Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22400 del 04/11/2016
Cassazione civile sez. trib., 04/11/2016, (ud. 28/10/2015, dep. 04/11/2016), n.22400
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso
la quale è domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
ZUCCHETTI GROUP spa, già ZUCCHETTI spa, rappresentata e difesa
dall’avv. Giuseppe Cacciato ed elettivamente domiciliata in Roma
presso lo studio Trivoli & Associati in via Marocco n. 18;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Toscana n. 64/17/07, depositata il 18 dicembre 2007;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28
ottobre 2015 dal Relatore Cons. GRECO Antonio;
uditi l’avvocato dello Stato Zerman Paola per la ricorrente e l’avv.
Giuseppe Cacciato per la controricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Sanlorenzo Rita, che ha concluso per raccoglimento del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, con due motivi, illustrati con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana che, rigettandone l’appello, ha confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento con il quale, ai fini dell’IRPEG e dell’IRAP per l’anno 1999, veniva rideterminato il reddito d’impresa della spa Zucchetti a seguito del mancato riconoscimento di costi, per difetto di concretezza e siccome non afferenti all’anno d’imposta in esame, portati da tre fatture emesse per l’effettuazione di servizi informatici da tre società del medesimo gruppo, la TAM Progetti, la Zucchetti TMC e la Zucchetti Italia.
Il giudice d’appello ha infatti disatteso i rilievi dell’ufficio circa la concreta determinazione dei costi e la loro certezza come desumibile dalla documentazione in atti. Ha osservato che, “una volta tenuto presente che la contribuente si era richiamata nel dedurre tali voci di spesa non solo alle fatture ma anche ala loro fonte giustificativa, e cioè ai contratti di consulenza, acquisiti dall’ufficio nel corso dell’indagine fiscale, in forza dei quali erano state fornite alla contribuente le prestazioni convenute, non rimaneva che prendere atto di tali risultanze a fronte delle quali l’Agenzia delle entrate non è stata in grado di opporre dati di fatto di qualche concretezza”.
La società contribuente resiste con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia insufficiente motivazione sulla certezza e sulla determinabilità dei costi sulla base delle fatture e dei contratti costituenti le loro fonti giustificative.
Con il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 75 del tuir per aver ritenuto la CTR che fosse sufficiente a dimostrare la certezza e la determinabilità dei costi la mera produzione dei contratti, in mancanza di documentazione sulla concreta prestazione dei servizi e formazione dei costi descritti nelle fatture.
Il primo motivo è fondato.
Nell’accertamento delle imposte sui redditi, secondo l’indirizzo di questa Corte, “spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili. A tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa: nella specie la S.C. ha negato la deducibilità del corrispettivo di una consulenza svolta dalla capogruppo a favore della controllata – contribuente, in ragione della genericità e laconicità della descrizione della prestazione in fattura e nel contratto regolante il rapporto fra le due società e della conseguente impossibilità per il fisco di verificare analiticamente ed adeguatamente l’inerenza della spesa, tanto più necessaria atteso il suo ingente ammontare” (Cass. n. 21184 del 2014).
Nel caso in esame, a fronte della specifica contestazione formulata dall’ufficio con l’appello – “il thema decidendum della presente controversia deve essere limitato alla sola questione se siano certi e determinabili e dunque rispondenti ai requisiti di cui all’art. 75 tuir, i costi rappresentati dalle fatture e contratti, senza alcun elemento idoneo a costituire il legame tra le due manifestazioni documentali del fatto storico … Viene contestata alla Zucchetti l’impossibilità di determinare la formazione del costo nel suo profilo quantitativo e, per conseguenza, di stabilirne la certezza con riferimento alla competenza per il (OMISSIS)”, non avendo la Zucchetti spa “esibito la documentazione amministrativa in grado di porre in relazione i dati riportati nelle fatture con le pattuizioni contenute nei contratti acquisiti presso le fornitrici” -, la Commissione regionale si è limitata a rilevare “che una volta tenuto presente che la contribuente si era richiamata nel dedurre tali voci di spesa non solo alle fatture ma anche alla loro fonte giustificativa (e cioè ai contratti di consulenza, ugualmente acquisiti dall’Ufficio finanziario nel corso dell’indagine fiscale, in forza delle quali erano state fornite alla Zucchetti le prestazioni convenute) non rimaneva all’Agenzia delle entrate che prendere atto di tali risultanze a fronte delle quali non è stata in grado di opporre dati di fatto di qualche concretezza”.
La sentenza impugnata è incorsa nel vizio ad essa addebitato con una siffatta affermazione tautologica, offrendo una motivazione insufficiente e non adeguata.
Il primo motivo va pertanto accolto, assorbito l’esame del secondo, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Toscana in altra composizione.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Toscana in altra composizione.
Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2015.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2016