Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22405 del 15/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 15/10/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 15/10/2020), n.22405

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1320-2015 proposto da:

PROVINCIA DI ORISTANO, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA 316, presso lo

studio dell’avvocato PIERO FRANCESCHI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANASTASIO

II n. 416, presso lo studio dell’avvocato STEFANO RADICIONI,

rappresentata e difesa dagli avvocati ROBERTO MARTANI, GABRIELLA

MARTANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 299/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 10/10/2014 R.G.N. 481/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 22/07/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza in data 10 ottobre 2014 n. 299 la Corte d’appello di Cagliari riformava la sentenza del Tribunale di Oristano e, per l’effetto, in parziale accoglimento della domanda proposta da C.A., dipendente della PROVINCIA DI ORISTANO inquadrata nella categoria D3 del CCNL 31 marzo 1999, accertava il demansionamento derivante dalla sottrazione, dall’1 maggio 2008, della responsabilità del servizio “controllo atmosferico ed acustico”, avente valenza di posizione organizzativa; condannava la Provincia al pagamento della relativa indennità, maggiorata degli interessi. Condannava, altresì, la Provincia al pagamento, per gli anni 2004, 2005 e 2007, della indennità di produttività in misura pari al punteggio massimo di valutazione, oltre interessi.

2.Per quanto ancora in discussione, la Corte territoriale osservava che la C. aveva svolto dalla data di assunzione le funzioni di responsabile del servizio “controllo atmosferico ed acustico” e dopo la istituzione del servizio come posizione organizzativa, nell’anno 2000, aveva ricevuto il relativo incarico, svolgendolo fino all’aprile 2008; il dirigente del settore ambiente dopo la scadenza dell’incarico aveva assunto personalmente la responsabilità del servizio.

5. Il mancato rinnovo determinava la cessazione della responsabilità del servizio, in quanto nell’organigramma della Provincia le posizioni organizzative coincidevano con i servizi. Nella eventualità in cui si verificasse, come nella fattispecie di causa, detta coincidenza, la titolarità della posizione organizzativa doveva essere necessariamente conferita ad un funzionario inquadrato nella posizione apicale D; la C. doveva essere comunque assegnata a compiti di direzione o staff, propri del suo inquadramento in posizione D3.

6. La sottrazione della responsabilità del servizio, senza assegnazione della responsabilità di altro servizio, costituiva demansionamento ed aveva comportato il danno patrimoniale della mancata corresponsione della indennità di posizione organizzativa.

7. Il gravame era fondato anche quanto alla denunciata illegittimità delle schede di valutazione annuali ai fini del pagamento della indennità di produttività.

8. Il Tribunale, accertata la mancata esecuzione degli adempimenti procedurali previsti nel regolamento di valutazione – (mancata assegnazione degli obiettivi, tardività della redazione e consegna della scheda) – avrebbe dovuto invalidare le schede di valutazione. Superflua risultava la ripetizione della valutazione, peraltro problematica a distanza di tempo.

9. La amministrazione, infatti, a partire dell’anno 2002, aveva sempre assegnato ai colleghi della C. il massimo punteggio e ciò avvalorava l’intento discriminatorio, non avendo la amministrazione spiegato perchè soltanto la appellante avesse ottenuto un punteggio inferiore. La amministrazione avendo proceduto “a pioggia” ad una valutazione di massimo punteggio al di fuori delle regole procedimentali, avrebbe dovuto riservare lo stesso trattamento all’appellante.

10. Ne derivava la condanna al pagamento dell’indennità di produttività in misura pari al massimo punteggio per gli anni non coperti dalla prescrizione quinquennale.

11. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la PROVINCIA DI ORISTANO, articolato in sei motivi, cui ha resistito con controricorso C.A..

12. Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo la PROVINCIA ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – nullità o inesistenza della sentenza impugnata.

2. Ha esposto che la sentenza gravata era stata pronunciata da un collegio di cui faceva parte un giudice (Dott. S.M.), che non aveva partecipato alla discussione.

3. Il motivo è inammissibile.

4. La non corrispondenza del collegio riportato nell’epigrafe della sentenza con quello innanzi al quale sono state precisate le conclusioni è causa di nullità della decisione solo in caso di effettivo mutamento del collegio medesimo; l’onere della prova di tale divergenza grava sulla parte che se ne dolga, dovendosi altrimenti presumere – in mancanza di elementi contrari ed in difetto di autonoma efficacia probatoria dell’intestazione della sentenza – che i magistrati che hanno partecipato alla deliberazione coincidano con quelli indicati nel verbale d’udienza, e che, pertanto, la pronunzia sia affetta da mero errore materiale (Cass. 30/09/2019, n. 24427; Cass. n. 24951/2016).

5. La Provincia per dedurre il vizio di nullità si è limitata a far leva sulla composizione del collegio riportata nella intestazione della sentenza, dovendo dunque presumersi la ricorrenza di un errore materiale, non denunciabile in sede di legittimità. Del resto, con la memoria difensiva entrambe le parti hanno dato atto dell’avvenuta correzione dell’errore materiale dell’intestazione della sentenza gravata, giusta ordinanza del 20.3.2015; la Provincia, alla luce della circostanza, ha dichiarato di “non insistere” sul motivo di ricorso.

6. Con il secondo mezzo la parte ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione dell’art. 113 c.p.c. per contraddittorietà della decisione con gli orientamenti di questa Corte in materia di posizione organizzativa e con la stessa giurisprudenza della Corte d’Appello di Cagliari.

7. Ha premesso che la posizione organizzativa, ricoperta da controparte fino al 30.4.2008, non era stata revocata ma non confermata alla scadenza e che il CCNL stipulato in data 31.3.1999, agli artt. 8 e 9, aveva previsto il conferimento delle posizioni organizzative sulla base e per effetto di un incarico a termine.

8. Quanto al controllo sulla motivazione del mancato rinnovo, nel rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato la regola della giustificazione operava solo ove contemplata dalla legge o dal contratto.

9. Con la terza censura si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa fatti decisivi del giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, sempre sotto il profilo della mancata considerazione del nuovo regime degli inquadramenti di cui al CCNL 31 marzo 1999, art. 8.

10. Con il quarto motivo la PROVINCIA ha censurato la sentenza – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – per violazione o falsa applicazione del CCNL 31 marzo 1999 e di norme di diritto, per avere la Corte territoriale erroneamente individuato nell’inquadramento della C. nella posizione D3 il presupposto necessario e sufficiente per poterle garantire sine die la titolarità di una posizione organizzativa.

11. Viene altresì dedotto l’omesso esame delle difese svolte in merito al contratto decentrato integrativo dell’anno 2000, con il quale si era previsto che fino alla data di approvazione della nuova struttura organica le posizioni organizzative coincidessero con i 23 servizi esistenti.

12. Da ultimo, si censura la sentenza nella parte in cui affermava che l’insoddisfazione del dirigente per l’operato della C. avrebbe potuto legittimare l’avvio di un procedimento disciplinare e non anche il mancato rinnovo della posizione organizzativa, deducendosi che una mancanza, pur non rilevante disciplinarmente, può essere alla base delle scelte riservate al dirigente.

13. Il secondo ed il quarto motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione, sono fondati, con conseguente assorbimento del terzo motivo, che sostanzialmente prospetta le medesime questioni sotto il profilo del vizio di motivazione.

14. Per il comparto regioni ed autonomi e locali, il CCNL del 31 marzo 1999, di revisione del sistema di classificazione professionale, introduceva (con l’art. 3) l’inquadramento del personale non dirigenziale in quattro categorie, progressivamente dalla lettera A alla lettera D, prevedendo per il personale della categoria D la istituzione di un’area delle posizioni organizzative, secondo la disciplina degli artt. 8 e seguenti. Di qui il superamento del sistema delle qualifiche funzionali ed il re-inquadramento del personale in servizio secondo le previsioni di corrispondenza della tabella C allegata al contratto (art. 7).

15. Ai sensi del richiamato art. 8, comma 1, le posizioni organizzative costituiscono posizioni di lavoro che richiedono, con assunzione diretta di elevata responsabilità di prodotto e di risultato: lo svolgimento di funzioni di direzione di unità organizzative di particolare complessità (lettera a); lo svolgimento di attività con contenuti di alta professionalità e specializzazione (lettera b); lo svolgimento di attività di staff e/o di studio, ricerca, ispettive, di vigilanza e controllo caratterizzate da elevate autonomia ed esperienza (lettera c). A tenore del successivo comma 2, tali posizioni – che non coincidono necessariamente con quelle già retribuite con l’indennità di cui all’art. 37, comma 4 CCNL del 6.7.1995 – possono essere assegnate esclusivamente a dipendenti classificati nella categoria D, sulla base e per effetto di un incarico a termine conferito in conformità alle regole di cui al l’art. 9.

16. Secondo tali regole, gli incarichi relativi all’area delle posizioni organizzative sono conferiti dai dirigenti per un periodo massimo non superiore a 5 anni, con atto scritto e motivato e possono essere rinnovati con le medesime formalità. Gli incarichi possono essere revocati prima della scadenza con atto scritto e motivato, in relazione a intervenuti mutamenti organizzativi o in conseguenza di specifico accertamento di risultati negativi (art. 9, commi 1 e 3).

17. Alla attribuzione dell’incarico è collegato un trattamento economico accessorio, composto dalla retribuzione di posizione e dalla retribuzione di risultato (art. 10).

18. Il CCNL del Comparto delle regioni e delle autonomie locali del successivo quadriennio normativo 2002-2005, prevede che:

“Gli enti valorizzano le alte professionalità del personale della categoria D mediante il conferimento di incarichi a termine nell’ambito della disciplina dell’art. 8, comma 1, lett., b) e c) CCNL 31.3.99 e nel rispetto di quanto previsto dagli artt. 9, 10 e 11 del medesimo CCNL” (art. 10, comma 1).

19. Tale disciplina è rimasta in vigore ai sensi dell’art. 1, comma 5 CCNL 2006/2009, dell’11 aprile 2008.

20. Questa Corte ha già precisato, in tema di lavoro pubblico negli enti locali, che il conferimento di una posizione organizzativa non comporta l’inquadramento in una nuova categoria contrattuale ma unicamente l’attribuzione di una posizione di responsabilità, con correlato beneficio economico. Ne consegue, in termini generali, che la revoca di tale posizione non costituisce demansionamento e non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 2103 c.c. e del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 52, trovando applicazione il principio di turnazione degli incarichi, in forza del quale alla scadenza il dipendente resta inquadrato nella categoria di appartenenza, con il relativo trattamento economico (Cass. 25 ottobre 2019, n. 27384; Cass. 10 luglio 2019 n. 18561; Cass. 30 marzo 2015, n. 6367;).

21. Anche le Sezioni Unite, ai fini del riparto di giurisdizione, hanno affermato che la posizione organizzativa non determina un mutamento di profilo professionale, che rimane invariato nè un mutamento di area, ma comporta soltanto un mutamento di funzioni, le quali cessano al cessare dell’incarico; per quanto riguarda il comparto delle autonomie locali, secondo la disciplina degli artt. 8 e 9 del CCNL stipulato il 31 marzo 1999, il conferimento dell’incarico di posizione organizzativa è possibile esclusivamente per situazioni tipizzate, descritte nel contratto; può essere concesso solo a termine; è connotato da una specifica retribuzione variabile, in quanto sottoposta alla logica del programma da attuare e del risultato; è, infine, revocabile. (Cassazione civile sez. un., 14/04/2010, n. 8836).

22. Parimenti è stato chiarito che il rinnovo delle posizioni organizzative costituisce una facoltà del datore di lavoro pubblico, che, se ritiene di provvedere in tal senso, deve parimenti disporlo con atto scritto e motivato; pertanto mentre l’eventuale revoca dell’incarico prima della scadenza richiede un atto scritto e motivato e può essere disposta soltanto in relazione a intervenuti mutamenti organizzativi o in conseguenza di uno specifico accertamento di risultati negativi, la cessazione dell’incarico conferito alla sua naturale scadenza non obbliga l’amministrazione ad una qualsivoglia motivata determinazione (Cassazione civile sez. lav., 10/07/2015, n. 14472).

23. Per quanto accertato nella sentenza impugnata, nella fattispecie di causa si è verificato il mancato rinnovo alla C. dell’incarico di posizione organizzativa dopo la naturale scadenza, nell’aprile 2008, che dunque non richiedeva alcuna determinazione nè motivazione.

24. La Corte territoriale si è discostata dai principi sopra esposti, che in questa sede vanno ribaditi, sul rilievo che la originaria ricorrente era inquadrata nella posizione D3- ex ottava qualifica funzionale; ha infatti ritenuto che a tale inquadramento debba corrispondere la responsabilità di un servizio, responsabilità che nello specifico organigramma della Provincia di Oristano corrispondeva alla titolarità di una posizione organizzativa.

25. Tale conclusione si pone in contrasto con il dettato degli artt. 8 e 9 del CCNL del 31 marzo 2009. Il disposto dei richiamati articoli esclude ogni possibilità di conseguire – o comunque di mantenere – la posizione organizzativa fuori dalle procedure in essi stabilite. In tal senso è chiaro il tenore testuale del comma due dell’art. 8.

26. La C., in quanto dipendente inquadrata nella ex VIII qualifica funzionale, ha avuto accesso alla posizione economica D3 secondo la tabella di corrispondenza allegata al CCNL 31 marzo 1999.

27. Nel nuovo sistema di classificazione, ai sensi dell’art. 3 del predetto CCNL, ciascuna categoria individua mansioni professionalmente equivalenti e nel suo ambito sono individuate posizioni differenziate unicamente sotto il profilo economico sicchè alla posizione D3 non può attribuirsi alcun rilievo di apicalità in termini di mansioni.

28. La categoria D, secondo la declaratoria riportata nell’allegato A al CCNL, non è caratterizzata, contrariamente a quanto assunto in sentenza, dallo svolgimento di compiti di responsabilità di un servizio, potendo avere un contenuto di tipo tecnico, gestionale o direttivo. Di qui l’infondatezza dell’assunto secondo cui nelle ipotesi in cui nell’organigramma dell’ente locale le posizioni organizzative coincidano con la responsabilità dei servizi sussisterebbe un diritto dei funzionari D3 ad ottenerle.

29. Con il quinto mezzo si assume – ai sensi degli artt. 360 c.p.c., nn. 4 e 5 – violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale affermato che la amministrazione non aveva spiegato le ragioni per cui solamente la C. aveva ottenuto nelle schede annuali di valutazione un punteggio inferiore al massimo.

30. Ha dedotto che il punteggio numerico esprime e sintetizza la motivazione.

31. Ha comunque dedotto che se, per ipotesi, fosse stato attribuito agli altri funzionari il punteggio massimo in violazione delle regole procedimentali, ciò non avrebbe potuto sorreggere la condanna della amministrazione ad applicare tale valutazione alla C..

32. Il motivo è inammissibile.

33. Si deduce il vizio di violazione dell’art. 116 c.p.c. per contestare la ritenuta mancanza di motivazione e l’affermato carattere discriminatorio della mancata attribuzione alla C. del punteggio massimo di valutazione, attribuito a tutti gli altri dipendenti, sostenendosi la esistenza della motivazione. Non si censura, invece, la ratio decidendi secondo cui l’intero procedimento di valutazione era illegittimo per violazione del procedimento – (mancata assegnazione degli obiettivi, mancanza del colloquio valutativo, tardività della redazione e consegna della scheda) -sicchè detta illegittimità deve ritenersi definitivamente accertata.

34. Soprattutto, non si censura adeguatamente la statuizione secondo cui “L’amministrazione, avendo proceduto ad una valutazione di massimo punteggio a pioggia, al di fuori delle regole procedimentali, doveva riservare lo stesso trattamento all’appellante” nè la conseguente condanna diretta, operata dal giudice dell’appello, al pagamento dell’indennità di produttività nella misura pari al massimo punteggio, nei limiti della prescrizione quinquennale.

35. Ed invero la norma dell’art. 116 c.p.c. non disciplina i limiti di intervento del giudice nelle ipotesi di violazione da parte del datore di lavoro pubblico delle regole procedimentali di gestione del rapporto di lavoro ma attiene al potere di valutazione delle prove riservato al giudice del merito (ricorrendo quando questi consideri una prova legale secondo prudente apprezzamento o un elemento di prova liberamente valutabile come prova legale).

36. Il sesto motivo del ricorso, con il quale la PROVINCIA ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5 – violazione dell’art. 2697 c.c. ed omesso esame di un fatto decisivo – evidenziando l’omesso esame dei documenti che dimostravano che la C. aveva rifiutato ogni mansione – ha ad oggetto la condanna al risarcimento del danno da demansionamento; esso resta pertanto assorbito dall’accoglimento del secondo e del quarto motivo di ricorso, aventi ad oggetto la medesima pronuncia di condanna.

37. La sentenza impugnata deve essere conclusivamente cassata nella parte in cui ha dichiarato illegittima la privazione dall’1 maggio 2008 della responsabilità del servizio “controllo atmosferico ed acustico” ed ha condannato la Provincia al pagamento della indennità di posizione organizzativa, maggiorata degli interessi legali. La causa deve essere rinviata alla Corte d’Appello di Cagliari sezione distaccata di Sassari affinchè si adegui nella decisione ai principi di diritto qui ribaditi.

38. Restano assorbiti il terzo ed il sesto motivo di ricorso mentre vanno dichiarati inammissibili il primo ed il quinto.

39. Il giudice del rinvio provvederà alla disciplina delle spese del presente grado nonchè del subprocedimento di cui all’art. 373 c.p.c.

(Cassazione civile, sentenza n. 16121/2011).

PQM

La Corte accoglie il secondo ed il quarto motivo di ricorso, assorbiti il terzo ed il sesto. Dichiara inammissibili il primo ed il quinto motivo di ricorso. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia – anche per le spese – alla Corte d’Appello di Cagliari sezione distaccata di Sassari.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

 

 

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