Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2240 del 30/01/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 30/01/2017, (ud. 08/11/2016, dep.30/01/2017),  n. 2240

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9906-2011 proposto da:

I.N.P.D.A.P. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI

DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, C.F. (Ndr: testo originale non

comprensibile), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo

studio dell’avvocato DARIO MARINUZZI, che lo rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.G.;

– intimato –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso

dall’Avvocato ELISABETTA LANZETTA, che lo rappresenta e difende

giusta delega in calce alla copia notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2043/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/04/2010 R.G.N. 7008/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/11/2016 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito l’Avvocato POLICASTRO LUCIA per delega verbale Avvocato

LANZETTA ELISABETTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 2043/2010, ha rigettato l’appello proposto dall’I.N.P.D.A.P. avverso la pronuncia con cui il locale Tribunale l’aveva condannato a corrispondere a S.G. le differenze di trattamento di fine servizio computando anche il periodo 1.7.2001-10.12.2004, durante il quale il S. era stato collocato in aspettativa per svolgere un incarico dirigenziale presso l’I.N.P.S.

2. Ha osservato la Corte territoriale che, a norma del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, comma 6, il dirigente cui è affidato un incarico presso altri Enti viene posto in aspettativa senza assegni e resta quindi dipendente dell’Ente di provenienza, conservando l’anzianità di servizio. Poichè il computo del trattamento di fine servizio (TFS) si effettua tenendo conto dell’anzianità di servizio maturata, il conteggio doveva comprendere anche il periodo di aspettativa. Nè poteva giustificare l’opposta soluzione la circostanza che l’I.N.P.S. avesse liquidato il TFR per il periodo anzidetto, tenuto conto della diversa natura e della differente modalità di calcolo delle due prestazioni e considerato che sul trattamento di fine servizio non incidono le retribuzioni corrisposte dall’Ente presso cui il dipendente presta servizio durante il periodo di aspettativa. In ogni caso, il Giudice di primo grado aveva già detratto dal dovuto l’importo corrisposto per T.F.R.

3 Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’I.N.P.D.A.P. con un unico motivo. Il S., che nel ricorso è indicato come destinatario della richiesta di notifica del medesimo, non ha depositato controricorso. L’I.N.P.S. ha depositato procura ai fini della discussione orale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 Settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

2. Con unico motivo l’I.N.P.D.A.P. denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, del’art. 2 dell’Accordo quadro del 29.7.99 e del relativo D.P.C.M. di recepimento 31 dicembre 1999. Erronea interpretazione della normativa del trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblico. Deduce che il TFR differisce dal TFR previsto dall’art. 2120 c.c. poichè costituisce una prestazione di tipo previdenziale erogata dall’I.N.P.D.A.P. e variamente denominata (indennità di buonuscita, indennità di anzianità indennità premio di fine servizio) a seconda del comparto pubblico interessato, mentre il TFR ha natura di retribuzione differita, generalmente erogata dal datore di lavoro. A seguito della L. n. 335 del 1995 (c.d. riforma Dini), la disciplina del TFR prevista dall’art. 2120 c.c. è stata estesa ai dipendenti pubblici assunti dopo l’introduzione della riforma. Nel caso del dott. S. l’indennità di buonuscita di cui al D.P.R. n. 1032 del 1973 doveva essere liquidata dall’I.N.P.D.A.P. in misura corrispondente ad una somma pari a tanti dodicesimi dell’80% dell’ultimo trattamento retributivo annuo moltiplicato per gli anni di servizio utili, compresi eventuali riscatti e ricongiunzioni. L’I.N.P.D.A.P., al momento della definitiva cessazione dal servizio del S. per dimissioni, gli aveva liquidato detta indennità computando anche il periodo di aspettativa. La Corte di appello aveva errato per avere ritenuto che il periodo di aspettativa, non figurando nel prospetto di liquidazione, non fosse stato considerato, mentre l’interessato aveva già ottenuto il beneficio nella misura massima consentita dalla legge.

2. Preliminare rispetto all’esame del motivo è la verifica della regolare notifica del ricorso per cassazione, nel caso di specie insussistente. Il ricorso in originale è stato depositato (ciò che evita la sanzione dell’improcedibilità ai sensi dell’art. 369 c.p.c.), ma non è corredato da una relata di notifica al S.. In difetto della prova dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio ed in mancanza di esercizio di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso è inammissibile.

3. Il materiale difetto di notificazione del ricorso per cassazione ne comporta la declaratoria di inammissibilità trattandosi di situazione rispetto alla quale valgono le stesse conseguenze derivanti dal vizio di giuridica inesistenza della notificazione stessa (Cass. n. 20893 del 2015 e n. 12509 del 2011, n. 4595 del 2009).

4. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità neppure nei confronti dell’INPS, che ha depositato delega per la difesa orale. Deve infatti rilevarsi la soppressione dell’I.N.P.D.A.P. e la successione ad esso dell’I.N.P.S. in tutti i rapporti attivi passivi, disposta con decorrenza dal 1 gennaio 2012 dal D.L. n. 201 del 2011, art. 21, conv. in L. n. 214 del 2011.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese nei confronti di S.G. e dell’INPS.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2017

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