Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22396 del 26/09/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. VI, 26/09/2017, (ud. 19/07/2017, dep.26/09/2017),  n. 22396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21700/2016 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARDINAL DE

LUCA n. 10, presso lo studio dell’avvocato TULLIO ELEFANTE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1866/34/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 01/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 19/07/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.F. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che si costituisce al solo fine di partecipare all’udienza di discussione), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 1866/34/2016, depositata in data 1/3/2016, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento emesso, a carico del contribuente, “titolare della ditta individuale “Studio di Architettura C.F.”, per IRPEF, IRAP ed IVA dovute in relazione all’anno d’imposta 2007, a seguito di rideterminazione, D.P.R. n. 600 del 1973, ex artt. 32 e 38, del reddito imponibile, sulla base di indagini bancarie dalle quali erano emersi, secondo l’ufficio erariale, “prelevamenti e versamenti ingiustificati”, è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nel respingere il gravame del contribuente, hanno sostenuto che il contribuente, tenuto, nel caso di accertamento basato su indagini finanziarie, a dimostrare “l’analitica riconciliazione tra il singolo movimento bancario, il documento giustificativo e la relativa annotazione nei libri contabili”, in quanto “tutti gli importi non giustificati (entrate ed uscite) vanno considerati in nero”, nella specie, si era “limitato a richiamare la propria contabilità professionale”.

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, n. 2 e art. 2697 c.c., deducendo di avere, in sede di appello, a fronte della sentenza n. 228/2014 della Corte Costituzionale, intervenuta dopo la pubblicazione della decisione di primo grado, invocato la non applicabilità ai liberi professionisti (lavoratori autonomi) della “presunzione “prelievi non giustificati uguale ricavi o compensi non dichiarati” posta dall’Agenzia delle Entrate a fondamento della rettifica in contestazione”, laddove i giudici della C.T.R. hanno disatteso i principi dell’onere probatorio (gravante sull’Amministrazione finanziaria), sia in relazione ai prelevamenti, in virtù dell’interpretazione data dalla Consulta, sía in relazione alle operazioni bancarie di versamento.

2. La censura è fondata, nei sensi di cui appresso.

Come di recente chiarito da questa Corte (Cass. 1519/2017): “La presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 2, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti come è reso palese dal richiamo, operato dal citato art. 32, anche all’art. 38 del medesimo D.P.R., riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche (attinente ad ogni tipologia di reddito di cui esse siano titolari). La presunzione legale in oggetto si articola secondo due diverse modalità, distintamente previste nella prima e nella seconda parte, secondo periodo, comma 1 del citato art. 32: a) i “dati ed elementi” attinenti ai rapporti bancari possono essere utilizzati nei confronti di tutti i contribuenti destinatari di accertamenti previsti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 38,39,40 e 41 (persone fisiche, titolari di reddito determinato in base alle scritture contabili, redditi di soggetti diversi dalle persone fisiche, redditi accertati d’ufficio); b) la presunzione legale secondo cui i versamenti ed i prelevamenti sono considerati ricavi o compensi può essere utilizzata nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, soggetti all’obbligo di tenuta delle scritture contabili (con la correzione apportata dalla Corte Cost. con la sentenza n. 228 del 2014 che ha dichiarato l’illegittimità della presunzione di maggiori compensi desumibile dai prelevamenti effettuati dai titolari di reddito di lavoro autonomo). Mentre l’operazione bancaria di prelevamento conserva validità presuntiva nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, le operazioni bancarie di versamento hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia adempiendo l’onere di dimostrare che “ne hanno tenuto conto ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine” (in senso conforme Cass. Sez. 5 n. 22514 del 2013 ha ritenuto “priva di qualsivoglia riscontro normativo” la limitazione dell’ambito applicativo degli accertamenti bancari ai soli soggetti esercenti attività di impresa, artistica o professionale)”.

La sentenza della C.T.R. non risulta corretta, laddove, malgrado specifica doglianza, con riguardo al reddito accertato a carico del contribuente, di professione architetto (non emergendo dagli atti lo svolgimento specifico di attività imprenditoriale), i giudici di appello hanno ritenuto aventi valenza di prova presuntiva di maggiori ricavi, superabile da prova contraria, oltre alle operazione di versamento, anche quelle di prelevamento.

Con riguardo invece alla prova presuntiva correlata alle operazioni di versamento, la sentenza della C.T.R. risulta conforme ai principi di diritto da ultimo espressi da questa Corte (Cass. 15857/2016: “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili”).

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Campania in diversa composizione, fui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 19 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA