Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22390 del 04/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 04/11/2016, (ud. 16/09/2016, dep. 04/11/2016), n.22390

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14079/2015 proposto da:

S.I., elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE

TRIONFALE 77, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO GUGLIOTTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE LO CARMINE, giusta

mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMPAGNIA ASSICURATRICE LINEAR SPA, F.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 552/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 24/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E’ stata depositata la seguente relazione.

“1. Il Tribunale di Siracusa, accogliendo in parte la domanda risarcitoria proposta da S.I., in qualità di terzo trasportato, nei confronti della Linear s.p.a. e di F.A., in relazione ad un sinistro stradale, liquidò in favore dell’attore la somma di Euro 28.320,68, tenendo conto che la società assicuratrice gli aveva già versato la somma di Euro 99.000 per lo stesso titolo.

2. La pronuncia è stata impugnata dal S. e la Corte d’appello di Catania, con sentenza del 24 aprile 2014, in parziale riforma di quella di primo grado, ha accolto in parte l’appello, ha condannato la società Linear al pagamento dell’ulteriore somma di Euro 600 a titolo di spese mediche ed ha compensato le spese del giudizio di appello.

3. Contro la sentenza d’appello ricorre S.I. con atto affidato ad un solo motivo.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato.

5. Con il primo ed unico motivo di ricorso si denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 e 2043 c.c., nonchè del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 137, in relazione al mancato riconoscimento del danno da perdita di chences.

5.1. Il motivo non è fondato.

Anche tralasciando il dato formale per cui il ricorso non contiene una vera e propria esposizione sommaria dei fatti di causa ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), nel merito si osserva che costituisce giurisprudenza pacifica di questa Corte il principio secondo cui l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno da lucro cessante o da perdita di “chance” esige la prova, anche presuntiva, dell’esistenza di elementi oggettivi e certi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità e non di mera potenzialità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile (sentenze 11 maggio 2010, n. 11353 e 10 dicembre 2012, n. 22376); accertamento che costituisce una tipica valutazione del giudice di merito.

Nella specie, la Corte d’appello ha compiuto il suddetto esame ed ha ritenuto che il danneggiato non aveva in alcun modo dimostrato “le concrete ed effettive occasioni favorevoli” di conseguimento di opportunità lavorative che erano soltanto auspicate, per cui tale voce di danno non poteva essere risarcita.

Ed è evidente che, a fronte di tale valutazione, il ricorso tende a sovrapporre una propria diversa lettura del materiale probatorio, finendo col ricostruire la fattispecie in termini di una sorta di danno in re ipsa che la giurisprudenza non ha in alcun modo riconosciuto.

6. Si ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Non sono state depositate memorie alla trascritta relazione.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni.

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati.

Sussistono tuttavia le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 16 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2016

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