Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22395 del 15/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 15/10/2020, (ud. 07/07/2020, dep. 15/10/2020), n.22395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7650/2015 proposto da:

SUINCOM S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RICASOLI 7, presso lo studio

dell’avvocato EMANUELE RICCI, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ELISA ROSSINI, PAOLO MANISCALCO;

– ricorrente principale –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli

avvocati CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, EMANUELE

DE ROSE;

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

contro

avverso la sentenza n. 1218/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 29/09/2014 R.G.N. 1084/2012.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con sentenza in data 29 settembre 2014, la Corte di Appello di Bologna, nella contumacia di Gian s.r.l., ha confermato la sentenza di primo grado che, decidendo nel giudizio di accertamento negativo all’esito della diffida (del (OMISSIS)) seguita al verbale di accertamento, aveva ritenuto la SUINCOM s.p.a. tenuta all’adempimento delle obbligazioni contributive quale obbligato solidale con la GIAN s.r.l. alla quale, con contratto del 30 gennaio 2006, aveva concesso in appalto l’attività di carico, scarico, movimentazione, sezionatura, mondatura, disosso e toelettatura delle ossa;

2. per la Corte di merito non operava, nei confronti dell’INPS, la decadenza biennale dalla cessazione dell’appalto e assumeva rilievo la notifica del verbale di accertamento ispettivo dell’intenzione di procedere al recupero nei confronti dell’appaltante per i contributi omessi e le sanzioni civili;

3. la Corte territoriale confermava, inoltre, la sentenza gravata quanto all’onere della prova, compiutamente assolto dall’INPS, per essere il verbale ispettivo fondato su dichiarazioni di alcuni lavoratori e sulla significativa documentazione esaminata dagli ispettori (denunce e comunicazioni inviate dalla Gian s.r.l. agli organi competenti, brogliacci rinvenuti presso la Gian, registrazioni badge segna ore del personale occupato tenuto dalla Suincom, fogli paga emessi dalla Gian);

4. riformava, invece, la sentenza gravata quanto alle sanzioni civili, ritenendole non estensibili al soggetto obbligato in solido sul presupposto della non imputabilità dell’inadempimento all’obbligato in via solidale;

5. avverso tale sentenza la SUINCOM s.p.a. ha proposto ricorso, ulteriormente illustrato con memoria, affidato a due motivi, al quale ha opposto difese l’INPS con controricorso e ha proposto ricorso incidentale, affidato a un motivo, ulteriormente illustrato con memoria, cui SUINCOM s.p.a. non ha resistito;

6. Gian s.r.l. è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

7. va premesso che il ricorso principale non risulta notificato a GIAN s.r.l. giacchè la parte ricorrente principale non ha neanche tentato la notifica a detta società, diversamente dall’INPS, ricorrente incidentale, che tentata, invano, una prima notifica al legale rappresentante della società, L.P., nella sede in (OMISSIS) non risultante, tuttavia, al numero civico indicato, ha ritentato la notifica, ai sensi dell’art. 143 c.p.c., al predetto L.P. (come da certificato di residenza che si assume allegato), in via (OMISSIS), ultima residenza nota, mediante deposito nella casa comunale di (OMISSIS);

8. la mancata notifica a GIAN S.r.l. non pregiudica l’integrità del contraddittorio, versandosi in ipotesi di cause scindibili ex art. 332 c.p.c.;

9. tanto premesso, la ricorrente principale, deducendo violazione degli artt. 2770 e 2697 c.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto i verbali ispettivi fondati su documentazione esaminata dai funzionari ispettivi ma non prodotta dall’INPS in giudizio e per avere attribuito al verbale ispettivo efficacia probatoria in difformità dalla giurisprudenza di legittimità, assumendo che l’ulteriore materiale raccolto dai verbalizzanti avrebbe dovuto essere liberamente apprezzato dal giudice per rilevarne l’importanza agli effetti della prova;

10. il ricorso principale è da rigettare;

11. le censure additano, nella sostanza, un’errata valutazione del compendio probatorio e si risolvono nella richiesta di un diverso apprezzamento degli elementi di fatto, inammissibile in questa sede di legittimità;

12. spetta al giudice di merito, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, assumere e valutare le prove, controllarne

l’attendibilità e la concludenza, scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (v., fra le tante, Cass., n. 13485 del 2014);

13. in particolare, quanto alla censura per omesso esame di un fatto decisivo, a prescindere dal rilievo che si evocano genericamente atti che si assume trascurati, vale riaffermare, con le Sezioni unite della Corte (v., per tutte, sentenza n. 8053 del 2014), che alla stregua del novellato vizio di motivazione, applicabile ratione temporis, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;

14. in sede di legittimità non è data ora (come del resto non era altrimenti data allora, vigente il testo precedente dell’art. 360 c.p.c., n. 5) la possibilità di censurare che la prova di un dato fatto sia stata tratta o negata dall’apprezzamento o dalla obliterazione di un determinato elemento istruttorio, atteso che una tale critica ha ad oggetto non già un fatto storico ma la stessa attività di valutazione del compendio probatorio, che solo al giudice di merito compete;

15. inoltre, con orientamento consolidato questa Corte afferma che i verbali ispettivi fanno piena prova fino a querela di falso, dei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, ivi compresa l’esistenza e provenienza delle dichiarazioni raccolte a verbale ma non anche delle valutazioni dell’ispettore o dei fatti non percepiti direttamente ma affermati dall’ispettore in base ad altri fatti (cfr., fra le tante, Cass.

n. 9632 del 2016), e che tale materiale probatorio è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, il quale può anche considerarlo prova sufficiente, qualora il loro specifico contenuto probatorio o il concorso di altri elementi renda superfluo l’espletamento di ulteriori mezzi istruttori (v., fra le tante, Cass. n. 11934 del 2019);

16. quanto alla dedotta violazione dell’art. 2697 c.c., siffatta doglianza, in continuità con i numerosi precedenti di questa Corte (v., ex multis, Cass. n. 8554 del 2018), è configurabile, integrando motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata, secondo le regole dettate da quella norma, mentre laddove la censura sia incentrata sulla valutazione delle risultanze istruttorie, attività regolata dagli artt. 115 e 116 c.p.c., il relativo vizio può essere fatto valere, ai sensi del citato art. 360 c.p.c., n. 5, secondo il paradigma del novellato vizio di motivazione, secondo l’interpretazione data dalle già richiamate Sezioni unite della Corte (sentenza n. 8053 del 2014 cit. e numerose successivi conforme);

17. è da accogliere il ricorso incidentale con il quale l’ente previdenziale deduce che la società avrebbe dovuto essere condannata al pagamento anche delle sanzioni civili in ragione del fatto che il D.L. n. 5 del 2012, art. 21, conv., con modif., dalla L. n. 35 del 2012, laddove esclude che l’obbligo dell’appaltatore di versare i contributi in via di solidarietà si estenda anche alle sanzioni civili, non è norma di interpretazione autentica con efficacia retroattiva, conclusione alla quale l’ente previdenziale giunge confrontando le formulazioni del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, succedutesi nell’arco temporale rilevante nel caso di specie;

18. costituisce principio consolidato che il disposto dell’art. 21 sopra citato non ha natura interpretativa nè effetti retroattivi (v., fra le altre, Cass. n. 18259 del 2018 e, da ultimo, Cass. n. 20849 del 2019 e 6449 del 2020) ed a tale orientamento va assicurata continuità;

19. si è detto che, al fine di contrastare l’evasione dei contributi previdenziali, il D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 28, convertito, con modificazioni, in L. n. 248 del 2006, ha introdotto la responsabilità solidale dell’appaltatore con il subappaltatore per le ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e i contributi previdenziali e assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti a cui è tenuto il subappaltatore;

20. la tesi secondo la quale la responsabilità per le sanzioni della predetta condotta omissiva non sarebbe inclusa nella responsabilità solidale trascura di considerare la natura accessoria della sanzione, affermata da costante giurisprudenza di questa Corte, conseguenza automatica dell’inadempimento o del ritardo, legalmente predeterminata, introdotta nell’ordinamento al fine di rafforzare l’obbligazione contributiva e risarcire, in misura predeterminata dalla legge, con presunzione juris et de jure, il danno cagionato all’istituto assicuratore (cfr., ex multis, Cass. n. 30363 del 2017; Cass. n. 14475 del 2009; Cass. n. 24358 del 2008; Cass. n. 8323 del 2000; sulla funzione essenzialmente risarcitoria v. Corte Cost. n. 254 del 2014; sull’identità di natura giuridica per inferirne il medesimo regime prescrizionale cfr. Cass. n. 8814 del 2008; Cass. n. 25906 del 2010; Cass. n. 2620 del 2012; Cass. n. 4050 del 2014 e, in precedenza, Cass. n. 9054 del 2004; Cass. n. 194 del 1986);

21. anche le Sezioni unite della Corte, con la decisione n. 5076 del 2015, intervenendo in tema di estensione al credito per sanzioni civili degli effetti degli atti interruttivi posti in essere con riferimento al credito contributivo, hanno affermato che, sotto il profilo normativo, le somme aggiuntive appartengono alla categoria delle sanzioni civili, vengono applicate automaticamente in caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi assicurativi e consistono in una somma ex lege predeterminata il cui relativo credito sorge de iure alla scadenza del termine legale per il pagamento del debito contributivo, in relazione al periodo di contribuzione;

22. vi è, quindi, tra la sanzione civile di cui trattasi e l’omissione contributiva, cui la sanzione civile inerisce, un vincolo di dipendenza funzionale che, in quanto contrassegnato dall’automatismo della sanzione civile rispetto all’omesso o ritardato pagamento, incide non solo geneticamente sul rapporto dell’una rispetto all’altra ma conserva questo suo legame di automaticità funzionale anche dopo l’irrogazione della sanzione, sì che le vicende che attengono all’omesso o ritardato pagamento dei contributi non possono non riguardare, proprio per il rilevato legame di automaticità funzionale, anche le somme aggiuntive che, come detto, sorgendo automaticamente alla scadenza del termine legale per il pagamento del debito contributivo rimangono a questo debito continuativamente collegate in via giuridica” (così Cass., Sez.U., n. 5076 del 2015 cit.);

23. l’automaticità funzionale, legalmente predeterminata, della sanzione civile rispetto all’obbligazione contributiva, porta ad includere, nell’affermata responsabilità solidale, anche le sanzioni civili;

24. inoltre, l’obbligazione solidale sulla quale è incentrato il ricorso all’esame ricade, ratione temporis, nel D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, nella formulazione sostituita dalla L. n. 296 del 2006, in vigore dal 1 gennaio 2007 (ulteriormente modificato, con D.L. n. 5 del 2012, non rilevante, in questa sede);

25. non risulta applicabile, nella specie, ratione temporis, l’esclusiva responsabilità, in capo all’inadempiente, sancita dal citato D.L. n. 5 del 2012, art. 21, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla richiamata L. n. 35 del 2012, che, disciplinando nuovamente la responsabilità solidale negli appalti ha sanzionato, per l’omissione contributiva, solo il responsabile dell’inadempimento, escludendo le sanzioni dal vincolo solidale, con disposizione che, e per non avere in nuce carattere interpretativo e per la predeterminazione, per legge, del soggetto passivo della sanzione civile, non contiene elementi per indurre l’interprete a predicarne il valore interpretativo e, in quanto tale, retroattivo secondo i criteri fissati dalla giurisprudenza costituzionale (sull’efficacia innovativa e non interpretativa, si veda, per tutte, Corte Cost. nn. 271 e 257 del 2011, 209 del 2010, 24 del 2009 e 170 del 2008);

26. non induce, per altro, a diversa opinione l’osservazione che assume che l’interpretazione nel senso della natura innovativa della predetta disposizione condurrebbe all’irragionevole risultato della responsabilità solidale, per le sanzioni civili, secondo la collocazione temporale dell’inadempimento dell’appaltatore, dovendo pertanto dubitarsi della legittimità costituzionale della precedente versione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2;

27. vale richiamare, al riguardo, i principi più volte ribaditi dal Giudice delle leggi, e riaffermati anche con la sentenza n. 254 del 2014 che, nel ritenere infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, come modificato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 911 e nel solco della costante giurisprudenza costituzionale, ha escluso la non conformità al principio di eguaglianza di un trattamento differenziato applicato alle stesse fattispecie, ma in momenti diversi nel tempo, poichè il fluire del tempo può costituire un valido elemento di diversificazione delle situazioni giuridiche (v. Corte Cost. n. 254 del 2014 cit. e i precedenti ivi richiamati);

28. dunque, già è stata ritenuta non lesiva del canone di ragionevolezza la circostanza che la nuova disciplina in tema di responsabilità solidale del committente e dell’appaltatore, dettata dal D.L. n. 5 del 2012, art. 21, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 35 del 2012, art. 1, comma 1, si applichi agli inadempimenti contributivi avvenuti dopo la sua entrata in vigore, in applicazione dei principi generali in tema di successione di leggi nel tempo;

29. in conclusione, va rigettato il ricorso principale e accolto il ricorso incidentale, la sentenza va cassata in relazione al ricorso accolto e, per essere necessario un ulteriore esame del gravame, la causa va rinviata alla Corte di appello indicata in dispositivo, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità;

30. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente principale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso incidentale, rigetta il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente principale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 7 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

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