Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22380 del 26/09/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 26/09/2017, (ud. 17/05/2017, dep.26/09/2017),  n. 22380

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9822/2012 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA,

che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

G.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NAPOLEONE III

28, presso lo studio dell’avvocato DANIELE LEPPE, rappresentato e

difeso dall’avvocato SERGIO BELLOTTI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1749/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/04/2011 R.G.N. 7628/2008;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza n. 1749/2011, la Corte di Appello di Roma ha confermato la pronuncia del 3.7.2007 emessa dal Tribunale della stessa città con la quale, in relazione al contratto di somministrazione intercorso tra Poste Italiane spa e la Inwork Italia spa in data 30.9.2004, ai sensi dell’art. 25 CCNL, per la “sostituzione dei lavoratori assenti per aspettativa, congedo, ferie, partecipazione ai corsi di formazione ovvero malattià e temporanea idoneità a svolgere la mansione assegnata”, la cui motivazione era stata indicata nei tre contratti di lavoro stipulati con Poste Italiane spa da G.D. (per i periodi 1.12.2004 – 15.1.2005 poi prorogato; 1.10.2005 – 31.1.2006; 1.2.2006 – 31.5.2006), era stata dichiarata l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dall’1.12.2004 con condanna della società a corrispondere le retribuzioni maturate dalla messa in mora fino alla riassunzione, oltre accessori;

che avverso tale decisione Poste Italiane spa ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi;

che G.D. ha resistito con controricorso;

che il P.G. formulato richieste scritte;

che sono state depositate memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso per cassazione, si censura: 1) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4 e art. 21, oltre che dell’art. 25 CCNL 11.7.2003 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte territoriale erroneamente affermato che Poste Italiane spa non avesse fornito la prova della sussistenza delle esigenze poste a fondamento del ricorso al lavoro del D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 20; 2) l’omessa e insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte distrettuale erroneamente ritenuto che dai prospetti documentali prodotti dalla società e dai capitoli di prova articolati non fossero stati forniti i dati necessari a dimostrare la legittimità del contratto di somministrazione impugnato; 3) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4 e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè, a differenza di quanto affermato dai giudici di seconde cure, nessuna norma impone all’impresa somministratrice di indicare il nominativo del lavoratore sostituito; 4) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè erroneamente la Corte di appello aveva fatto discendere dalla irregolarità del contratto di somministrazione la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l’utilizzatore D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 27,quando, invece, l’effetto sanzionatorio previsto dalla legge era solo quello della sostituzione di un soggetto ad un altro nel rapporto contrattuale; 5) la violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32 (art. 360 c.p.c., n. 3) per non essere stata ritenuta tale disposizione applicabile anche ai contratti di somministrazione;

che i primi tre motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono infondati perchè, anche a volere supporre l’astratta validità della causale, comunque essa non era stata provata, come correttamente notato dall’impugnata sentenza: infatti, in tema di somministrazione di manodopera, la mera astratta legittimità della causale, indicata nel relativo contratto, non basta a rendere legittima l’apposizione di un termine al rapporto, dovendo anche sussistere, in concreto, una rispondenza tra la causale enunciata e la concreta assegnazione del lavoratore a mansioni ad essa confacenti (cfr. in termine Cass. 9.9.2013 n. 20598);

che le censure circa il mancato rispetto dell’onere di allegazione e prova da parte dell’utilizzatore, a prescindere dall’improprio richiamo all’art. 360 c.p.c., n. 5, sono infondate perchè la Corte di merito ha affermato che il Tribunale non aveva ammesso la prova per la mancata specifica deduzione nella memoria delle ragioni poste a base del contratto e che, quindi, i capitoli di prova per testi non erano utili a dimostrarle e che, quanto alla prova documentale, non era possibile comprendere la mansioni del personale assente, nè i dipendenti sostituiti o almeno il loro numero e i giorni di assenza;

che l’affermazione della mancata indicazione del nominativo costituisce, quindi, solo un profilo incidentale e non decisivo in ordine al rigetto del capitolo di prova;

che le doglianze si risolvono, pertanto, in una rivisitazione del merito non consentita nella presente sede di legittimità ove è possibile solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza scegliendo quelle maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (cfr. Cass. Sez. Un. n. 5802/1998);

che il quarto motivo è infondato perchè, se è vero che il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 21, prevede espressamente la sanzione della nullità in caso di difetto di forma scritta del contratto di somministrazione e che il successivo art. 27, comma 1, stabilisce che, quando la somministrazione di lavoro sia avvenuta al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui ai precedenti art. 20, e art. 21, comma 1, lett. a), b), c), d) ed e), il lavoratore può chiedere in via giudiziaria la costituzione di un rapporto alle dipendenze dell’utilizzatore con effetto dall’inizio della somministrazione, nondimeno la sanzione della nullità anche per indicazione omessa o generica della causale della somministrazione è nella logica del sistema, oltre che nel rilievo che dell’art. 21 cit., comma 1, lett. c), si riferisce appunto all’indicazione della causale: d’altro canto, se non si versasse in ipotesi di nullità, non avrebbe senso il consentire al lavoratore l’azione per ottenere la costituzione del rapporto, ab origine, alle dipendenze dell’utilizzatore; inoltre, va rimarcato che gli elementi di cui del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 21, comma 1, lett. a), b), c), d) ed e), non sono derogabili dalle parti e, quindi, sono prescritti necessariamente a pena di nullità (cfr. Cass. 1.8.2014 n. 17540);

che il quinto motivo è, invece, fondato perchè l’indennità prevista dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32 comma 5, è applicabile a qualsiasi ipotesi di conversione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato e, dunque, anche nel caso di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore che abbia chiesto ed ottenuto l’accertamento della nullità di un contratto di somministrazione di lavoro, convertito in contratto a tempo indeterminato tra lavoratore e utilizzatore della prestazione (Cass. n. 13404/2013; Cass. n. 17540/2014);

che, pertanto, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà limitarsi a quantificare l’indennità spettante all’odierna parte intimata ex art. 32 cit., per il periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (cfr. per tutte Cass. n. 14461/2015), con interessi e rivalutazione su detta indennità da calcolarsi a decorrere dalla data della pronuncia giudiziaria dichiarativa della illegittimità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro subordinato (cfr tra le altre Cass. n. 3062/2016).

PQM

 

La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2017

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