Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22362 del 06/09/2019

Cassazione civile sez. lav., 06/09/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 06/09/2019), n.22362

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25429-2016 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GAVORRANO

12, presso lo studio dell’avvocato MARIO GIANNARINI, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARIA ANTONIETTA SACCO;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IN

ARCIONE 71, presso lo studio dell’avvocato STEFANO D’ERCOLE, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1252/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 02/12/2015 R.G.N. 131/2012.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che con sentenza n. 1252/2015, depositata il 2 dicembre 2015, la Corte di appello di Catania, pronunciando in sede di rinvio ex artt. 392 ss. c.p.c., nel giudizio promosso da A.M. nei confronti di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., ha confermato la propria precedente sentenza, con la quale, in riforma della decisione di primo grado, aveva accertato il diritto del lavoratore al solo inquadramento in Area III, livello iniziale, del c.c.n.l. di settore a decorrere dall’1 aprile 1993, escluso il diritto all’attribuzione dell’Area IV riconosciuto invece dal primo giudice;

– che la Corte è pervenuta a tale decisione dopo avere nuovamente esaminato le prove testimoniali, dalle quali era dato desumere che nelle attività svolte dall’ A. non era presente il tratto distintivo della “autonomia operativa in mansioni amministrative o contabili” propria dell’Area IV ma unicamente “autonomia ed iniziativa esecutive”, ossia “entro i limiti normativi e sulla base delle apposite istruzioni”, caratteristiche dell’Area III, peraltro superiore a quella di appartenenza; ed inoltre dopo avere fatto oggetto di esame specifico, in relazione alle indicazioni della sentenza rescindente (n. 28729/2011), anche le note dei superiori gerarchici in data 14/11/2001 e 15/11/2001, osservando, tuttavia, come nessuna rilevanza le medesime potessero assumere ai fini dell’accoglimento della domanda proposta, in quanto concernenti fatti sopravvenuti alla proposizione del ricorso introduttivo (27 novembre 1996);

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’ A. con quattro motivi, cui Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. ha resistito con controricorso;

– che entrambe le parti hanno depositato memoria;

rilevato:

che con il primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., per non essersi la Corte di appello uniformata a quanto stabilito con la sentenza rescindente n. 28729/2001 e, in particolare, per avere ritenuto irrilevanti le note del 14 e del 15/11/2001, nonostante che la Corte di legittimità avesse indicato l’equivalenza ai fini probatori delle prove testimoniali e di quelle documentali;

– che con il secondo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte erroneamente disconosciuto il valore probatorio delle note suddette sul rilievo della loro redazione e acquisizione in data successiva al deposito del ricorso, sebbene le medesime attenessero alla fondatezza della domanda;

– che con il terzo viene dedotto il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere la Corte omesso l’esame delle note dei superiori gerarchici in data 14 e 15/11/2001, benchè di assoluta rilevanza per l’accoglimento della domanda, anche perchè risalenti al periodo da ottobre 1996, e per avere inoltre compiuto una valutazione non corretta degli esiti delle prove testimoniali;

– che con il quarto motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del c.c.n.l. di settore 1990/1992 e relativo allegato 4, con riferimento all’art. 2103 c.c., non avendo la Corte di appello tenuto conto di rilevanti circostanze di fatto, desumibili dalle prove testimoniali, con ciò dimostrando un malgoverno sia della richiamata norma del Codice civile, sia della contrattazione collettiva;

osservato:

che il primo motivo è infondato;

– che la sentenza impugnata pone in evidenza come le note del 14 e del 15/11/2001 siano chiare nel segnalare una situazione (di maggiore autonomia nell’espletamento delle mansioni) ben successiva al ricorso introduttivo, depositato nel novembre 1996, e alle stesse deposizioni dei dirigenti che le hanno redatte, con ciò attuando le indicazioni della sentenza rescindente, là dove era stato rilevato come le affermazioni del giudice di appello, relative alla preminenza della prova testimoniale, fossero state “effettuate senza dare conto delle date in cui si collocano, rispettivamente, i fatti cui si riferiscono le deposizioni testimoniali e quelli presi in considerazione dalle note”; nè ha formato oggetto di specifica censura l’osservazione della Corte di appello, secondo la quale rilevato che le note riguardavano fatti sopravvenuti alla proposizione del ricorso – era da escludere che potesse “estendersi l’oggetto del presente accertamento giudiziale a nuovi elementi di fatto successivi alla domanda introduttiva del procedimento” (cfr. sentenza p. 9, ultimo capoverso);

– che, d’altra parte, la domanda giudiziale si basa su di uno specifico accadimento, avente coordinate definite nel tempo e nello spazio; con la conseguenza che “in relazione ai fatti verificatisi dopo il deposito del ricorso in primo grado, non può essere ammessa alcuna attività istruttoria poichè il disposto dell’art. 420 c.p.c., comma 5, si riferisce ai mezzi di prova relativi a fatti comunque anteriori al deposito del ricorso” (Cass. n. 23949/2013);

– che il secondo motivo è inammissibile per difetto di riferibilità alla decisione impugnata, posto che la Corte non ha escluso di poter fondare il proprio convincimento sulle note in quanto documenti costituiti in date successive all’instaurazione del giudizio ma perchè attinenti ad una parte della vicenda lavorativa dell’ A. successiva al deposito del ricorso di primo grado;

– che egualmente inammissibile è il terzo motivo, non conformandosi al modello legale del nuovo vizio di cui all’art. 360, n. 5, quale risultante dalle modifiche introdotte nel 2012 e dalle precisazioni fornite, quanto a perimetro applicativo e oneri di deduzione, da questa Corte a Sezioni Unite con le sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014, fermo restando che la Corte ha comunque preso in considerazione le note del 14 e del 15 novembre 2001 per trarne le conseguenze già rilevate;

– che il motivo in esame risulta inammissibile anche nella sua seconda parte, in quanto, tendendo ad una rilettura delle prove testimoniali e, attraverso di essa, ad un nuovo apprezzamento di fatto, sollecita questa Corte di legittimità al compimento di un’attività che è estranea ai compiti e al ruolo che le è assegnato in seno all’ordinamento e che è invece proprio del giudice di merito;

– che in ogni caso è da escludere che la Corte di merito abbia erroneamente interpretato e valutato il contenuto dei documenti citati, ritenendo che gli stessi riguardassero fatti sopravvenuti alla data di proposizione del ricorso, posto che la nota in data 15/11/2001 del Capo Unità Territoriale Linea Infrastruttura Catania ha evidenziato la collaborazione dell’ A. alle attività dell’Ufficio “con mansioni riconducibili a quelle richieste in periodi successivi alla seconda metà del 1996” (cfr. ricorso per cassazione, p. 21, in nota) e, pertanto, successivi al deposito dell’atto introduttivo del giudizio (27/11/1996);

– che il quarto motivo, mentre censura la sussunzione delle attività svolte alla esclusiva Area III, non ne riproduce la declaratoria (a differenza di quella della superiore Area IV);

e comunque risulta inammissibile, per le stesse considerazioni già svolte a proposito del terzo motivo, sollecitando, dietro lo schermo della denuncia del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, un nuovo e diverso apprezzamento di talune circostanze di fatto;

ritenuto:

conclusivamente che il ricorso deve essere respinto;

– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza Camerale, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2019

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