Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22408 del 05/08/2021

Cassazione civile sez. I, 05/08/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 05/08/2021), n.22408

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17319/2020 proposto da:

M.J., rappresentato e difeso dall’avvocato Ibrahim Khalil

Diarra, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 5427/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 02/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/03/2021 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 5427/2019 depositata il 2-12-2019, la Corte d’appello di Venezia ha rigettato l’appello proposto da M.J., cittadino nato in (OMISSIS) ma trasferitosi stabilmente in (OMISSIS) dall’età di 12-13 anni, avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia che, a seguito di rituale impugnazione del provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva respinto le sue domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il richiedente riferiva di essere fuggito dal (OMISSIS), dove aveva vissuto da quando aveva 12-13-anni, perché lo zio, appartenente al partito (OMISSIS), supportava i candidati dei partiti politici avversari al Presidente, era stato arrestato e qualcuno gli aveva detto di lasciare il Paese, non sicuro per lui. La Corte territoriale, nel condividere il giudizio di inattendibilità della vicenda personale narrata dal richiedente espresso dal Tribunale, ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione del (OMISSIS), descritta nella sentenza impugnata con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente denuncia, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: (i) con il primo motivo la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 e del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, lamentando l’errata valutazione da parte della Corte di merito della situazione socio-politica del suo Paese, come da fonti che riporta nel ricorso, a causa delle criticità sotto il profilo della violazione dei diritti umani ivi esistente, nonché la violazione delle regole istruttorie nel vagliare la credibilità delle dichiarazioni rese, effettuando una valutazione atomistica, deducendo di avere pertanto diritto alla protezione sussidiaria o quanto meno a quella umanitaria; (ii) con il secondo motivo la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 3, 5,6,7,8 e 14, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 27 bis, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale negato la protezione umanitaria, ritenendo non desumibile l’integrazione nel nostro Paese in base all’effettuazione di sporadiche prestazioni lavorative retribuite, senza considerare che il ricorrente risultava ben inserito in virtù della propria situazione lavorativa e che in (OMISSIS) permane una situazione di grave lesione dei diritti umani, sì da renderlo soggetto vulnerabile.

2. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

2.1. Le censure difettano di specificità e non si confrontano con il decisum. Il ricorrente afferma di avere diritto alla protezione sussidiaria e assume la credibilità della sua vicenda personale senza la benché minima argomentazione specifica a supporto e senza svolgere una critica ai rilievi svolti dalla Corte di merito in ordine a svariati profili di contraddittorietà ed inverosiglianza della vicenda personale narrata (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).

Quanto alla domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 32064/2018 e Cass. n. 30105/2018). Nel caso di specie il Giudice territoriale, con motivazione adeguata ed indicando diffusamente le fonti di conoscenza (pag.n. 7 sentenza impugnata), ha analizzato la situazione politica del Paese ed ha escluso l’esistenza di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di origine del ricorrente. Quest’ultimo genericamente assume la sussistenza nel suo Paese di una situazione di violenza indiscriminata, limitandosi a riportare nel ricorso informazioni tratte da articoli del sito (OMISSIS) e (OMISSIS) relative alle condizioni carcerarie, alla sanità e a violazioni di diritti umani, ma non alla situazione di violenza indiscriminata D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c). Neppure, peraltro, il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata denunciando il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2.2. Quanto alla protezione umanitaria, con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis, occorre premettere che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018,

convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

Ciò posto, il ricorrente, denunciando il vizio di violazione di legge, allega genericamente di essere soggetto vulnerabile, senza precisare alcun elemento individualizzante di rilevanza o fatti specifici che possano rivestire decisività, nel senso precisato da questa Corte e chiarito con la recente pronuncia delle Sezioni Unite già citata (tra le tante Cass. n. 9304/2019 e Cass. S.U. n. 29459/2019).

Il fattore di stabile ed autonomo inserimento in Italia è stato escluso dalla Corte di merito perché non desumibile in base all’effettuazione di sporadiche prestazioni lavorative retribuite (pag. 9), come si espone anche in ricorso. Il ricorrente, ancora una volta, non svolge alcuna censura specifica al decisum e non si confronta, affermando genericamente di essere ben inserito perché svolge attività lavorativa, senza altro precisare nel dettaglio.

3. Nulla deve disporsi circa le spese del presente giudizio, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2021

 

 

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