Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2237 del 01/02/2010

Cassazione civile sez. III, 01/02/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 01/02/2010), n.2237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 511/2009 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARNO 6,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO BISSATTINI ALESSI,

rappresentato e difeso dall’avvocato CUTRERA CLAUDIO, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AXA ASSICURAZIONE SPA, in persona del legale rappresentante Pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VESPASIANO 17-A,

presso lo studio dell’avvocato INCANNO’ GIUSEPPE, che la rappresenta

e difende, giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.A., R.M.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 755/2007 del TRIBUNALE di CALTANISSETTA del

27/11/07, depositata il 10/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. MASSERA Maurizio;

è presente il P.G. in persona del Dott. SCARDACCIONE Eduardo

Vittorio;

La Corte:

Letti gli atti depositati.

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato l’11 dicembre 2008 G.A. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 10 dicembre 2007 dal Tribunale di Caltanissetta, confermativa della sentenza del Giudice di Pace di Sommatino, che aveva rigettato la sua domanda di risarcimento danni da sinistro stradale.

L’AXA Assicurazioni S.p.A. ha resistito con controricorso, mentre gli altri intimati, M.A. e R.M.S., non hanno espletato attività difensiva.

2- I cinque motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366- bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella dei 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione. In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 232 c.p.c., artt. 2730, 2735 e 2054 c.c.. All’esito formula un quesito che non da ragione delle numerose violazioni di norme di diritto asserite e che non postula l’enunciazione di un principio di diritto decisivo per il caso di specie ma di applicazione generalizzata e, invece, chiede alla Corte di esprimere valutazioni che non possono prescindere dalla disamina fattuale della fattispecie.

Ragioni di completezza indicono a ribadire l’orientamento di questa Corte (Cass. Sez. 3^, n. 27005 del 2005 e 10304 del 2007) secondo cui, in mancanza di completezza formale e sostanziale (come nella specie affermato dal Tribunale) o in caso di difformità delle dichiarazioni rispetto ad altre dalle parti in precedenza rese, il modulo di constatazione amichevole di sinistro stradale non è assistito da alcuna presunzione di veridicità, ma assume valore di mero indizio in ordine ai fatti in esso indicati relativi al sinistro, ovvero di rettifica delle precedenti dichiarazioni. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione in relazione agli artt. 116 e 232 c.p.c. e artt. 2730, 2735 e 2054 c.c. circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La censura si snoda attraverso una serie di considerazioni di carattere generico. Il quesito finale pecca dei medesimi vizi di quello già esaminato e si sostanzia non in affermazioni di principi giuridici, ma di apprezzamenti di fatto conseguenti ad esame delle risultanze processuali, attività inibite al giudice di legittimità.

Con il terzo motivo il G. denuncia violazione degli artt. 116 e 61 c.p.c. nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Neppure questa censura contiene un quesito che postuli l’enunciazione di principi di diritto e attiene alla valutazione degli accertamenti contenuti in una consulenza tecnica contrastanti con quelli di altra consulenza tecnica.

Il Tribunale ha dato atto delle conclusioni diametralmente i opposte delle due consulenze ed ha spiegato le ragioni che l’hanno indotto a disattendere quella su cui il ricorrente fa leva per sostenere la proprio tesi.

Con il quarto motivo viene prospettata nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

Il quesito chiede se costituisca error in procedendo l’omessa pronuncia sulla domanda formulata circa la valutazione probatoria da attribuirsi, ex art. 2730 c.c., al riconoscimento di responsabilità effettuato in corso di causa dall’altra parte.

Il riferimento è ad una dichiarazione che si asserisce essere stata formalizzata dall’Axa alla presenza del C.T.U. che la trascrisse nel relativo verbale di sopralluogo.

Il vizio denunciato (il riferimento normativo, omesso dal ricorrente, è all’art. 112 c.p.c.) attiene alla mancata pronuncia su una domanda formulata nel giudizio di primo grado o su uno dei motivi d’appello.

Il giudice d’appello non ha il dovere di pronunciarsi su affermazioni contenute nel verbale redatto da un terzo, qual è il C.T.U.. Resta, poi, un’affermazione priva di riscontro quella relativa al carattere confessorio di quanto eventualmente dichiarato dall’Axa e non risultante dalla sentenza impugnata.

Con il quarto (rectius: quinto) motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2730 c.c.. Il tema è ancora quello della pretesa confessione e, quindi, la censura segue le sorti della precedente.

E’ opportuno rilevare, per completezza, che un’offerta transattiva, pur formulata in corso di causa, non riveste carattere confessorio.

D’altra parte la confessione di un fatto può essere effettuata solo dalla persona cui a quel fatto ha dato causa, mentre al sinistro de quo l’Axa è certamente rimasta estranea (assicurava solo una delle auto coinvolte).

4. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria; nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte con la memoria sono fondate con riferimento all’inammissibilità per tardività del controricorso dell’Axa, ma non inficiano la relazione per quanto riguarda la formulazione dei quesiti e delle censure;

5.- Ritenuto: che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato; nulla spese per quanto rilevato in ordine all’inammissibilità del controricorso dell’Axa, la quale non ha svolto altra attività difensiva; visti gli artt. 380-bis e 385 c.p.c..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2010

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