Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2237 del 30/01/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 30/01/2017, (ud. 05/10/2016, dep.30/01/2017),  n. 2237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10257-2014 proposto da:

BAYER S.P.A., CF (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 70,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LOTTI, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati FABRIZIO DAVERIO, SALVATORE FLORIO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA ALFREDO CATALANI N. 31, presso lo studio degli avvocati PAOLO

MORMANDO, VITTORIO MORMANDO, che lo rappresentano e difendono,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 3226/2013 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 11/10/2013 R.G.N. 4881/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/10/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;

udito l’Avvocato BORSELLI ACHILLE per delega Avvocato LOTTI MASSIMO;

udito l’Avvocato MORMANDO VITTORIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- B.G., dipendente della Schering Spa (successivamente incorporata nella Bayer Spa), all’esito di una procedura di mobilità venne licenziato in data 9 marzo 2007; il successivo 15 marzo sottoscrisse in sede protetta un verbale di conciliazione con detta società in cui si convenne la revoca del licenziamento, la risoluzione consensuale del rapporto previo pagamento del TFR e di oltre 37 mila Euro a titolo di incentivo all’esodo, con rinuncia ad ogni impugnativa e ad altre somme per qualunque titolo; il (OMISSIS) venne assunto da (OMISSIS) Spa, che il 20 agosto 2008 collocò in CIGS tutti i dipendenti ed il 13 marzo 2009 venne dichiarata fallita.

Con ricorso al Tribunale di Brindisi il lavoratore convenne Bayer Spa ed il fallimento (OMISSIS) per sentire, in via principale, annullare e/o dichiarare illegittimo ed inefficace l’accordo contrattuale intercorso con le società convenute, in virtù del quale il contratto di lavoro del dipendente era passato alla (OMISSIS) con la garanzia di tre anni di prosecuzione del rapporto di lavoro, nonchè annullare e/o dichiarare illegittimi ed inefficaci tutti gli atti e i documenti attraverso i quali tale accordo si era realizzato; in via subordinata il B. chiese che venisse dichiarato risolto l’accordo contrattuale suddetto, con dichiarazione di risoluzione per inadempimento di tutti gli atti e documenti attraverso i quali tale accordo si era realizzato; per effetto dell’accoglimento della domanda principale ovvero subordinata chiese condannarsi la Bayer Spa alla reintegrazione nel posto di lavoro ovvero alla ricostituzione del medesimo, oltre al risarcimento del danno.

Instaurato il contraddittorio, nella contumacia del fallimento (OMISSIS), il Tribunale adito rigettò il ricorso, con compensazione delle spese.

Interposto gravame, la Corte di Appello di Lecce, con sentenza dell’11 ottobre 2013, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha accolto la domanda subordinata di risoluzione per inadempimento e condannato Bayer Spa al pagamento delle retribuzioni spettanti al B. dal giugno 2009 all’effettiva ripresa del lavoro, detratta la somma netta di Euro 28.658,00 percepita dal medesimo a titolo di incentivazione all’esodo.

La Corte territoriale, premesso che la transazione in sede sindacale non aveva natura novativa e che (OMISSIS) non aveva adempiuto all’obbligazione di durata triennale del rapporto di lavoro con il B., in quanto lo stesso era cessato con il fallimento dichiarato il 13 marzo 2009, ha ritenuto sussistente un complesso accordo negoziale trilaterale tra le parti in causa in cui era compresa anche la garanzia di durata minima del rapporto; l’inadempimento di tale pattuizione secondo la Corte – gravava dunque anche sulla Bayer che ne doveva rispondere ex art. 1976 c.c.; pertanto la risoluzione della transazione determinava, ex art. 1458 c.c., il ripristino dello status quo ante e, quindi, “la reviviscenza” non solo del licenziamento ma anche della possibilità di impugnarlo, impugnazione divenuta possibile solo con la pronuncia di risoluzione della Corte; avendo il B. chiesto la reintegrazione e non avendo la Bayer provato la fondatezza del licenziamento intimato il 9 marzo 2007, i giudici d’appello hanno concluso per la riammissione in servizio del lavoratore, con pagamento delle retribuzioni arretrate, detratto il percepito, con assorbimento di ogni altro motivo di doglianza.

2.- Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Bayer Spa con quattro motivi. Ha resistito con controricorso B.G..

Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3.- I motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati:

con il primo di essi si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 2119; artt. 1458 e 1976 c.c. nonchè omesso esame circa un fatto decisivo rappresentato dalla durata fino al 17 marzo 2010 del rapporto di lavoro tra B. e (OMISSIS), quindi eccedente la durata minima triennale della garanzia di conservazione del posto di lavoro;

con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 18 dello St. lav., della L. n. 223 del 1991, art. 5 e dell’art. 112 c.p.c. perchè, in seguito all’accertamento della risoluzione per inadempimento, la Corte territoriale, pur avendo riconosciuto la reviviscenza sia dell’originario licenziamento sia del diritto di impugnarlo, non avrebbe considerato che detto licenziamento non era mai stato impugnato, come eccepito dalla Bayer, e si era altresì statuito su di una domanda di impugnativa di licenziamento mai proposta;

con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1321, 1322, 1362, 1363 e 1965 c.c. per avere la Corte di Appello sostenuto che il verbale di conciliazione sottoscritto da (OMISSIS) e B. sarebbe stato un negozio collegato con il contratto di lavoro fra B. e (OMISSIS);

con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 1230 cod. civ. per avere la Corte leccese sostenuto che il verbale di conciliazione sottoscritto da Shering e B. il 15 marzo 2007 non avrebbe carattere novativo.

4.- In dettaglio il primo mezzo di gravame censura quella parte della sentenza impugnata in cui la Corte territoriale ha ritenuto che “il fallimento, dichiarato il 13.3.2009, e quindi due anni dopo l’assunzione ((OMISSIS)), determinò l’immediata cessazione del rapporto di lavoro, e quindi l’inadempimento di (OMISSIS) all’obbligazione di durata triennale del rapporto”, non avendo “neppure rilievo la presenza di ammortizzatori sociali, i quali nella fattispecie concreta non presupposero la continuazione del rapporto”.

Parte ricorrente eccepisce che il rapporto di lavoro con (OMISSIS) cessò, invece, il 17 marzo 2010, oltre i 36 mesi pattuiti, come dichiarato dallo stesso lavoratore in sede di interrogatorio libero: “sono stato alle dipendenze di (OMISSIS) fino al 31 agosto 2008…; mentre dal 1 settembre 2008 sono stato on cassa integrazione guadagni fino al 17 marzo 2010 (…) dal 17 marzo 2010 sono in mobilità…”. Riporta i passi degli atti del giudizio in cui aveva evidenziato la circostanza, mai contestata dalla controparte. In diritto lamenta che, a mente dell’art. 2119 c.c., il fallimento non determina la cessazione del rapporto di lavoro e che la CIGS presuppone la sospensione del rapporto di lavoro e non la sua risoluzione.

Il motivo è fondato.

Erra in diritto la Corte territoriale allorquando non considera adeguatamente il contenuto precettivo del capoverso dell’art. 2119 c.c. secondo cui il fallimento dell’imprenditore non è fatto idoneo a costituire causa di risoluzione del contratto di lavoro e trascura poi di rilevare che la collocazione in cassa integrazione guadagni presuppone la perdurante esistenza del rapporto di lavoro, sebbene a funzionalità sospesa, e non certo la sua estinzione (cfr. Cass. n. 4720 del 1998; Cass. n. 5229 del 2001; Cass. n. 16198 del 2004).

Così errando la Corte di Appello individua la data di cessazione del rapporto di lavoro del B. in esatta coincidenza con la data della declaratoria del fallimento e non coglie la rilevanza della successiva collocazione del lavoratore in cassa integrazione.

L’erronea interpretazione di norme di diritto ha precluso alla Corte territoriale ogni ulteriore decisiva indagine in ordine alla effettiva data di cessazione del rapporto di lavoro del B., solo dalla quale poteva derivare l’accertamento in merito al preteso inadempimento dell’obbligazione di durata minima triennale del contratto di lavoro.

Dall’accoglimento dell’esposto motivo deriva la cassazione della sentenza impugnata, con assorbimento degli ulteriori motivi di censura e rinvio al giudice indicato in dispositivo che procederà all’accertamento della data di cessazione del rapporto di lavoro del B., con conseguente riesame altresì dei motivi di appello del lavoratore ritenuti assorbiti dalla Corte leccese e che riguardano anche l’originaria domanda principale del dipendente.

5.- Conclusivamente il primo motivo di ricorso va accolto, assorbiti gli altri, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice designato in dispositivo il quale si uniformerà a quanto statuito e provvederà alla regolazione delle spese.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese, alla Corte di Appello di Bari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2017

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