Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22370 del 06/09/2019

Cassazione civile sez. I, 06/09/2019, (ud. 03/10/2018, dep. 06/09/2019), n.22370

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Comune di Vastogirardi, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via Antonio Gramsci 24, presso

l’avv. Rita Matticoli che lo rappresenta e difende per procura

speciale in calce al ricorso (fax (OMISSIS); p.e.c.

avvrita.matticoli.pecavvocatiisernia.it);

– ricorrente –

nei confronti di:

Regione Molise, in persona del Presidente legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

e domiciliata presso i suoi uffici in Roma, in via dei Portoghesi 12

(p.e.c. crgs.rm.mailcert.avvocaturastato.it, fax n. (OMISSIS))

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Campobasso n. 93/2014

emessa il 25 marzo 2014 e depositata il 16 aprile 2014 R.G. n.

156/2011;

sentita la relazione in Camera di consiglio del cons. Bisogni

Giacinto.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. Il Comune di Vastogirardi ha convenuto in giudizio la Regione Molise per ottenere il pagamento della parte residua, pari a 26.506,86 Euro (Lire 51.324.430) del contributo finanziario (spettante in base al P.O.R. Molise 1989/1993, di cui alla L.R. del Molise n. 6 del 1992) concesso per il recupero di un edificio da destinare ad attività agrituristica (su approvazione del progetto esecutivo, con Delib. n. 2240 del 1995 del 25 maggio 1995 della Giunta Regionale, e concessione del finanziamento per l’importo di Lire 69.800.000, con Decreto 5 luglio 1995, n. 919, emanato dall’Assessorato competente). Ha infatti dedotto il Comune di non aver ricevuto per intero il finanziamento delle spese sostenute pari a Euro 36.048,69 (Lire 69.800.000) nonostante la loro attinenza all’intervento ammesso al finanziamento con la seguente motivazione contenuta nella determina dirigenziale regionale n. 9 del 14 luglio 1998 “vista la rendicontazione finale dei lavori di che trattasi, acquisita nei termini fissati dalla CEE; considerato che la CEE consente il pagamento solo ed esclusivamente delle spese sostenute entro il 31 dicembre 1997; rilevato dai mandati di pagamento che l’ente attuatore ha erogato al 31.12.1997 la somma complessiva di Lire 18.485.570”. Il Comune ritiene tale motivazione, posta alla base del rifiuto di corrispondere l’intero finanziamento, del tutto illegittima e ha impugnato pertanto la determina dirigenziale davanti al T.A.R. rilevando inoltre che alla data del 29 dicembre 1997 aveva proceduto alla liquidazione di tutte le spese sostenute per l’esecuzione dei lavori ad eccezione delle competenze professionali, deliberate ma non versate, oltre che per mancanza di fondi, perchè l’obbligo di procedere a tale pagamento era escluso dalla delibera di concessione del finanziamento e dall’allegato disciplinare. Il T.A.R del Molise, con sentenza n. 161/2001, ha accertato che il Comune aveva adempiuto agli obblighi di esecuzione dell’intervento e di rendicontazione della relativa spesa entro la data del 30 novembre 1997 (termine ultimo per l’invio del consuntivo delle spese sostenute, derivante dalla proroga richiesta dal Governo Italiano e accordata dalla decisione CEE/1788/1995) e pertanto ha affermato che la Regione avrebbe dovuto corrispondere al Comune l’intero finanziamento di 69.800.000 Lire entro il 31 dicembre 1997 mentre, equivocando sulla natura di quest’ultimo termine, ne aveva pretestuosamente omesso il pagamento. Infatti a giudizio del T.A.R. il termine del 31 dicembre 1997 (di cui alla citata decisione CEE/1788/1995) era previsto per il pagamento da parte dell’ente erogatore (nella specie la Regione) del finanziamento delle spese sostenute e rendicontate dall’ente attuatore (nella specie il Comune) a pena della perdita del contributo comunitario da parte dell’ente erogatore. Avverso questa decisione del T.A.R. Molise la Regione, deducendo preliminarmente il difetto di giurisdizione dell’A.G.A., ha proposto appello al Consiglio di Stato che, con sentenza n. 1989/2002, ha accolto l’eccezione. Di qui la citazione in giudizio davanti al Tribunale di Campobasso da parte del Comune di Vastogirardi che ha chiesto accertarsi il suo diritto a percepire l’intero importo del finanziamento concesso pari a Euro 36.048,69 (Lire 69.800.000) e, detratto l’importo già liquidato di 9.547,00 Euro (Lire 18.485.570), a percepire effettivamente la residua parte di Euro 26.506,86 (Lire 51.324.430). Inoltre il Comune ha dedotto che, non corrispondendo la Regione, prima del 31.12.1997, gli acconti maturati e dovuti in base al disciplinare di concessione del finanziamento aveva di fatto impedito al Comune privo di mezzi finanziari propri di effettuare tutte le spese ammesse al finanziamento comunitario entro il 31 dicembre 1997. In relazione a tale circostanza ha chiesto altresì di accertare la responsabilità della Regione e di condannarla al risarcimento del danno.

2. Si è costituita la Regione Molise che ha contestato di dover versare tale ulteriore finanziamento essendo la disciplina comunitaria assolutamente chiara nel porre un limite al finanziamento costituito dal non superamento della data del 31 dicembre 1997, per ciò che concerne l’effettività della spesa. Ha contestato altresì che fosse dovuto alcun acconto del finanziamento per le spese ancora da effettuare trattandosi di facoltà rimessa (dall’art. 9.1 del disciplinare) alla Regione qualora la stessa fosse nella disponibilità di fondi destinabili ad anticipare il finanziamento.

3. Il Tribunale di Campobasso, con sentenza n. 614/2010, depositata in data 8 novembre 2010, ha respinto la domanda del Comune di Vastogirardi.

4. La Corte di appello di Campobasso, con sentenza n. 93/2014, ha confermato la decisione di primo grado.

5. Ricorre per cassazione il Comune di Vastogirardi affidandosi a sei motivi illustrati da memoria difensiva.

6. Si difende con controricorso la Regione Molise.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che:

7. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 9.2 punto a) del disciplinare di concessione quale lex specialis. Il Comune ricorrente censura l’omessa valutazione, da parte dei giudici del merito, della mancata e ingiustificata erogazione della prima rata del finanziamento concesso al Comune e della incidenza che tale mancata erogazione ha avuto sulla tempestività della effettuazione della spesa complessiva. Il Comune contesta anche il riferimento alla disposizione del disciplinare che subordinava alla disponibilità finanziaria della Regione l’erogazione degli acconti in quanto già dal bilancio 1995 la Regione aveva iscritto lo specifico capitolo di spesa.

8. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del regolamento CE/2083/1993 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Il Comune ritiene che la Corte di appello abbia erroneamente identificato nel Comune e non nella Regione il destinatario finale del finanziamento mentre è pacifico che fosse la Regione l’ente in diretto rapporto con la Commissione Europea e chiamato all’erogazione del finanziamento. Da tale erronea qualificazione secondo il Comune discenderebbe la erronea applicazione dell’art. 21 del regolamento comunitario citato e la erronea qualificazione del termine del 31 dicembre 1997 come termine operante nei confronti del Comune anzichè della Regione.

9. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al regolamento CE/4253/1988 e s.m.i. e in particolare del regolamento CE/2082/93 art. 21 e art. 24 nonchè del disciplinare di concessione quale lex specialis. Il Comune contesta l’interpretazione dell’espressione “consuntivo delle spese complessivamente sostenute” recepita dalla Corte di appello secondo cui esse sarebbero esclusivamente quelle materialmente pagate (entro il 31 dicembre 1997) e ritiene che debba invece ricondursi l’espressione alla funzione realizzata con la rendicontazione delle spese sostenute. Imputa comunque alla Regione di non aver chiarito al Comune che fosse necessaria l’esibizione di documentazione contabile di riscontro attestante l’esistenza di spese regolarmente quietanzate.

10. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del regolamento CE/2083/1993 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Il Comune sostiene l’erroneità della affermazione della Corte di appello secondo cui solo il meccanismo del vincolo di effettività (e tempestività) della spesa come condizione per l’erogazione del finanziamento sia in grado di realizzare l’esigenza di garantire l’efficacia del controllo previsto dall’art. 23 del regolamento comunitario citato. Secondo il Comune anzi tale affermazione comporta una compromissione della reale funzione del controllo che è quella di garantire la coerenza della spesa all’intervento da realizzare.

11. Con il quinto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in riferimento alla L.R. 14 luglio 1979, n. 19, art. 15 e s.m.i. e in particolare della L.R. n. 12 del 1993, art. 5 e della L.R. n. 2 del 2012 nonchè del disciplinare di concessione. Il Comune sostiene che proprio quanto alle spese tecniche professionali risulta con evidenza che la necessità di garantire alla Regione il pieno espletamento del proprio ruolo di controllo è in contraddizione con la rigida interpretazione della normativa citata nel senso di richiedere la documentazione della effettività della spesa entro la data del 31 dicembre 1997 dovendosi collegare la definitiva determinazione delle spese tecniche alla approvazione del certificato di collaudo, al potere di determinazione e liquidazione spettante alla Regione, oltre che all’ottenimento del visto di congruità del competente ordine professionale.

12. Con il sesto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla disposizione di cui all’art. 21 del regolamento CE/2082/1993 nonchè in relazione al T.U.E.L. n. 267 del 2000, artt. 191 e seguenti. Secondo il Comune ricorrente la Corte di appello ha esercitato un arbitrario sindacato sulle modalità di gestione finanziaria da parte del Comune quando ha affermato che il Comune avrebbe potuto ricorrere a procedure di indebitamento al fine di sopperire alle proprie carenze finanziarie e procedere alla totale liquidazione delle spese rendicontate entro il termine del 31 dicembre 1997.

Ritenuto:

che

13. Il ricorso, i cui motivi sono da esaminare unitariamente per la loro stretta connessione logica e giuridica, è fondato.

14. La Corte di appello non ha valutato il rapporto intercorso fra il Comune e la Regione nella sua complessità e ha finito per incentrare la propria decisione sulla sola questione della valenza del termine del 31 dicembre 1997 senza considerare che l’intervento diretto alla valorizzazione del patrimonio immobiliare a fini agrituristici si inseriva nel piano regionale P.O.R. rispetto al quale la Regione Molise non aveva un ruolo di mero intermediario e erogatore dei finanziamenti comunitari. Per altro verso non è stata adeguatamente valutata la finalità del controllo attribuito alla Regione dalla normativa comunitaria sulla effettività della spesa, controllo che non può avere un contenuto di mera verificazione del rispetto dei tempi di spesa ma trova la sua ragione nel consentire alle istituzioni Europee un più agevole riscontro non solo della effettività della spesa in tempi determinati` ma anche e logicamente della effettiva realizzazione dell’intervento ammesso al finanziamento e della congruità e pertinenza delle spese effettivamente sostenute. Si tratta quindi di un esercizio complesso e che non si esaurisce in un solo atto proprio in quanto inteso a verificare l’esecuzione dell’intervento nei tempi programmati e secondo le modalità di attuazione e l’impegno di spesa previsti.

15. Alla luce di queste considerazioni deve quindi rilevarsi come l’argomento per cui gli acconti in corso di esecuzione dell’intervento fossero condizionati dall’art. 9.2 (punto a) del disciplinare alla disponibilità finanziaria non può significare che il Comune e la Regione abbiano attribuito una piena discrezionalità a quest’ultima nel corrispondere o meno gli acconti. Allo stesso modo non può significare esenzione della Regione dall’onere di provare la mancanza di disponibilità finanziarie. Del resto non è contestato che la Regione abbia iscritto uno specifico capitolo di spesa nel proprio bilancio già da prima dell’attuazione dell’intervento.

16. Quanto invece alla questione della effettività della spesa la sentenza della Corte di appello ha sottovalutato il ruolo del controllo attribuito alla Regione per le ragioni sopra dette e ha finiti per recepire una interpretazione formalistica sia dell’espressione “spese effettivamente sostenute” che della funzione da attribuire al termine del 31 dicembre 1997. Infatti quello che sembra imprescindibile nel meccanismo comunitario di attribuzione del finanziamento è il controllo sull’effettiva realizzazione dell’intervento nei tempi programmati e imposti. Profilo che nella specie non appare valutato dalla Corte di appello. Da ciò discende che se l’avvenuto pagamento soddisfa evidentemente la necessità di provare nei confronti dell’ente finanziatore l’effettività della spesa i tuttavia il completamento dell’intervento nei tempi previsti soddisfa comunque l’accertamento delle prestazioni di cui l’ente attuatore si è avvalso effettivamente e dei criteri per la loro remunerazione e per la loro rendicontazione. Sotto questo profilo va ritenuta pertinente la difesa di parte ricorrente che richiamando la sentenza del T.A.R., ritiene che il termine del 31 dicembre operasse piuttosto nei confronti della Regione una volta che il Comune aveva rendicontato la spesa relativa a una prestazione già acquisita e soggetta a un iter liquidatorio non completamente nella sua potestà ma soggetto al controllo diretto da parte della Regione e a quello esterno degli ordini professionali. Sostanzialmente quindi la spesa era stata attuata e rendicontata da parte del Comune e sebbene non materialmente effettuata era certa nell’an e soggetta, quanto alla sua liquidazione, all’iter previsto dalla stessa normativa comunitaria e del disciplinare, intesa proprio a una più puntuale valutazione di congruità non effettuabile ex ante. Sicchè alla data di scadenza imposta dalla decisione Europea risultava non solo certa l’effettuazione della spesa ma anche che la stessa era soggetta all’iter determinativo del suo ammontare, previsto dagli strumenti di regolamentazione del rapporto fra ente attuatore e ente erogatore, con evidenti effetti anche sulla successiva ineludibilità del pagmento da parte del Comune.

17. Alla luce di queste considerazioni il ricorso deve considerarsi come si è detto fondato e implica una nuova valutazione, da parte della Corte di appello, degli elementi istruttori acquisiti che dovrà tenere conto della effettiva regolamentazione del rapporto di finanziamento esistente fra la Regione e il Comune e della ratio sottesa alla imposizione delle modalità e dei tempi di documentazione delle spese effettivamente sostenute.

18. Il ricorso va pertanto accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di appello di Campobasso che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Campobasso che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2019

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