Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22376 del 04/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 04/11/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 04/11/2016), n.22376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23990/2015 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore Centrale Entrate, in proprio e quale procuratore speciale

della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (S.C.I.I.),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati LELIO MARITATI, ANTONINO SGROI, GIUSEPPE MATANO, CARLA

D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

R.M.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 724/2015 del TRIBUNALE di FOGGIA del

27/03/2015, depositata l’01/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA

BARRECA;

udito l’Avvocato Lelio Maritato difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1.- Con la sentenza impugnata il Tribunale di Foggia ha accolto l’opposizione agli atti esecutivi proposta avverso l’ordinanza resa dal giudice dell’esecuzione per obblighi di fare, con la quale questi aveva dichiarato cessata la materia del contendere (avendo l’INPS adempiuto all’obbligo di iscrivere la parte, qui intimata, negli elenchi anagrafici degli operai agricoli) e compensato le spese del processo esecutivo. Il Tribunale, dato atto di detta iscrizione, ha tuttavia condannato l’INPS al pagamento delle spese e competenze del processo esecutivo, comprese quelle dell’atto di precetto, liquidate nell’importo di Euro 1.700,00, oltre accessori, da versarsi in favore del procuratore antistatario, avv. T.A., condannando l’INPS anche al pagamento delle spese del giudizio di opposizione, liquidando la somma Euro 4.100,00 per compensi, oltre spese ed accessori, con distrazione in favore dello stesso avvocato.

Il ricorso è proposto con quattro motivi. L’intimata non si difende.

2.- Preliminare ed assorbente è l’esame del secondo motivo, col quale è dedotta nullità della sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 617 c.p.c., comma 2, artt. 618 e 289 c.p.c..

Il ricorrente riporta l’ordinanza conclusiva della fase sommaria del giudizio di opposizione, in data 15 aprile 2014, con la quale il giudice dell’esecuzione aveva fissato il termine perentorio di giorni sessanta dalla comunicazione dell’ordinanza per l’introduzione del giudizio di merito. Quindi, espone che, anzichè osservare questo termine, l’opponente si era rivolto direttamente al Tribunale, in sede contenziosa, con istanza in data 13 maggio 2014 ed il giudice designato per la trattazione del merito, asserendo che il giudice dell’esecuzione non avesse fissato il termine per l’introduzione, aveva, con ordinanza del 16 maggio 2014, fissato l’udienza del 9 luglio 2014, assegnando il termine di legge per notificare istanza e decreto; che, infine, il ricorso era stato notificato in data 9 dicembre 2014.

Dati questi fatti processuali, l’Istituto ricorrente deduce la violazione dell’art. 289 c.p.c., oltre che delle altre norme di rito richiamate, perchè, come da giurisprudenza di legittimità riportata in ricorso, l’ordinanza integrativa avrebbe potuto essere emessa soltanto nel caso in cui un termine non fosse stato assegnato ai sensi degli artt. 617 e 618 c.p.c., ma avendo il giudice dell’esecuzione assegnato, come detto, il termine di sessanta giorni, l’opponente avrebbe dovuto osservare il termine stesso.

2.1.- Il motivo è manifestamente fondato.

Va fatta applicazione del principio per il quale a norma dell’art. 618 c.p.c. (nel testo attualmente vigente), l’introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione, all’esito dell’esaurimento della fase sommaria, deve avvenire con la forma dell’atto introduttivo relativa al rito con cui va trattata l’opposizione nella fase a cognizione piena, sicchè ove si applichi ex art. 618 bis c.p.c., comma 1, il rito del lavoro, il giudizio di merito va introdotto con ricorso da depositare nella cancelleria del giudice competente entro il termine perentorio fissato dal giudice. (Cass. n. 27527/14).

Pertanto, nel caso di specie, il ricorso dell’opponente avrebbe dovuto essere depositato nella cancelleria del giudice competente entro sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione. La procedura seguita, invece, dalla parte qui intimata è del tutto svincolata dalle previsioni normative su citate e, comunque, ha comportato che non vi sia stato alcun ricorso in opposizione regolarmente depositato entro il termine perentorio di sessanta giorni, assegnato ai sensi degli artt. 617-618 e 618 bis c.p.c., tanto che alla fine il ricorso della parte opponente risulta essere stato soltanto notificato (ben oltre il termine di sessanta giorni), senza che risulti previamente depositato nel termine perentorio anzidetto.

Il Tribunale adito in sede di merito avrebbe dovuto rilevare il mancato rispetto di detto termine, dichiarando inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi per tardiva instaurazione del giudizio di merito.

La sentenza che ha invece accolto l’opposizione è affetta da nullità.

Si propone perciò l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, con le statuizioni consequenziali ed eventuale decisione di merito”.

La relazione è stata notificata come per legge.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto della relazione.

Ha rilevato, altresì, che, essendo l’opposizione agli atti esecutivi un rimedio esperibile nel termine perentorio di venti giorni dalla pronuncia del provvedimento impugnato, il modus procedendi seguito nella specie, ove reputato regolare, finirebbe per disapplicare la norma dell’art. 617 c.p.c., consentendo alla parte opponente di procrastinare sine die la propria impugnazione. Pertanto, si dovrebbe comunque giungere alla conclusione di inammissibilità dell’opposizione anche ove si dovesse ritenere che con le “istanze” di cui è detto in ricorso, direttamente rivolte al giudice designato per la trattazione del merito, la parte opponente avesse inteso proporre ex novo la propria opposizione: si tratterebbe, infatti, di un atto introduttivo avanzato dinanzi ad un giudice diverso da quello individuato dal codice di rito (che è il giudice dell’esecuzione) e, per di più, ben oltre il termine di venti giorni dalla conoscenza dell’atto esecutivo opposto.

In conclusione, il secondo motivo di ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata.

Restano assorbiti i motivi restanti.

Poichè non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte decide nel merito. Dato quanto sopra, dichiara inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi proposta dalla parte qui intimata.

L’INPS non ha diritto al rimborso delle spese per il giudizio di merito, in quanto contumace.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi proposta dalla parte qui intimata. Nulla sulle spese del giudizio di merito.

Condanna la parte intimata, R.M.P., al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore dell’INPS. nella somma di Euro 3.000.00, oltre rimborso del contributo unificato ed Euro 200,00 per esborsi, nonchè spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2016

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