Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22371 del 06/09/2019

Cassazione civile sez. I, 06/09/2019, (ud. 30/04/2019, dep. 06/09/2019), n.22371

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15468/2014 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in Roma Via Cassiodoro 6

presso lo studio dell’avvocato Lepore Gaetano rappresentato e difeso

dall’avvocato Martelli Corrado giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune Di Milazzo, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma Via Crescenzio 62 presso lo studio dell’avvocato

Nicolosi Flavio e rappresentato e difeso dall’avvocato Briguglio

Carmelo per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

CURATELA FALLIMENTARE DELLA (OMISSIS) scarl;

– intimata –

avverso la sentenza n. 350/2013 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 07/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/04/2019 dal Dott. MELONI MARINA;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha chiesto il

rigetto del ricorso, inammissibile il primo motivo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato nel luglio 2003 D.A. proprietario di due aree site nel Comune di Milazzo interessate da procedure di esproprio disposto con ordinanza dal Sindaco del Comune di Milazzo n. 586 del 30/12/1996 su richiesta dell’ATI della L.R. n. 21 del 1985, ex art. 29) e di occupazione temporanea d’urgenza (ordinanza numero 7 del 30/1/1990 per la realizzazione dell’asse viario di raccordo tra lo svincolo autostradale (OMISSIS) e la città di (OMISSIS), convenne in giudizio davanti alla Corte di Appello di Messina il Comune di Milazzo nonchè la Curatela del Fallimento della (OMISSIS) società cooperativa a responsabilità limitata e la società Agnello Costruzioni srl onde ottenere il pagamento delle indennità relative ai terreni occupati e poi ablati (escludendo quelli restituiti in data 6/9/1993 in esecuzione dell’ordinanza numero 183 del 18/6/1993), data l’incongruità di quelle provvisorie offerte (ordinanza sindacale numero 398 del 2/9/1996) e non accettate. Si costituirono il Comune di Milazzo e la Agnello Costruzioni srl eccependo entrambi la propria carenza di legittimazione passiva mentre la Curatela del Fallimento della (OMISSIS) Scarl restava contumace. Espletata consulenza tecnica d’ufficio, il giudizio venne interrotto il 20.06.2011 per il sopravvenuto fallimento della Agnello Costruzioni srl e poi riassunto anche nei confronti delle curatele fallimentari che restavano contumaci.

Con sentenza n. 350 del 7.05.2013 la Corte di Appello di Messina dichiarò la carenza di legittimazione passiva del Comune di Milazzo, l’estromissione dal giudizio della Curatela del Fallimento (OMISSIS) Scarl nonchè la sopravvenuta improcedibilità della domanda nei confronti del Fallimento di Agnello Costruzioni spa.

La Corte evidenziava anche che con contratto del 14.12.1989 il Comune di Milazzo aveva affidato la costruzione dell’opera pubblica viaria in concessione traslativa della L.R. n. 21 del 1985, ex art. 42 (art. 27 bis) all’ATI costituita dalle società cooperativa (OMISSIS) e s.r.l. Agnello Costruzioni con capogruppo la (OMISSIS) alla quale, dopo il suo fallimento, era subentrata in via esclusiva la s.r.l. Agnello Costruzioni in virtù di novazione soggettiva del rapporto contrattuale per effetto di convenzione del 2 aprile 1997.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Messina il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Il Comune di Milazzo resiste con controricorso e memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo e quarto motivo di ricorso il ricorrente D.A. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello ha ritenuto che unico legittimato passivo alla domanda fosse l’Agnello Costruzioni spa, già società capogruppo ATI, e non anche o solo il Comune di Milazzo beneficiario dell’espropriazione e comunque responsabile per l’omessa vigilanza in ordine agli eventuali illeciti dell’impresa affidataria delle opere.

Con il secondo e terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L.R. Sicilia n. 21 del 1985, art. 42, ed art. 27 bis del contratto concessione in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto la Corte di Appello ha ritenuto che unica legittimata passiva alla domanda sarebbe stata l’Agnello Costruzioni spa, già società capogruppo ATI, poi fallita e non il Comune di Milazzo che aveva compiuto gli atti d’occupazione d’urgenza ed era beneficiario dell’espropriazione in virtù del rapporto contrattuale tra il Comune con l’ATI prima e poi soltanto con la Agnello Costruzioni spa oggi fallita, configurandolo come concessione in senso tecnico.

Il primo e quarto motivo di ricorso sono infondati.

La Corte d’appello di Messina ha correttamente escluso la titolarità dell’obbligo indennitario in capo al Comune di Milazzo attenendosi al condiviso orientamento già espresso da questa Corte (cfr. anche Cass. n. 2102 del 2002; n. 20505 del 2010; n. 25201 del 2011; n. 16623 del 2013; n. 10286 del 2014;n 13862 del 2016) secondo cui la L.R. Sicilia 29 aprile 1985, n. 21, art. 42, che stabilisce l’autonomia del concessionario della costruzione di opera pubblica, operante in nome proprio e per conto dell’ente beneficiario, implica che il concessionario assuma nei confronti dei terzi tutte le obbligazioni negoziali, indennitarie e risarcitorie derivanti dall’esecuzione dell’opera, escludendo ogni rapporto diretto tra i terzi e l’ente concedente. Va anche osservato che ove nella realizzazione dell’opera pubblica ci si avvalga della collaborazione di privati, non ha senso parlare di delega amministrativa intersoggettiva, professabile unicamente nei rapporti tra enti pubblici. Il rapporto di concessione è comunque idoneo a conferire l’esercizio di funzioni pubblicistiche, a svolgere, in particolare, le procedure espropriative in rappresentanza e sotto la sorveglianza del Comune, essendo la legge a connotare il rapporto di concessione, con l’attribuzione al concessionario degli oneri legati all’espropriazione. Proprio in riferimento alla L.R. Sicilia 29 aprile 1985, n. 21, art. 42, la giurisprudenza di questa Corte è costante, nell’attribuire l’obbligo del pagamento delle indennità espropriative all’impresa concessionaria e non all’ente territoriale, pur se beneficiario delle opere. Alla luce di tali principi, non rileva che il Sindaco abbia disposto l’occupazione e offerto l’indennità, trattandosi in tal caso di atti amministrativi non delegabili a privati, la cui istruttoria e preparazione compete tuttavia all’ente concessionario. D’altra parte “La tesi secondo cui la dichiarazione di fallimento del concessionario comporterebbe la reviviscenza della responsabilità di soggetti, la cui legittimazione passiva risulta esclusa si pone in netto contrasto con i principi dell’ordinamento, così come consacrati dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., comportando la paradossale abolizione di qualsiasi certezza giuridica ed una inaccettabile commistione fra problemi sorti nella fase di cognizione e questioni che attengono esclusivamente alla realizzazione, in fase esecutiva, di pretese che scaturiscono non già dal rapporto, bensì dalla sentenza definitiva intercorsa fra le parti” (in tema cfr. Sez. 1, Sentenza n. 10390 del 21/06/2012).

Nel secondo e terzo motivo la ricorrente afferma che non sussiste concessione traslativa tra Comune di Milazzo e ATI quanto piuttosto un contratto di mandato all’ATI con conferimento della mera rappresentanza dell’ente pubblico nell’esecuzione delle procedure amministrative ed espropriative in nome del concessionario ma per conto del concedente e pertanto contesta una pronuncia di estromissione in favore dell’amministrazione, essendo necessario a tal fine che la concessione abbia delegato i poteri e le funzioni connesse con l’espletamento della procedura ablatoria cosa che non sarebbe rinvenibile nella fattispecie.

I due motivi sono infondati. In sostanza parte ricorrente erroneamente contesta la ricostruzione operata dalla Corte territoriale in via interpretativa del contratto concessione e sollecita un’indagine di merito che è certamente inibita alla Corte di legittimità.

Infatti l’interpretazione di un contratto è riservata al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione adeguata e immune dalla violazione di quelle norme in particolare, l’art. 1362 c.c., comma 2, artt. 1363 e 1366 c.c. – dettate per l’interpretazione dei contratti mentre in tale prospettiva, la parte che denunzi in cassazione l’erronea interpretazione, in sede di merito, di un atto è tenuta, a pena di inammissibilità del ricorso, a indicare quali canoni o criteri ermeneutici siano stati violati.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore dei controricorrenti che si liquidano in Euro 4.200,00 oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 30 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2019

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