Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22371 del 15/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/10/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 15/10/2020), n.22371

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

Dott. NOVIK ADET Toni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24859/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

Contro

CIT-Compagnia Italiana Turismo s.p.a., in amministrazione

controllata, in persona del Commissario straordinario e l.r.,

rappresentata e difesa dall’avv.to Livia Salvini, elett. dom. presso

lo studio della medesima, in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 11;

e

CIT Viaggi s.p.a, in amministrazione controllata, in persona del

Commissario straordinario e l.r., rappresentata e difesa dall’avv.to

Livia Salvini, elett. dom. presso lo studio della medesima, in Roma,

viale Giuseppe Mazzini, 11;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

nonchè

Equitalia Nord s.p.a., in persona del l.r. pro-tempore;

– intimata – non costituita –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 1179/14, depositata il 10 marzo 2014, non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 febbraio

2020 dal Consigliere Novik Adet Toni.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

L’Agenzia delle Entrate con ricorso per cassazione notificato il 20.10.2014, alla società CIT Viaggi s.p.a. in amministrazione straordinaria e, ove necessario, a CIT Compagnia Italiana Turismo s.p.a. in amministrazione straordinaria nonchè a Equitalia Nord s.p.a., espone quanto segue:

– dal controllo automatizzato, D.P.R. n. 600 del 1973 ex artt. 36 bis e 54 bis, dei dati esposti nel modello 770/S era emerso secondo l’Ufficio l’omesso/insufficiente versamento di diverse ritenute, oltre a versamenti tardivi rispetto ai mesi di competenza. Il Concessionario della riscossione aveva conseguentemente notificato alla società contribuente la cartella di pagamento n. (OMISSIS);

– con ricorso alla C.T.P. di Milano la società, dopo che era stato impugnato con separato ricorso il ruolo, chiedeva anche l’annullamento di tale cartella, evidenziando di aver commesso una serie di errori di compilazione delle dichiarazioni annuali 2006 e 2007, ma di aver proceduto a sanarli con dichiarazioni integrative del 15 luglio 2011 e del 12 agosto 2011;

– l’Ufficio costituitosi rilevava che la ricorrente non contestava gli omessi versamenti relativi ai vari moduli del quadro ST (ritenute di Euro 311,21, 1.568,15, 182,53, 1.376,76, 1666,29, 2.630,07, 566,12 con relativi interessi e sanzioni), circostanza da cui, secondo l’Ufficio, discendeva la definitività della ripresa operata. Eccepiva poi la tardività delle dichiarazioni integrative, presentate ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, secondo cui le dichiarazioni integrative a favore del contribuente devono essere presentate non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo;

– la Commissione tributaria provinciale di Milano, riuniti i ricorsi avverso il ruolo e la cartella, li accoglieva parzialmente, recependo la tesi difensiva della contribuente, fondata sulla disposizione del D.P.R. n. 322 del 1988, artt. 8 e 2, e dal riferimento alla giurisprudenza di legittimità (a partire da Cass. S.U. n. 15603/2002), secondo cui anche gli errori sfavorevoli alla parte dichiarante possono essere sanati con dichiarazione integrativa da presentare nello stesso termine concesso all’ufficio, cioè entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione originale. Quanto all’eccezione dell’Ufficio relativa alla mancata contestazione degli omessi versamenti la CTP affermava che l’Ufficio nel riliquidare la cartella esattoriale considererà come definitivo l’accertamento dei versamenti del tutto omessi e non contestati dalla ricorrente con il calcolo delle conseguenti sanzioni e interessi;

– l’Ufficio proponeva appello ribadendo che la dichiarazione integrativa doveva essere presentata nel termine per la presentazione della dichiarazione del periodo di imposta successivo mentre nel caso specifico la dichiarazione integrativa (per l’anno 2007) era stata presentata solo il 12 agosto 2011 e cioè due anni dopo la scadenza del termine.

Con sentenza n. 1179/2014 la Commissione tributaria regionale di Milano ha confermato la decisione di primo grado e compensato le spese processuali. Si legge nella motivazione della CTR quanto alla ricostruzione del fatto:

“La C.T.P. di Milano accoglieva parzialmente i ricorsi dei contribuenti avverso la cartella di pagamento n. (OMISSIS) IRPEF – LAV. DIP. 2007 e il ruolo n. (OMISSIS) IRPEF – altro 2007. Appellava l’Ufficio chiedendo che venisse riformata la sentenza impugnata con conseguente conferma della legittimità della cartella di pagamento e del ruolo. Si costituiva il contribuente controdeducendo e chiedendo la conferma della sentenza di primo grado”.

La CTR ha così esposto i motivi della decisione:

“Le società appellate presentavano nel 2011 dichiarazioni integrative del modello 770S/2008 in cui ricostruivano i versamenti effettuati. L’Ufficio ritiene tali dichiarazioni tardive in quanto presentate oltre il termine previsto dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, e conseguentemente non considera i crediti risultanti dalle integrative stesse, pur non contestandoli. L’Agenzia delle Entrate con il comunicato stampa del 25.6.2013 ha modificato la circolare 6 agosto 2012, n. 34/E, che illustra la circolare n. 21/E in cui è prevista la procedura di riconoscimento del credito; l’Ufficio anzichè richiedere il pagamento e successivamente procedere al rimborso, può direttamente riconoscere il credito effettivamente spettante e richiedere solo gli interessi, le sanzioni e le parti di credito non riconosciuto. Atteso che i contribuenti non hanno proposto appello relativamente agli importi cui sono stati condannati dalla sentenza di primo grado passata pertanto in giudicato su tali punti, l’Ufficio non ha mai disconosciuto gli ulteriori importi oggetto del presente contenzioso. Si è pertanto nella situazione di cui al sopra citato comunicato stampa cui ci si deve uniformare”.

L’Agenzia delle entrate ha presentato ricorso per la cassazione della decisione della CTR, sulla base di un unico motivo (violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), cui resistono le contribuenti società in amministrazione straordinaria C.I.T. Compagnia Italiana Turismo s.p.a. e C.I.T. Viaggi s.p.a, deducendo in via di ricorso incidentale e comunque, in via di controricorso, sulla violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis. Le controricorrenti depositano memorie difensive per l’udienza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– preliminarmente non si rilevano le cause di inammissibilità indicate dalle controricorrenti;

– non quella della carenza di interesse, atteso che la motivazione della CTR non integra una ragione della decisione diversa e autonoma rispetto alla violazione di legge denunciata con il ricorso. Se infatti la CTR ha fondato la sua pronuncia di rigetto, come affermano, nella memoria difensiva, le controricorrenti su una sorta di derubricazione dell’omissione dichiarativa in mera violazione formale, resta fermo il decisum di primo grado e a ben vedere anche la ratio decidendi e cioè l’insussistenza/irrilevanza della presentazione della dichiarazione integrativa oltre il termine di legge di cui al citato D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis;

– nemmeno sussiste inammissibilità per violazione del principio di autosufficienza essendo evidente la questione di diritto alla base del ricorso e cioè, specularmente, la rilevanza del mancato rispetto del predetto termine per la presentazione della dichiarazione integrativa;

– quanto alle deduzioni delle controricorrenti afferenti all’oggetto del contendere si tratta di un tema non emergente dalla motivazione del giudice di appello, dalla quale si ricava invece che l’unica questione dedotta era quella relativa all’efficacia della dichiarazione integrativa contestata dall’Amministrazione. Deve pertanto ritenersi che l’eccezione proposta dalle controricorrenti con riferimento, anche sotto questo profilo, alla pretesa violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sia stata inammissibilmente fondata sulla base di prospettazioni e difese introdotte per la prima volta in questa sede.

Venendo quindi all’esame del ricorso, l’Agenzia deduce, nella prospettiva dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8 bis, lamentando che la CTR non abbia rilevato la tardività, e quindi l’inefficacia, delle dichiarazioni integrative presentate dalla società oltre il termine previsto dalla normativa su richiamata secondo cui per il periodo d’imposta in questione il termine spirava “non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo”;

– la censura va accolta per le ragioni che seguono, seppure in una prospettiva ulteriore rispetto a quella dedotta dalla ricorrente;

– invero, risulta dalla sentenza impugnata che la società, dopo aver presentato il mod. 770S/2008 per l’anno 2007, successivamente, nel 2011 presentava una dichiarazione integrativa per sanare gli errori nei versamenti commessi nella presentazione della dichiarazione presentata per l’anno 2007, ben oltre il termine posto dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8 bis, sicchè sussiste la dedotta violazione di legge;

– come rilevato da parte controricorrente, questa Corte, a Sezioni unite, con sentenza resa in data successiva alla decisione impugnata, ha espresso il principio per cui, in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, se diretta ad evitare un danno per la P.A. (D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento e opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria (Cass. Civ., 30 giugno 2016, n. 13378). La società controricorrente ritiene pertanto che in base a questa pronuncia è stato definitivamente affermato il principio della piena emendabilità in giudizio della dichiarazione fiscale, a prescindere dall’eventuale inutile decorso del termine per la presentazione della dichiarazione integrativa a favore del contribuente;

– tuttavia va rilevato che, con detta decisione si è affermato che l’inosservanza del termine previsto dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, per la dichiarazione integrativa a favore del contribuente non esclude la possibilità per il contribuente di “opporsi” in sede contenziosa alla maggiore pretesa tributaria della amministrazione finanziaria nel rispetto del termine di decadenza;

– questa precisazione è stata ribadita successivamente da questa Corte affermando che “la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicchè, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili” (Cass. S.U. n. 17757 dell’8 settembre 2016 e Cass. sez. V civile nn. 4392 del 23 febbraio 2018, 8131 del 3 aprile 2018, n. 15459 del 13 giugno 2018);

– Inoltre come questa Corte ha affermato di recente “Il contribuente, autore di una dichiarazione inesatta a proprio danno, ove abbia dato seguito alla dichiarazione stessa, provvedendo a versare (in tutto o in parte) una somma più elevata rispetto a quella effettivamente dovuta, non può contrapporre, nella sede contenziosa, alla pretesa dell’Amministrazione l’esistenza di un diritto di rimborso ovvero di un credito per aver versato un importo erroneamente. In tal caso, invero, il contribuente ha l’onere di presentare apposita istanza di rimborso ovvero di riconoscimento di un credito d’imposta (ovvero ancora, di chiedere in detrazione l’eventuale eccedenza Iva) secondo le specifiche modalità e procedure previste dalla normativa vigente (quali il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, ovvero in relazione a specifiche previsioni quali il T.u.i.r., art. 14, comma 5, nonchè, in via residuale, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2), con l’osservanza dei termini stabiliti a pena di decadenza, salva la possibilità, in ipotesi, di impugnare l’atto di diniego opposto dall’Erario. (Cass. Sez. V civile, n. 5728/2018);

– non condivisibile, infine, è l’affermazione che si legge nel controricorso, ribadita nella successiva memoria, secondo cui la dichiarazione integrativa presentata dal contribuente non dovrebbe essere qualificata “a suo favore”, in quanto diretta a correggere errori formali e non a modificare la base imponibile: l’art, 2, comma 8-bis cit. prevede espressamente che la dichiarazione integrativa può essere presentata “per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito”. Gli errori commessi, pertanto, possono essere di due tipi: a favore o a sfavore del contribuente e possono riguardare indifferentemente il reddito o il debito/credito d’imposta. Nel caso in esame, posto che con la dichiarazione integrativa presentata il contribuente ha inteso correggere l’errore commesso nell’indicare il credito d’imposta scaturito da ritenute di lavoro, è indubbio che si sia in presenza di una dichiarazione integrativa a favore del contribuente e soggetta pertanto alla disciplina dell’art. 2, comma 8-bis;

– In definitiva sussiste la dedotta violazione di legge, sia pure alla luce delle considerazioni indotte dalla giurisprudenza formatasi dopo la proposizione del ricorso, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR per un nuovo esame finalizzato all’applicazione dei principi di cui sopra.

In via di ricorso incidentale, e comunque di controricorso, le contribuenti deducono violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis (art. 360 c.p.c., n. 3), laddove in ipotesi avesse “riconosciuto come legittimi (e quindi dovuti) gli interessi e le sanzioni richiesti con il ruolo di cui è causa, sul presupposto dell’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi mod. 770 S/2008;

– nonostante la ambivalente qualificazione della censura da parte delle controricorrenti essa risulta proposta come ricorso incidentale e come tale deve essere dichiarata inammissibile. Infatti, per effetto della pronuncia di appello, parte controricorrente era risultata totalmente vittoriosa, atteso il rigetto del gravame proposto dall’agenzia da parte del giudice di secondo grado. Per altro verso va osservato che con l’unico motivo si prospetta una questione di diritto relativa ad un mero passaggio della motivazione della sentenza, senza che, tuttavia, possa ritenersi che, sulla base di tale motivazione, sia stata adottata una pronuncia, preliminare o di merito, in ordine alla quale la controricorrente sia risultata soccombente e abbia acquisito la legittimazione alla proposizione, in questa sede, di un motivo di ricorso in via incidentale. In questa prospettiva manca dunque anche l’interesse giuridico ad impugnare la decisione della C.T.R. (vedi Cass. civ. sez. V, sent. 13 gennaio 2006, n. 640).

Conclusivamente all’accoglimento del ricorso principale, e alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi incidentali, consegue la cassazione della decisione impugnata e il rinvio della causa alla C.T.R. della Lombardia sez. di Milano che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio. Va infine dichiarato che le ricorrenti incidentali sono tenute al versamento del doppio del contributo unificato, ove lo stesso risulti dovuto.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibili gli incidentali, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia, sez. di Milano, che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza deì presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti incidentali, ove dovuto, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso incidentale citato D.P.R. ex art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

 

 

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