c.p.c., comma 2.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 5, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1 bis.

Il Tribunale ha fondato il rigetto della protezione umanitaria sul difetto di credibilità del racconto del richiedente senza tener conto della situazione generale del paese in collegamento con la specifica condizione del ricorrente. L’ulteriore profilo di illegittimità del decreto andrebbe riferito alla ritenuta irrilevanza di elevata integrazione del ricorrente, comprovata sia dall’apprendimento della lingua italiana, sia dall’attività lavorativa svolta e documentai) “- a fronte della condizione in cui egli verserebbe in caso di rientro in patria dopo anni di lontananza con la necessità di reinserimento in un contesto di conclamate violazioni dei diritti umani.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

A parere del ricorrente il fatto che il tribunale di Bologna non si sia limitato a valutare la domanda di riconoscimento della protezione umanitaria ma abbia motivato anche in relazione alla protezione sussidiaria ha determinato un’errata valutazione dei presupposti per il riconoscimento dell’unica domanda effettivamente svolta. In particolare, il Tribunale non avrebbe tenuto conto di quanto narrato dal richiedente e non avrebbe motivato sulla incolmabile sproporzione tra il contesto di vita in Italia e quello in caso di rientro nel paese di origine.

4. I due motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili.

In particolare, quanto alla valutazione in ordine alla credibilità del racconto del richiedente, essa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549).

La critica formulata nei motivi costituisce, dunque, una mera contrapposizione alla valutazione che il Tribunale ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione, neppure censurata mediante allegazione di fatti decisivi emersi nel corso del giudizio che sarebbero stati ignorati dal giudice di merito.

Il Tribunale ha anche motivato sia in relazione alla situazione soggettiva del ricorrente sia in ordine alla situazione complessiva del paese di provenienza del richiedente, sicchè è del tutto evidente che non vi è stata alcuna violazione di legge o omessa motivazione nell’accezione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5. Ne consegue che la censura si risolve in una richiesta di nuova valutazione dei medesimi fatti.

In ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che ha escluso con idonea motivazione l’esistenza di una situazione di sua particolare vulnerabilità. All’accertamento compiuto dai giudici di merito viene inammissibilmente contrapposta una diversa interpretazione delle risultanze di causa.

5. In conclusione il ricorso è infondato. Nulla sulle spese non avendo svolto attività difensiva il Ministero intimato.

6. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 3 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

 

 

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