Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22406 del 15/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/10/2020, (ud. 03/06/2020, dep. 15/10/2020), n.22406

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CASADONTE Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10290-2019 proposto da:

D.A.P., elettivamente domiciliato in Roma, Via Ovidio 26,

presso lo studio dell’avvocato Gianluca Mancini, rappresentato e

difeso dall’avvocato Antonello Roberto Piferi;

– ricorrente –

contro

ORDINE PROVINCIALE MEDICI VETERINARI ROMA;

– intimato –

avverso la sentenza della Comm. Centr. Eserc. Professioni Sanitarie

Di Roma, depositata il 16/01/2019;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/03/2020 dal Consigliere Casadonte Annamaria.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– il giudizio trae origine dal ricorso proposto dal veterinario D.A.P. avverso la sanzione disciplinare della sospensione per tre mesi comminatagli dall’Ordine dei Medici Veterinari della Provincia di Roma a seguito di un esposto riguardante il trattamento medico eseguito sul cane del sig. C.A., rimasto vittima di trauma da investimento e sottoposto ad ingessatura di due arti senza l’esecuzione di alcun intervento di riduzione delle fratture;

– l’Ordine professionale aveva riscontrato nella condotta del veterinario la violazione dell’obbligo di comportarsi secondo scienza, coscienza e professionalità, la violazione del dovere di aggiornamento professionale nonchè l’assenza di specifica autorizzazione al ricovero dell’animale in una struttura ed in ragione di ciò gli aveva comminato la sanzione disciplinare;

– il veterinario aveva proposto ricorso avanti alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie che, però, aveva emesso la pronuncia di conferma della sanzione qui impugnata;

– la cassazione della decisione della Commissione centrale è chiesta dal D.A. sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis c.p.c.;

– non ha svolto attività difensiva l’intimato Ordine dei Medici Veterinari di Roma.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo viene censurata la decisione impugnata in relazione agli artt. 112 e 115 c.p.c. per omesso esame delle prove fornite dal ricorrente al fine di dimostrare l’insussistenza delle contestate violazioni disciplinari;

– il secondo motivo è rubricato come denuncia di violazione di legge in relazione alla L. n. 241 del 1990, art. 3, e al D.P.R. n. 221 del 1950, art. 47 ma, in realtà, il ricorrente si duole della motivazione apparente con cui la Commissione centrale ha argomentato il rigetto del ricorso del D.A., adducendo un generico apprezzamento di completezza dell’istruttoria e di correttezza della valutazione che non darebbe conto delle prove assunte e dell’esposizione dei motivi;

– il terzo motivo denuncia l’apparenza della motivazione della decisione della Commissione là dove si è ritenuto esaustivo e completo l’iter logico condotto dall’Ordine senza tener conto delle allegazioni del ricorrente in ordine all’inesistenza di prove e di accertamenti sulle violazioni disciplinari contestategli, con particolare riguardo alla mancanza di aggiornamento professionale e all’assenza di perizia che potesse confortare la censura del suo comportamento professionale;

– il quarto motivo censura la violazione del codice deontologico del Medici Veterinari, art. 19, in relazione al D.G.R. n. 135 del 2007, art. 9, per avere ritenuto che la assenza della prescritta autorizzazione determini una violazione di carattere disciplinare;

– appare logicamente prioritario l’esame del secondo e del terzo motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente perchè attengono alla motivazione posta a sostegno della decisione e sono fondati;

– la motivazione appare, infatti, al di sotto del minimo costituzionale che costituisce la soglia indefettibile della censura in cassazione dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. 8053/2014);

– in tema di contenuto della sentenza, il vizio di “motivazione” previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, nè alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 3819/2020; 22598/2018);

– ciò posto, il Collegio rileva che la motivazione dell’impugnata decisione si limita – a fronte di una denuncia di difetto di istruttoria, insufficiente motivazione, illogicità, irragionevolezza, incompetenza, eccesso di potere, travisamento dei fatti ad una generica attestazione di completezza e di correttezza delle non altrimenti specificate risultanze emerse, così da configurarsi come motivazione apparente;

– costituisce principio consolidato che la sentenza d’appello può essere motivata “per relationem”, purchè il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicchè dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. 20883/2019);

– nel caso di specie, la decisione della Commissione centrale argomenta (cfr. pag. 3) con la completezza dell’istruttoria, il corretto inquadramento e l’esaustività dell’iter logico, senza esaminare le specifiche doglianze poste dal D.A. a favore del ricorso avverso la decisione dell’Ordine professionale (pag. 2 della decisione);

– la decisione impugnata va quindi cassata con assorbimento degli altri motivi, primo e quarto, e rinvio alla Commissione centrale in diversa composizione per nuovo esame alla luce dell’enunciato principio di diritto nonchè alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, assorbiti il primo ed il quarto; cassa il provvedimento impugnato e rinvia anche per le spese di legittimità, alla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile – 2, il 3 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

 

 

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