Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22360 del 06/09/2019

Cassazione civile sez. lav., 06/09/2019, (ud. 15/05/2019, dep. 06/09/2019), n.22360

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8574/2015 proposto da:

C.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

DELLE MILIZIE 114, oresso lo studio dell’avvocato LUIGI PARENTI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA PATRIZI;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

contro

EQUITALIA CENTRO S.P.A., già EQUITALIA UMBRIA S.P.A., ed EQUITALIA

PERUGIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MARCO MARIA VALERIO RIGI LUPERTI;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 87/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 14/07/2014 R.G.N. 236/2012.

Fatto

RILEVATO

che:

– con sentenza in data 14 luglio 2014, la Corte d’Appello di Perugia, in parziale riforma della decisione del giudice di primo grado, ha riconosciuto il diritto di C.M.A. alle mansioni di quadro direttivo di secondo livello retributivo con conseguente condanna di Equitalia Centro S.p.A. alla corresponsione delle differenze retributive relative;

– in particolare, la Corte ha ritenuto che la appellante avesse svolto per più di tre mesi, dall’ottobre 1997, i compiti previsti dalla declaratoria del secondo livello della quarta area di cui all’art. 18 del CCNL 12 luglio 1995, maturando, ai sensi dell’art. 2103 c.c., il diritto ad essere definitivamente inquadrata in quella qualifica, a i decorrere dal 1 gennaio 1998 e, in seguito all’entrata in vigore del CCNL 12 dicembrè 2001, nella qualifica di quadro direttivo di secondo livello;

– per la cassazione della sentenza propone ricorso, C.M.A., affidandolo a due motivi;

– resiste, con controricorso, Equitalia Centro S.p.A. e propone ricorso incidentale con due motivi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 CCNL del 17 luglio 1995 per non aver la Corte d’Appello ritenuto dimostrato lo svolgimento delle mansioni superiori di funzionario direttivo e di quadro di III livello;

– il motivo è inammissibile;

– per costante giurisprudenza di legittimità, (cfr., fra le più recenti, Cass. n. 20335 del 2017, con particolare riguardo alla duplice prospettazione del difetto di motivazione e della violazione di legge) il vizio relativo all’incongruità della motivazione di cui all’art. n. 360 c.p.c., n. 5, comporta un giudizio sulla ricostruzione del fatto giuridicamente rilevante e sussiste solo quando il percorso argomentativo adottato nella sentenza di merito presenti lacune ed incoerenze tali da impedire l’individuazione del criterio logico posto a fondamento della decisione, o comunque, qualora si addebiti alla ricostruzione di essere stata effettuata in un sistema la cui incongruità emerge appunto dall’insufficiente, contraddittoria o omessa motivazione della sentenza;

– attiene, invece, alla violazione di legge la deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente una attività interpretativa della stessa;

– nel caso di specie, pur avendo la parte ricorrente fatto valere una violazione di legge, in realtà mira ad ottenere una rivisitazione del fatto inammissibile in sede di legittimità chiedendo una diversa valutazione delle risultanze istruttorie che, invece, è di esclusiva spettanza del giudice di merito;

– con il secondo motivo si deduce “insufficiente motivazione” circa la decisione “arbitraria” di non ammettere le prove testimoniali articolate nel primo grado e riproposte in secondo grado;

– anche questo motivo è inammissibile;

– si tratta, infatti, di una valutazione di fatto totalmente sottratta al sindacato di legittimità, in quanto in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha limitato la impugnazione delle sentenze in grado di appello o in unico grado per vizio di motivazione alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, con la conseguenza che, al di fuori dell’indicata omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte – formatasi in materia di ricorso straordinario – in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile);

che si convertono nella violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4) e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità (fra le più recenti, Cass. n. 23940 del 2017), restando ogni valutazione sulle istanze istruttorie sottratta al giudice di legittimità;

– con il primo motivo di ricorso incidentale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 414 e 437 c.p.c. e art. 2103 c.cv., allegandosi la nullità-infondatezza della domanda accolta e la carenza probatoria;

– il motivo è infondato;

– sebbene parte controricorrente deduca che la lavoratrice avrebbe fatto valere soltanto nella memoria conclusiva il diverso inquadramento che avrebbe dovuto esserle riconosciuto, in verità, riportando essa stessa il contenuto dell’atto introduttivo, dallo stesso si evince, ictu oculi, che, invece, sin dal principio parte ricorrente aveva richiesto il riconoscimento della qualifica di funzionario e quindi di quadro direttivo di III livello del CCNL di categoria o, in subordine, quella di quadro direttivo di II livello del medesimo CCNL;

– con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione del CCNL 1995 e l’insufficiente, contraddittoria, erronea motivazione;

– premessa l’inammissibile promiscuità dei motivi, va rilevato, che, quanto alla prima censura, essa si palesa inammissibile in quanto, anche in tal caso, si fa valere una violazione di legge mentre, in realtà, si intende ottenere una diversa valutazione nel merito della vicenda portata all’esame del giudice di secondo grado, mentre, con riguardo alla seconda, l’intervenuta e già richiamata riforma ha limitato la impugnazione delle sentenze in grado di appello o in unico grado per vizio di motivazione alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, con la conseguenza che, al di fuori dell’indicata omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6;

– alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso principale va dichiarato inammissibile e quello incidentale deve essere respinto;

– la reciproca soccombenza suggerisce di addivenire all’integrale compensazione delle spese di lite;

– sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 -bis e 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale. Compensa integralmente le spese di lite. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 30 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2019

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