Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22363 del 26/10/2011

Cassazione civile sez. I, 26/10/2011, (ud. 19/10/2011, dep. 26/10/2011), n.22363

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.M.A., con domicilio eletto in Roma, viale G.

Mazzini n. 11, presso l’Avv. Tobia Gianfranco che lo rappresenta e

difende unitamente all’Avv. Pizzorni Giorgio, come da procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro-tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale dello

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Torino n, rep.

773/08 depositato il 19 maggio 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 19 ottobre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli;

sentite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PATRONE Ignazio che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.M.A. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che, liquidando Euro 3.500 per danno non patrimoniale per anni dieci, mesi due e giorni sei di ritardo, ha accolto parzialmente il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del procedimento relativo al fallimento di M.T. dichiarato nell’anno 1990 e ancora pendente alla data di proposizione della domanda (ottobre 2007) nell’ambito della quale si era insinuata quale creditore.

Resiste l’Amministrazione con controricorso.

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con entrambi i motivi di ricorso, che per la loro complementarietà possono essere valutati congiuntamente, e che, contrariamente a quanto eccepito dalla controricorrente, sono conformi al dettato dell’art. 360 bis c.p.c., si censura l’impugnato decreto per avere la Corte d’appello liquidato in favore della ricorrente un terzo dell’indennità a lei spettante per l’irragionevole durata di una procedura fallimentare in base alla considerazione che la stessa era titolare in tale proporzione del credito insinuato unitamente ad altre due persone.

La censura è fondata in quanto è già stato ritenuto che “La liquidazione dell’equo indennizzo per la violazione della ragionevole durata del processo deve essere effettuata in favore di ciascuno dei richiedenti che sia stata parte del parte del processo presupposto, a prescindere dalla posizione assunta in tale processo” (Sez. 1, Sentenza n. 2634 del 3/02/2011; nello stesso senso Sez. 1, Sentenza n. 8034 del 6/04/2006).

L’accoglimento del motivo comporta la cassazione del decreto impugnato. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito e pertanto, non essendo stati evidenziati elementi che inducano a discostarsi dalla misura del parametro minimo indicato dalla Corte Europea, il Ministero della Giustizia deve essere condannato al pagamento in favore della ricorrente di Euro 10.170 a titolo di equo indennizzo per il periodo di anni dieci e mesi due circa di irragionevole ritardo quale determinato dal giudice del merito.

Le spese di entrambi i gradi seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore della ricorrente a titolo di indennizzo della somma di Euro 10.170, oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda, nonchè alla rifusione delle spese che liquida, quanto al giudizio di merito, in complessivi Euro 1.140, di cui Euro 490 per onorari e Euro 600 per diritti, oltre spese generali e accessori di legge, e, quanto al giudizio di legittimità, in complessivi Euro 1.000, di cui Euro 900 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2011

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