Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22393 del 06/09/2019
Cassazione civile sez. VI, 06/09/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 06/09/2019), n.22393
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28331-2018 proposto da:
A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato MARIA BASSAN;
– ricorrente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE
INTERNAZIONALE DI VERONA, SEZIONE DI PADOVA, MINISTERO DELL’INTERNO,
(OMISSIS), PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE;
– intimati –
avverso il decreto n. R.G. 62/2018 del TRIBUNALE di VENEZIA,
depositato il 16/08/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 04/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARINA
MELONI.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Venezia sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 16/8/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Monza in ordine alle istanze avanzate da A.F. nato in Nigeria il (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.
Il richiedente asilo aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona di essere fuggito dal proprio paese in quanto il padre aderente alla setta degli (OMISSIS) voleva costringerlo a succedergli minacciandolo di morte in caso di rifiuto. Avverso il decreto del Tribunale di Venezia ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente affidato ad un motivo.
Il Ministero dell’Interno non si è costituito.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale di Venezia, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente, non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria.
Il ricorso è privo di fondamento.
Il motivo proposto contiene una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento. La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).
Il Tribunale infatti ha ritenuto che le vicende riferite dal ricorrente non siano credibili, sia pure nell’ambito dell’onere probatorio cd. attenuato, in quanto il racconto reso era generico, confuso, lacunoso e privo di qualsiasi riscontro e pertanto, stante la non credibilità della narrazione della vicenda personale resa dal ricorrente, doveva escludersi l’esistenza di una situazione di pericolo e vulnerabilità legata alla situazione individuale dell’istante.
Il motivo in ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria si rileva pertanto inammissibile in quanto censurar senza peraltro alcun riferimento alla situazione individuale e senza nemmeno indicare specificamente i documenti o gli atti da prendere in considerazione, l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente. Del tutto generica inoltre si mostra la doglianza avverso il diniego di protezione umanitaria: il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dalla Corte di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.
Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla spese. Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, non essendo il ricorrente stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte di Cassazione, il 4 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2019