Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22392 del 26/09/2017
Cassazione civile, sez. VI, 26/09/2017, (ud. 19/07/2017, dep.26/09/2017), n. 22392
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19812/2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
D.A., D.V.Z.M., in qualità di eredi
della Sig.ra DO.FR., elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA A. VESSELLA n. 30, presso lo studio dell’avvocato PAOLO
PUCCIONI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
BELLOFIORE BRIOTTONE ALESSANDRO;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 382/5/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 22/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 19/07/2017 dal Consigliere Dott. MAURO MOCCI.
Fatto
RILEVATO
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., Delib. di procedere con motivazione semplificata;
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Milano. Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione di Do.Fr. avverso l’avviso di accertamento IRPEF, per l’anno 2005.
Diritto
CONSIDERATO
che il ricorso è affidato a tre motivi;
che, col primo, l’Agenzia assume la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: l’Ufficio avrebbe assolto l’onere probatorio su di esso incombente circa la sussistenza di incassi di corrispettivi non contabilizzati, sicchè la CTR avrebbe dovuto ritenere la presunzione per addivenire alla determinazione del reddito e, per converso, non ritenere dimostrata la prova contraria, sulla scorta di un semplice trasferimento da un conto all’altro;
che, col secondo, la ricorrente invoca la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1, n. 4 e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonchè dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, giacchè la CTR avrebbe mancato di esplicitare le ragioni poste a fondamento della decisione, limitandosi ad un semplice rinvio generico e per relationem al quadro probatorio acquisito in primo grado;
che, mediante il terzo, la ricorrente deduce omesso esame di un fatto decisivo, costituito dalla provenienza ed effettiva destinazione ai fini del finanziamento nonchè dai versamenti effettuati, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5;
che si sono costituiti con controricorso gli eredi dell’intimata D.A. e V.Z.M., eccependo l’inammissibilità del ricorso avversario per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 1;
che tale eccezione è fondata;
che, infatti, qualora nel corso del giudizio di appello la parte abbia avuto conoscenza processuale del decesso dell’altra parte attraverso la costituzione in giudizio degli eredi, il ricorso per cassazione deve, a pena di inammissibilità, essere indirizzato nei confronti degli eredi medesimi e non del deceduto, ancorchè l’atto di appello, in virtù dell’art. 300 c.p.c., sia stato legittimamente proposto nei confronti della parte originaria, senza che rilevi in contrario la circostanza che nella sentenza di appello risulti erroneamente, in epigrafe, ancora il nome della parte deceduta (Sez. L, n. 16365 del 20/08/2004);
che, nella specie, come da atto la stessa decisione impugnata, la Do. era deceduta nel corso del giudizio di secondo grado, che era stato interrotto, venendo poi riassunto dall’erede D.A.M.F.;
che il ricorso risulta intestato e notificato alla stessa Do., sia pure a mezzo di posta elettronica inviata al difensore costituito in appello;
che l’accoglimento dell’eccezione preliminare travolge il ricorso;
che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore dei controricorrenti, nella misura indicata in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 19 luglio 2017.
Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2017