Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22363 del 22/10/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 22363 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

ORDINANZA
sul ricorso 8773-2012 proposto da:
D’AVINO ANTONIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
ASMARA 26, presso lo studio dell’avvocato LUIGI CESARO,
rappresentato e difeso dall’avvocato VITUCCI ADRIANO, giusta
mandato a margine del ricorso;
– ricorrente 4

contro
GIULIANO CARMELA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A.
BAIAMONTI 10, presso lo studio dell’avvocato PONTORIERO
PASQUALE, rappresentata e difesa dall’avvocato PORCETJJ
GIROLAMO, giusta procura in calce al controricorso;
contraricorrente nonchè contro

Data pubblicazione: 22/10/2014

ESPOSITO ABATE GIACOMO, ESPOSITO ABATE RAFFAELE,
ESPOSITO ABATE GIOVANNI, ESPOSITO ABATE ASSUNTA,
ESPOSITO ABATE ANNAMARIA, ESPOSITO ABATE
SILVANA;
intimati

avverso la sentenza n. 452/2011 della CORTE D IAPPET :LO di
NAPOLI del 21.9.2010, depositata il 16/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ROSARIA SAN
GIORGIO.

Ric. 2012 n. 08773 sez. M2 – ud. 16-05-2014
-2-

z–,

R.g. 8773/2012
Fatto e diritto
I. È stata depositata in cancelleria relazione, redatta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc.
civ. e datata 16.1. 2013, regolarmente comunicata al pubblico ministero e notificata ai
difensori delle parti, relativa al ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di

«Riziero Esposito Abate convenne al giudizio del Tribunale di Noia Antonio D’Avino,
per la risoluzione, per inadempimento del convenuto promissario acquirente, di uet ,
contratto di compravendita immobiliare e per il rilascio del bene che ne formava oggetto.
Il convenuto non si costituì e venne dichiarato contumace.
Deceduto l’attore, il processo interrotto venne proseguito dalla vedova ed erede Carmela
Giuliano, che notificò il ricorso ed il decreto di fissazione dell’udienza ex art. 302 c.p.c.
al D’Avino, che rimaneva ancora contumace, e la successiva ordinanza del giudice,
disponente l’integrazione del contraddittorio, agli altri eredi, in epigrafe indicati,
dell’Esposito Abate, i quali non si costituirono.
Con sentenza n. 1691 del 2006 il Tribunale di Nola accolse integralmente la domanda
attrice, fatta propria dalla Giuliano, nella contumacia di tutte le altre parti.
Tale sentenza, appellata dal D’Avino, nella resistenza della Giuliano e nella contumacia
degli altri eredi dell’attore, è stata confermata dalla Corte d’appello di Napoli con quella
n. 452/11 che, disattendendo i motivi di gravame, ha escluso che l’atto di riassunzione
del giudizio interrotto dovesse essere notificato anche al contumace convenuto D’Avino
ed ha ritenuto inammissibili le rimanenti doglianze e le correlate richieste istruttorie

Napoli n. 452 del 2011, del seguente letterale tenore:

attinenti al merito della controversia.
Ricorre con tre motivi il D’Avino. Resistono con comune controricorso la Giuliano *li
altri eredi dell’Esposito Abate.
Ad avviso del relatore il ricorso dovrebbe essere respinto per manifesta infondatezza dei
tre motivi esposti.
Tali sono il primo motivo, che denuncia violazione e falsa. applicazione degli artt. 125
disp. att. c.p.c., 163, 303, 292, 156 e 157 c.p.c., ed il secondo, deducente falsa
applicazione degli artt. 125 disp. att. e 292 c.p.c., con connesse carenza di motivazione,

L-1

ribadendo le doglianze, correttamente disattese dal giudice di appello, di nullità del
giudizio riassunto, perché il ricorso ex art. 302 c.p.c. notificato alla D’Avino sarebbe
stato carente delle indicazioni relative alla presenza degli altri eredi, pur in presenza di un
radicale mutamento della situazione processuale, e perché il successivo atto di
riassunzione, disposto dal giudice in integrazione del contraddittorio, nei confronti degli

Premesso che l’art. 303, co. 3, c.p.c. prescrive la notificazione alle altre parti soltanto del
decreto (al fine di porle in condizioni, ove lo ritengano, di partecipare all’ulteriore corso
del giudizio nell’udienza all’uopo fissata) e non anche del ricorso, e che comunque nella
specie sia l’uno, sia l’altro, furono notificati al contumace, va osservato che le censure,
nella parte in cui lamentano la mancata notificazione al D’Avino del successivo atto di
integrazione del contraddittorio, si pongono in inammissibile (ex art. 360 bis n. 1 c.p.c.)
contrasto con il costante indirizzo della giurisprudenza di questa Corte (v. nn. 4440/07,
8162/03, 8728/98) secondo cui l’atto di integrazione del contraddittorio, in quanto non
compreso nel tassativo elenco di cui all’art. 292 c. p.c. non va notificato al contumace.
Di nessun apporto alla contraria tesi sostenuta è il richiamo a quella giurisprudenza
ravvisante la necessità della notifica al contumace degli atti comportanti un radicale
mutamento della situazione processuale, considerato che la successione nel processo ad
una parte originaria da parte dei suoi eredi non è, all’evidenza, evento tale da comportare
siffatto radicale cambiamento, attenendo soltanto alla componente soggettiva della
causa, del tutto indifferente per la controparte che già non ha manifestato interesse a
parteciparvi, e che, peraltro, proprio nella più recente tra le sentenze citate (soltanto nella
massima) dal ricorrente, la n. 13981/11, una situazione del genere è stata presa in esame
e, contrariamente a quanto sostenuto, ritenuta non tale da comportare tale radicale
mutamento e la conseguente necessità di notifica ex art. 292 c.p.c. (v. pagg. 5/6 della
relativa motivazione).
Non migliore sorte merita il terzo motivo, deducente falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.
e carenza di motivazione, in relazione ad assunti inadempimenti della parte attrice,
trattandosi di circostanze che ai sensi del comma secondo della norma citata, in quanto
legittimanti ex art. 1460 c.c. (in ipotesi) il mancato adempimento del convenuto alle
2

altri eredi, non sarebbe stato notificato anche alla D’Avino.

obbligazioni a suo carico derivanti dal provato titolo contrattuale, avrebbero dovuto
essere, ai sensi del secondo comma della citata fondamentale norma di riparto
probatorio, debitamente eccepite e provate dal medesimo, che tuttavia, rimanendo
contumace in primo grado, non avrebbe potuto più in appello compiere, ex art. 345
c.p.c., le relative attività.

ricorso”.
II. – Non sono state presentate conclusioni scritte, né le parti hanno depositato memoria.
III. – A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il
Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella su trascritta relazione e
di doverne fare proprie le conclusioni, avverso le quali del resto nessuna delle parti ha
ritualmente mosso alcuna critica osservazione.
IV. Pertanto, ai sensi degli artt 380-bis e 385 cod. proc_ civ., il ricorso va rigettato ed il a
soccombente ricorrente condannato alle spese del giudizio di legittimità M favore di
controparte.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, che liquida in complessivi euro 4200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre
agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta — II Civile della Corte
Suprema di Cassazione, il 16 maggio 2014.

Risultando, conclusivamente, corretta la decisione impugnata, si propone la reiezione del

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