Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22401 del 06/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 06/09/2019, (ud. 14/05/2019, dep. 06/09/2019), n.22401

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27006-2017 proposto da:

P.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato EDY GUERRINI;

– ricorrente –

contro

A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato OBERDAN IACCONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1497/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 23/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA

ACIERNO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’Appello di Bologna, in riforma della sentenza di primo grado, ha posto a carico di P.P., ex coniuge divorziato di A.A., la somma di 200 Euro mensili a titolo di assegno divorzile.

A sostegno della decisione ha rilevato che il tribunale, ritenuta la esaustività degli accordi assunti in sede di separazione consensuale – consistenti nel versamento di 200 milioni di lire alla A. – aveva tenuto in considerazione tali accordi al fine di escludere, unitamente alla percezione della pensione d’invalidità, lo stato di bisogno della ricorrente.

Il giudice di secondo grado, al contrario, ha ritenuto, che tali accordi, per la parte in cui escludevano per il futuro di poter richiedere emolumenti in sede di divorzio, dovevano ritenersi nulli per illiceità della causa e che la corresponsione di una tantum può avvenire soltanto in sede di giudizio di divorzio. Nella specie, applicando il criterio assistenziale così come declinato nella pronuncia n. 11504 del 2017, doveva riconoscersi alla A. un assegno pari a 200 Euro mensili in quanto la stessa è risultata priva di autosufficienza economica, inidonea al lavoro e affetta da serie psicopatologie oltre che priva di una stabile abitazione. La pensione infine è risultata di ammontare esiguo.

Avverso la pronuncia ha proposto ricorso per cassazione P.P. affidato a due motivi. Ha resistito con controricorso la A..

Nel primo ha dedotto la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, per avere la Corte d’Appello non considerato che le somme già corrisposte unite alla pensione d’invalidità portavano ad escludere la situazione di non autosufficienza economica.

La censura è inammissibile perchè mira a contestare la valutazione svolta in fatto sulla condizione di non autosufficienza economica della controricorrente.

Nel secondo motivo viene dedotta la nullità della sentenza impugnata perchè non è stato preventivamente accertato se alla controricorrente fosse stato nominato un amministratore di sostegno, ciò che avrebbe escluso la validità della sottoscrizione del ricorso introduttivo del giudizio.

La censura confusamente prospettata appare del tutto nuova e conseguentemente inammissibile.

In conclusione il ricorso è inammissibile. Deve essere applicato il principio della soccombenza in relazione alle spese processuali.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della parte controricorrente da liquidarsi in Euro 1100 per compensi, Euro 100 per esborsi oltre accessori di legge.

Sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quarter.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2019

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