Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22394 del 27/10/2011
Cassazione civile sez. VI, 27/10/2011, (ud. 05/10/2011, dep. 27/10/2011), n.22394
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
G.K.S. (OMISSIS), elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 49, presso lo Studio Legale
GIUFFRIDA, rappresentata e difesa dagli avvocati BARTOLOMEI ANDREA e
ROBERTO GIUFFRIDA, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
SOCIETA’ IL CORBEZZOLO HOTEL RISTORANTE DI PACI GIOVANNI & C. SAS
in
persona del legale rappresentante socio accomandatario, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEL VIMINALE 43, presso lo studio
dell’avvocato CERASA ETTORE M., rappresentata e difesa dall’avvocato
PALESTINI ADALBERTO, giusta procura speciale in calce al
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 254/2009 della CORTE D’APPELLO di ANCONA del
28.4.09, depositata il 18/07/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ANTONIETTA
CARESTIA.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., regolarmente comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti:
“1. – K.S.G. ricorre per la cassazione della sentenza n. 254/09 della Corte di appello di Ancona, pubblicata il 18.7.09, di reiezione del suo appello avverso la sentenza del Tribunale di Fermo del 7.10.08, con cui erano state rigettate le sue domande di risoluzione per vizi dei beni da lei affittati dalla soc. Il Corbezzolo – hotel ristorante di Paci Giovanni & C s.a.s. ed accolte le riconvenzionali in suo danno per il pagamento dei canoni di affitto, sospesi da essa G. con l’adduzione dell’inadempimento del locatore. La controparte deposita controricorso.
2. – Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio -ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 bis cod. proc. civ., essendo oltretutto soggetto alla disciplina dell’art. 360 bis cod. proc. civ. (inserito dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. a)) – per essere ivi rigettalo per manifesta infondatezza, alla stregua delle considerazioni che seguono.
3. – La G. sviluppa due motivi: un primo, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 4, per l’omesso rilievo dell’inammissibilità delle riconvenzionali della controparte, siccome non riformulate nell’ordinanza di mutamento del rito ai sensi dell’art. 426 cod. proc. civ.; un secondo, formalmente unico, articolato motivo, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3-4-5, relativo a cinque diverse doglianze e cioè: alla preesistenza e conoscibilità dei vizi degli immobili; alla carenza di imprescindibili autorizzazioni amministrative; alla mancata consegna del piano terra di un casolare pure oggetto del contratto; alla congruità del canone di affitto; alla pretermissione del materiale e delle richieste istruttori di essa ricorrente.
4. – La controricorrente contesta l’ammissibilità del ricorso, anche ai sensi dell’art. 360 bis cod. proc. civ., nn. 1 e 2, comunque partitamente confutando nel merito i singoli motivi.
5. – Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato: nessuna disposizione impone – e tanto meno a pena di ammissibilità – che nelle memorie integrative di cui all’art. 426 cod. proc. civ. vadano riprodotte domande ed eccezioni già in precedenza dispiegate, valendo anzi l’opposto e cioè che tutte le attività processuali fino a quel momento non espletate vanno compiute, stavolta sì a pena di decadenza, con dette memorie.
6. – Il secondo motivo è ora infondato, ora inammissibile:
– quanto al primo profilo, perchè la gravata sentenza fonda infine la valutazione di conoscenza dello stato dei beni sull’entità del canone, notevolmente inferiore a quello congruo, così superando l’obiettiva incertezza sull’epoca di insorgenza della riconoscibilità dei vizi da parte dell’affittuario: ed in merito all’entità del canone la ricorrente non svolge censure che possono ritenersi ammissibili;
– quanto al secondo profilo, perchè è ben vero che quanto meno il certificato di abitabilità o agibilità integra un elemento imprescindibile per la stessa possibilità di svolgere l’attività alla quale il bene locato è destinato (per tutte, v. Cass. 11 aprile 2006, n. 8409): ma – con violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – non è neppure dedotto, o comunque non è dedotto con adeguata indicazione e trascrizione dei passaggi e degli atti dei gradi di merito in cui la deduzione sarebbe avvenuta, che tale carenza abbia impedito di destinare in concreto il compendio affittato all’uso risultante dal contratto, parendo anzi che la G. abbia continuato a detenerlo;
quanto al terzo profilo, perchè l’esclusione del piano terra del casolare dall’oggetto del contratto – pacifica o comunque contestata non adeguatamente, mancando (in violazione del principio di autosufficienza del ricorso) l’integrale trascrizione del contenuto della relativa clausola contrattuale – è idonea causa di esclusione di qualunque inadempimento del locatore in ordine alla consegna di quello: riguardando diverse condotte – ed obbligazioni non ritualmente dedotti in giudizio, essendosi insistito solo sulla mancata consegna – la cooperazione alla voltura delle utenze;
– quanto al quarto profilo, perchè, in violazione anche in questo caso del principio di autosufficienza del ricorso, non sono in esso riportati testualmente ed analiticamente i passaggi delle relazioni di consulenza tecnica di ufficio che si assumono viziati, nè le critiche della relazione di parte, nè le risultanze dei documenti sulla cui base si contestano le conclusioni di quella; e senza contare che la doglianza sull’assenza di termine per la formulazione di critiche non è sostenuta, anche stavolta in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, dalla trascrizione dell’ordinanza del g.i.;
quanto al quinto, perchè le risultanze e le richieste istruttorie si lamentano pretermesse, ma anche stavolta in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, visto che il richiamo ad esse è del tutto generico ed è operato senza la loro adeguata riproduzione, nè l’indicazione specifica dei luoghi e dei passaggi del giudizio di merito in cui sono state acquisite o formulate.
7. – Pertanto, si propone il rigetto del ricorso”.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. Non sono state presentate conclusioni scritte, nè memorie, nè alcuna delle parti ha chiesto di essere ascoltata in camera di consiglio.
3. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione.
Pertanto, ai sensi degli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso è rigettato, con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di legittimità nell’entità reputata equa come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna K.S.G., al pagamento, in favore della Il Corbezzolo – hotel ristorante di Paci Giovanni & C s.a.s., in pers. del leg. rappr.nte p.t., delle spese di lite del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 5 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2011