Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22372 del 06/09/2019

Cassazione civile sez. I, 06/09/2019, (ud. 14/05/2019, dep. 06/09/2019), n.22372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria C. – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27261/2013 proposto da:

Centro Medico Specialistico Snc (OMISSIS) in persona legale

rappresentante: P.A., elettivamente domiciliato in Roma L.go

Del Teatro Valle 6 presso lo studio dell’avvocato Bracci Luciano

Filippo che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Aiudi

Bruno;

– ricorrente –

contro

Asur Marche Zona Territoriale 3 Fano;

– intimato –

nonchè contro

Asur Marche Zona Territoriale 3 Fano, elettivamente domiciliato in

Roma Via Flaminia 213 presso lo studio dell’avvocato Reboa Romolo

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Giammattei

Maria Giovanna;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 163/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 15/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/05/2019 da MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Centro Medico Specialistico di M.Sensale e C. snc titolare di un rapporto di convenzione con l’Azienda Sanitaria Locale n. (OMISSIS) di Fano (oggi ASUR Marche zona territoriale 3 Fano, d’ora in poi ASUR) convenne in giudizio l’ASUR davanti al Tribunale di Pesaro lamentando il mancato pagamento delle prestazioni di radiologia eseguite a favore degli assistiti del Servizio Sanitario Nazionale. Il Tribunale di Pesaro respinse la domanda con sentenza confermata dalla Corte di Appello di Ancona sul presupposto che la struttura sanitaria privata, che chiedeva il pagamento in virtù di un rapporto di natura concessoria con l’ente pubblico, non aveva adempiuto all’onere di dimostrare oltre all’effettiva esecuzione della prestazione, anche la sussistenza di tutti i presupposti di legge per il rimborso ed in particolare: la mancanza di irregolarità in ordine all’esenzione dal ticket, la regolarità sostanziale dell’attività, la mancata alterazione delle impegnative con prestazioni sanitarie non rese.

Avverso la suddetta sentenza della Corte di Appello di Ancona propose ricorso per cassazione il Centro Medico Specialistico di M. Sensale e c. snc affidato a cinque motivi. Asur resiste con controricorso e memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente Centro medico specialistico snc lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8 quinquies, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il giudice di merito ha qualificato il rapporto come concessione di pubblico servizio mentre al contrario si trattava di un atto negoziale di natura privata.

Il motivo è infondato e deve essere respinto. Infatti per giurisprudenza consolidata di questa Suprema Corte i rapporti fra le AUSL e le case di cura o le strutture minori quali ambulatori, laboratori o gabinetti specialistici vanno qualificati come concessioni di pubblico servizio sia nel previgente regime convenzionale che in quello nuovo dell’accreditamento onde permangono tra l’altro in capo alla P.A. i poteri autoritativi di controllo, indirizzo e verifica da parte delle Regioni e delle ASL (Cass. 2005/ 603, 2005/ 14335 e 2005/ 285011.

Sul punto più recentemente Cass. S.U. n. 473 del 14/01/2015 e Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17711 del 06/08/2014 in ordine alla natura concessoria del rapporto: “Nell’ambito del servizio sanitario nazionale, il passaggio dal regime di convenzionamento esterno al nuovo regime dell’accreditamento – previsto dal D.Lgs. n. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8, e poi integrato dalla L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 6, – non ha modificato la natura del rapporto esistente tra la P.A. e le strutture private, che rimane di natura sostanzialmente concessoria. Ne consegue che non può essere posto a carico delle Regioni alcun onere di erogazione di prestazioni sanitarie in assenza di un provvedimento amministrativo regionale che riconosca alla struttura la qualità di soggetto accreditato ed al di fuori di singoli e specifici rapporti contrattuali, restanto irrilevante, ai fini del compenso, la mera prosecuzione dell’attività, ancorchè sorretta da provvedimenti amministrativi della Regione, in relazione ad una convenzione ormai definitivamente caducata per effetto del citato D.Lgs., art. 8, comma 7, che ha comportato, alla data del 30 giugno 1996 (termine così prorogato dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 2, comma 7), la cessazione di tutti i rapporti contrattuali vigenti”.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e si duole per l’inversione probatoria a cui ha dato adito nella specie il giudicante d’appello per la violazione dell’art. 2697 c.c., perchè il giudice di merito ha ritenuto che il Centro Medico Specialistico snc avesse l’onere di provare una serie di fatti negativi e cioè: la mancanza di irregolarità in ordine all’esenzione dal ticket, la regolarità sostanziale dell’attività, la mancata alterazione delle impegnative con prestazioni sanitarie non rese o non prescritte dal medico curante, etc. mentre tali fatti negativi costituivano piuttosto eccezioni la cui prova doveva gravare invece sull’Amministrazione convenuta ai sensi dell’art. 2697 c.c., comma 2.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè omessa motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, perchè il giudice di merito ha ritenuto non assolto l’onere probatorio posto a carico del Centro sebbene quest’ultimo avesse documentato i fatti costitutivi della domanda, anche con prova testimoniale e cioè il tipo di prestazione prescritta dal medico, l’importo corrisposto e la posizione assistenziale.

Il secondo e terzo motivo proposto sono infondati e devono essere respinti.

In tema di riparto dell’onere probatorio nelle azioni di inadempimento di un’obbligazione tra i soggetti del rapporto obbligatorio vige il principio secondo il quale il creditore che agisca per l’adempimento deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi poi ad allegare la circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre al debitore convenuto spetta la prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova è applicabile quando è sollevata eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 c.c., (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poichè il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione) Anche quando sia dedotto l’inesatto adempimento dell’obbligazione, al creditore istante spetta la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento, gravando ancora una volta sul debitore la prova dell’esatto adempimento, quale fatto estintivo della propria obbligazione” (Sez. 3, Sentenza n. 826 del 20/01/2015).

Nella fattispecie la ASL, soggetto debitore in ordine al pagamento delle prestazioni erogate agli assistiti, ha formulato una ipotesi di “exceptio inadimpleti contractus” e di inesatto adempimento da parte del soggetto creditore in quanto ha eccepito la sussistenza di una circostanza impeditiva della esigibilità del credito azionato dal Centro a fronte della quale tornava nuovamente ad incombere sul Centro l’onere di provare l’infondatezza degli elementi impeditivi al pagamento opposti dal debitore. Infatti la Asur Marche fin dal giudizio di primo grado aveva formulato numerose eccezioni, in ordine al mancato pagamento delle fatture attinenti al periodo maggio 1996/agosto 1998, dipeso da alterazioni delle impegnative con prestazioni aggiuntive ed irregolarità contabili costituenti truffa ai danni della Asur tanto che anche il TAR Marche con le due sentenze 64/2003 e 1315/2003 ambedue passate in giudicato aveva riconosciuto la legittimità della sospensione/revoca della convenzione disposta a fronte delle alterazioni ed irregolarità contabili a tutto il mese di marzo 1998. Inoltre dalla relazione ispettiva in data 5/6/98 risultava un ingente danno patrimoniale arrecato alla ASUR a causa delle alterazioni delle impegnative ed irregolarità contabili di vario genere riscontrate dagli ispettori per il periodo azionato.

Alla luce delle eccezioni proposte dal debitore incombeva sul creditore secondo i principi sopra enunciati dimostrare l’infondatezza degli elementi impeditivi che hanno indotto la ASUR a bloccare e poi negare i pagamenti delle presunte prestazioni per cui esattamente la Corte territoriale ha ritenuto che, secondo il riparto dell’onere probatorio relativo alla pretesa dell’odierna ricorrente, al Centro di analisi oggi ricorrente spettasse non solo la prova – quale fatto costitutivo del diritto esercitato – dell’esistenza del rapporto di accreditamento e dell’esecuzione delle prestazioni per le quali era chiesto il rimborso ma anche la prova dell’assenza delle irregolarità e contraffazione delle impegnative contestate, avendo la ASL eccepito e documentalmente dimostrato il fatto impeditivo dell’accoglimento della pretesa azionata, al fine di paralizzare il titolo vantato dalla controparte.

Con il quarto motivo il ricorrente lamenta omessa motivazione ed omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex artt. 112 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, sotto il profilo della novità della prova. Il motivo è infondato e deve essere respinto avendo lo stesso ricorrente riferito che il capitolo di prova richiesto non era stato da lui formulato in primo grado.

Il quinto motivo, con il quale il ricorrente lamenta omessa motivazione ed omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex artt. 112 e 345 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, sotto il profilo della indispensabilità della prova, è assorbito.

Per quanto sopra deve essere respinto il ricorso proposto con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Rigetta i primi quattro motivi di ricorso, assorbito il quinto. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore della controricorrente che si liquidano in Euro 7.200,00 oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 1 sezione civile, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2019

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