Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22404 del 15/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 15/10/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 15/10/2020), n.22404

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3804-2015 proposto da:

M.S., in proprio e nella qualità di amministratrice e

legale rappresentante della società “LABORATORIO DI ANALISI

CHIMICHE S.E.M. della Dott. S.M. & C. S.N.C.”,

E.V., R.M., SC.SA., tutti

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FLAMINIA, 952, presso lo

studio dell’avvocato LORENZO TRINCHERA, rappresentati e difesi dagli

avvocati FRANCESCO SAVERIO LUBRETO, e RAFFAELE SISTO;

– ricorrenti –

contro

– ASL NAPOLI (OMISSIS) CENTRO, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 20,

presso lo studio dell’avvocato MARCO SQUICQUERO, che la rappresenta

e difende;

E.N. P.A.B. – ENTE NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI BIOLOGI,

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ROSARIO FRANCESCO CRUDO;

– controricorrenti –

e contro

ORDINE NAZIONALE DEI BIOLOGI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 835/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/02/2014, R.G.N. 6305/2009.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 835/2014, ha rigettato l’impugnazione proposta da M.S. (in proprio e nella qualità di legale rappresentante della società “Laboratorio di Analisi Chimiche S.E.M. della Dott.ssa S.M. & C. s.n.c.”), nonchè dai soci E.V., Sc.Sa. e R.M., nei confronti dell’ASL Napoli (OMISSIS) Centro, dell’Ordine Nazionale dei Biologi e dell’Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza Biologi, avverso la sentenza del Tribunale lavoro della stessa città che aveva rigettato la domanda proposta dalle citate parti appellanti al fine di ottenere l’accertamento dell’obbligo dell’ASL NA (OMISSIS) di corrispondere, per tutte le prestazioni ricevute dal ” Laboratorio di Analisi Chimiche S.E.M. della Dott.ssa S.M. & C. s.n.c.”, il contributo ENPAB del 2% per la quota della società facente capo agli appellanti, biologi iscritti all’ENPAB, con condanna della detta ASL al pagamento della somma corrispondente a quanto dovuto ai biologi per il mancato versamento del contributo integrativo maturato sulle prestazioni relative ai periodi per ciascuno indicati e relativi accessori;

la Corte territoriale ha individuato il quadro normativo di riferimento nel D.Lgs. n. 103 del 1996, art. 8 e nell’art. 4 del Regolamento di disciplina delle Funzioni di Previdenza dell’Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Biologi ed ha accertato che gli appellanti esercitano la professione di biologo nell’ambito del Laboratorio di Analisi Chimiche S.E.M. della Dott.ssa S.M. & C. s.n.c.”, in regime di convenzione con ASL NA (OMISSIS), essendone soci;

la questione relativa all’obbligo dell’ASL di versare il contributo integrativo è stata risolta valorizzando il rapporto sinallagmatico esistente tra retribuzione e contribuzione, per cui, si è affermato che – trattandosi di struttura convenzionata esercitata in forma societaria – i compensi relativi alle singole prestazioni non possono che confluire nel bilancio della società che è autonomo centro di imputazione giuridica, come del resto previsto dal regime convenzionale voluto dalla L. n. 833 del 1978 e pure dal regime dell’accreditamento di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 6. Da tali presupposti, la Corte ha tratto la conseguenza che la ratio della normativa sia nel senso di lasciare che il pagamento del contributo integrativo resti a carico della società;

avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione il Laboratorio Analisi Chimiche S.E.M. della Dott.ssa S.M. & C. s.n.c., nonchè M.S., in proprio e n. q. di amministratore del Laboratorio, E.V., Sc.Sa. e R.M. sulla base di tre motivi, successivamente illustrati da memoria: 1) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), violazione dell’art. 112 c.p.c. per l’omessa pronuncia sul motivo d’appello relativo alla domanda principale proposta dalla società ed avente ad oggetto la richiesta di condanna dell’ASL Napoli 1 Centro al pagamento dell’importo del contributo integrativo maturato dall’aprile 1996 all’anno 2005; 2) violazione e falsa ed erronea applicazione della L. n. 335 del 1995, del D.Lgs. n. 103 del 1996 (artt. 6, 7, 8) e del Regolamento ENPAB (art. 4), in ragione del fatto che dal complesso normativo sopra indicato, vincolante non solo per gli iscritti alla Cassa ma per tutti i soggetti dell’ordinamento, si evince che la maggiorazione del 2% (cd. contributo integrativo) deve essere applicata su tutti i redditi connessi all’esercizio dell’attività professionale di biologo anche se si tratti di attività svolta sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa (D.Lgs. n. 103 del 1996, art. 8 e art. 4 Reg. ENPAB) ed il biologo ha diritto a ripetere le somme versate a tale titolo direttamente dal soggetto che si avvale della sua prestazione; la stessa normativa regolamentare, evidenziano i ricorrenti, prevede che nel caso in cui il biologo sia socio o membro di una società o di una associazione professionale, sarà la stessa società od associazione ad applicare la maggiorazione per la quota di competenza di ogni singolo socio o associato iscritto all’Ente e l’ammontare complessivo annuo delle maggiorazioni obbligatorie dovute all’Ente dal singolo iscritto è calcolato su una percentuale dei corrispettivi lordi conseguiti dalla associazione o società corrispondente alla quota di partecipazione agli utili spettanti all’iscritto stesso (art. 4, comma 1 Reg. ENPAB); il contributo integrativo, che ha finalità solidaristiche all’interno della categoria, viene riscosso direttamente dall’associazione o società partecipata ai sensi dell’art. 4, comma 2, Reg.; 3) omesso esame dell’aspetto dell’ineludibilità del contributo integrativo, oggetto di discussione in entrambi i gradi del giudizio ed erroneità del richiamo fatto dalla sentenza impugnata alla L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 6 secondo cui le tariffe per ciascuna prestazione erogata dalla struttura accreditata sarebbero omnicomprensive;

resistono, con controricorso illustrato da successive memorie, ENPAB ed ASL Napoli (OMISSIS) Centro;

l’Ordine dei biologi è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

i motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono fondati, come già accertato da Cassazione n. 2236 del 30 gennaio 2020 e da Cass. 2850 del 2020, che hanno esaminato fattispecie del tutto analoghe alla presente;

contrariamente all’assunto svolto in memoria da ASL Napoli 1 Centro, infatti, è la disciplina, inderogabile, dell’obbligazione contributiva relativa al rapporto assicurativo obbligatorio che regola la concreta fattispecie dedotta in causa senza che assuma rilevanza il dato che la pretesa fatta valere dai ricorrenti sia ancorata anche agli obblighi derivanti dalla convenzione intercorsa tra le parti;

i ricorrenti, sostanzialmente, addebitano alla sentenza impugnata una errata interpretazione del quadro normativo al cui interno si colloca la fattispecie che attiene alla individuazione del soggetto effettivamente gravato dell’obbligo di versare all’Ente di Previdenza per i biologi il contributo integrativo previsto dal D.Lgs. n. 103 del 1996, art. 8 e dall’art. 4 del Regolamento ENPAB;

va ribadito che la privatizzazione degli enti previdenziali dei liberi professionisti fu disposta dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537 (art. 10, commi 32 e 33) ed attuata con il D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509 ed il D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103;

in particolare, il D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 1 ha assoggettato a trasformazione in associazioni o in fondazioni di diritto privato molteplici enti pubblici gestori, regolando tale processo di privatizzazione con la previsione di apposita deliberazione dei competenti organi di ciascun ente, imponendo l’assenza di finanziamenti pubblici o altri sostegni pubblici di carattere finanziario;

Corte Cost., 18 luglio 1997, n. 248 e 5 febbraio 1999, n. 15, hanno precisato che tale processo di trasformazione non ha dato luogo ad una privatizzazione sostanziale, essendo rimasto immutato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale svolta dagli enti privatizzati, “articolandosi sul diverso piano di una modifica degli strumenti di gestione e della differente qualificazione giuridica dei soggetti stessi”;

in tale contesto va letto il D.Lgs. n. 103 del 1996, art. 8 che nella versione originaria, per quanto qui di interesse, prevede: “1. (…) 2. Gli iscritti agli albi o elenchi (…) sono tenuti a presentare domanda di iscrizione alla gestione o ente previdenziale secondo le modalità rispettivamente previste per esse e ad effettuare i relativi adempimenti contributivi, ivi compreso il contributo integrativo a carico dell’utenza, nelle misure e alle scadenze stabilite.

3. Il contributo integrativo a carico di coloro che si avvalgono delle attività professionali degli iscritti è fissato nella misura del 2 per cento del fatturato lordo ed è riscosso direttamente dall’iscritto medesimo all’atto del pagamento previa evidenziazione del relativo importo sulla fattura”;

ai sensi dell’art. 4 del Regolamento di disciplina della funzione di previdenza adottato dall’ENPAB vigente ratione temporis: “Gli iscritti all’Ente devono applicare una maggiorazione percentuale su tutti i corrispettivi che concorrono a formare il reddito imponibile dell’attività autonoma di libera professione, conseguito anche sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, e devono versare all’Ente il relativo ammontare, indipendentemente dall’effettivo pagamento che ne abbia eseguito colui che si avvale dell’attività professionale. La maggiorazione è ripetibile nei confronti di quest’ultimo;

le Associazioni Professionali e le Società alle quali partecipa un iscritto all’Ente devono applicare la maggiorazione per la quota di competenza di ogni singolo socio o associato iscritto all’Ente;

l’ammontare complessivo annuo delle maggiorazioni obbligatorie dovute all’Ente dal singolo iscritto è calcolato su una percentuale dei corrispettivi lordi conseguiti dalla associazione o società corrispondente alla quota di partecipazione agli utili spettante all’iscritto stesso (…)”;

da quanto sin qui esposto, emerge con particolare evidenza che la riscossione da parte del professionista del contributo integrativo, pari al due per cento del fatturato da porre a carico dell’utenza mediante evidenza in fattura, deriva direttamente dalla legge e tale disposizione è chiaramente rivolta a chiunque si trovi nella situazione descritta. Inoltre, la disposizione regolamentare, contenente la ulteriore disciplina del sistema di riscossione del contributo, laddove l’attività professionale sia resa in forma associata o societaria, realizza una legittima applicazione del potere regolamentare previsto dal citato D.Lgs. n. 103 del 1996, art. 6;

come questa Corte di legittimità ha più volte affermato (vd. da ultimo Cass. n. 4608 del 2019 e le pronunce ivi richiamate) il principio di autonomia riconosciuto alle Casse professionali dal D.Lgs. n. 594 del 1994 e dal D.Lgs. n. 103 del 1996 realizza, nel rispetto della natura pluralista dell’intero sistema previdenziale, lo scopo di rispettare le istanze del gruppo professionale nella gestione dell’assicurazione obbligatoria, all’interno dello spazio assegnato loro dalla legge (L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12), senza il concorso finanziario da parte dello Stato;

l’attribuzione di autonomia gestionale, organizzativa e contabile a tali associazioni o fondazioni, con i limiti dovuti “alla natura pubblica dell’attività svolta” (art. 2, comma 1), garantisce ai nuovi soggetti autonomia statutaria e regolamentare (art. 1, comma 40) ed il finanziamento attraverso i versamenti contributivi dei propri iscritti, con divieto di contribuzioni pubbliche (art. 1, commi 1 e 3), pur permanendo, nei loro confronti, il controllo pubblico (art. 3);

con l’entrata in vigore della L. n. 133 del 2011, i contributi integrativi, posti appunto a carico di chi si avvale delle attività professionali degli iscritti, sono imposti nella misura fissata mediante delibera delle casse o enti di previdenza competenti, approvata dai Ministeri vigilanti, in misura percentuale rispetto al fatturato lordo e sono riscossi direttamente dall’iscritto medesimo all’atto del pagamento, previa evidenziazione del relativo importo nella fattura;

la legge suddetta ha pure previsto che, al fine di migliorare i trattamenti pensionistici degli iscritti alle casse o enti di cui al presente D.Lgs. e a quelli di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, che adottano il sistema di calcolo contributivo è riconosciuta la facoltà di destinare parte del contributo integrativo all’incremento dei montanti individuali, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica garantendo l’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario delle casse e degli enti medesimi, previa delibera degli organismi competenti e secondo le procedure stabilite dalla legislazione vigente e dai rispettivi statuti e regolamenti;

se questo è, in sintesi, il peculiare ambito normativo che connota il rapporto previdenziale intercorrente, in generale, tra biologo ed Enpab, è evidente, che ipotizzare, come impone la tesi seguita dalla sentenza impugnata, che la regola generale della riscossione del contributo integrativo a carico dell’utenza non si debba applicare laddove la prestazione del biologo sia resa quale socio di società accreditata presso l’Azienda sanitaria, non risponde nè al dato testuale delle norme sopra riportate e neanche ad una logica di equa distribuzione degli obblighi contributivi tra gli iscritti all’Ente di previdenza che è, invece, punto essenziale della solidarietà categoriale;

senza alcuna giustificazione, infatti, il biologo socio o associato si troverebbe gravato di oneri contributivi maggiori rispetto ai colleghi non associati pur fruendo delle medesime prestazioni previdenziali;

in realtà, al contrario di quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, l’autonomia soggettiva della società professionale o dell’associazione non incide sul rapporto previdenziale intercorrente tra l’iscritto e l’Ente ed il vincolo associativo (o societario) riverbera solo sulle concrete modalità di calcolo dell’importo contributivo dovuto, come fatto palese dal disposto dell’art. 8 Reg. citato che dispone che l’ammontare complessivo annuo delle maggiorazioni obbligatorie dovute all’Ente dal singolo iscritto è calcolato su una percentuale dei corrispettivi lordi conseguiti dalla associazione o società corrispondente alla quota di partecipazione agli utili spettante all’iscritto stesso;

la regolamentazione contributiva appena descritta non soffre, dunque, di alcuna lacuna, per cui non vi è spazio per interpretazioni analogiche o solo estensive che attingano al disposto della L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 39;

tali disposizioni, peraltro, non condividono la ratio di quelle sopra applicate. Come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità (Cass. n. 10959 del 2018; Cass. n. 11257 del 2016; Cass. n. 11591 del 2016) esse sono relative alle società professionali mediche od odontoiatriche ed quelle di capitali ed attribuiscono a ciascun medico la quota parte della contribuzione di spettanza individuale, prevedendo che “le medesime società indicano i nominativi dei medici e degli odontoiatri che hanno partecipato alle attività’ di produzione del fatturato, attribuendo loro la percentuale contributiva di spettanza individuale”: si è ritenuta la portata specifica della disposizione nel senso che la stessa impone una lettura appropriata e tecnica della parola “fatturato”, giacchè essa non avrebbe significato ove la base di calcolo fosse già costituita dalle fatture emesse dai professionisti a fronte deì compensi ricevuti dalla società;

l’intento teleologico della norma in esame conferma che la L. n. 243 del 2004 è intervenuta a colmare una lacuna normativa (l’assoggettamento a contribuzione delle attività dei medici specialisti esterni operanti in strutture societarie), attraverso la previsione del prelievo contributivo sul fatturato annuo delle società, in qualsiasi forma costituite, prodotto dalle prestazioni specialistiche rese dai medici e odontoiatri nei confronti del Servizio pubblico. Si è voluto così evitare che, attraverso lo schermo della struttura societaria, l’attività di lavoro del medico in regime di libera professione fosse sottratta alla contribuzione previdenziale;

in definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza va cassata e rinviata per nuovo esame della fattispecie facendo applicazione del disposto del D.Lgs. n. 103 del 1996, art. 8 e art. 4 del Regolamento ENPAB sopra citato.

il giudice del rinvio, che si designa nella Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

 

 

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