Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22357 del 15/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/10/2020, (ud. 20/12/2019, dep. 15/10/2020), n.22357

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22263-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONCERIA STEFANIA SPA;

– intimata –

Nonchè da:

CONCERIA STEFANIA SPA, in persona del Presidente del C.d.A. e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE

PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA VALVA,

che la rappresenta e difende, giusta procura a margine;

– ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 82/2011 della CONM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 19/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2019 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e del ricorso incidentale;

udito per il ricorrente l’Avvocato GALLUZZO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso

incidentale;

udito per il ricorrente incidentale l’Avvocato FRANCESCO D’AYALA

VALVA che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e

l’accoglimento del ricorso incidentale.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

A seguito di verifica fiscale presso la Conceria Stefania S.p.A. fu notificato alla società processo verbale di constatazione contenente una serie di rilievi in ordine a disconoscimento della deducibilità di diverse voci di costi, oltre ad IVA ritenuta dovuta su merce esportata, trasfusi nel successivo avviso di accertamento notificato alla società con relativa ripresa, tassazione di maggiore IRES per Euro 215.948,00, di maggiore IRAP per Euro 25.565,00, nonchè di maggiore IVA per Euro 12.183,00, oltre sanzioni ed interessi, per l’anno d’imposta 2004.

La contribuente, esperito con esito negativo l’accertamento con adesione, impugnò nei confronti dell’Agenzia delle Entrate l’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Milano, che accolse integralmente il ricorso della contribuente.

Avverso la sentenza di primo grado l’Ufficio propose appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale (CTR) della Lombardia, che accolse parzialmente il gravame dell’Amministrazione finanziaria, dichiarando legittime le riprese a tassazione operate dall’Ufficio, ad eccezione di quelle di cui ai rilievi 1), relativo a costi per Euro 40.969,30 per “accantonamento indennità suppletive di clientela” e 3) – quest’ultima limitatamente a costi ritenuti non di competenza per l’importo di Euro 389.787,89 – e di quella relativa all’IVA sulle esportazioni, da intendersi quindi annullate.

Avverso la pronuncia della CTR della Lombardia l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui la contribuente resiste con controricorso, spiegando altresì ricorso incidentale, col quale, in via pregiudiziale, ha chiesto verificarsi d’ufficio l’inammissibilità dell’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria, ove privo, se non notificato tramite Ufficiale giudiziario, della ricevuta di deposito del gravame presso la CTP secondo il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, con conseguente conferma della sentenza di primo grado, affidando nel resto il ricorso incidentale a quattro motivi (punti da cinque ad otto del controricorso, pp. 138 ss.) relativamente alle statuizioni ad essa sfavorevoli, con la sola eccezione della ripresa di cui al rilievo 2), relativo a costi non documentati per Euro 4.000,00 per prestazioni di natura occasionale per consulenze ed amministrative.

Parte controricorrente ha altresì depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso principale l’Amministrazione finanziaria denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109 (già 75), comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata ha confermato la statuizione della CTP nel ritenere deducibile l’indennità suppletiva di clientela. Osserva in proposito la ricorrente principale, richiamando a sostegno della censura precedente di questa Corte (Cass. sez. 5, 27 giugno 2008, n. 17602), che l’indennità di clientela concerne gli accantonamenti finalizzati alla successiva corresponsione di un’indennità per la cessazione del rapporto di agenzia, ai sensi dell’art. 1751 c.c.; indennità che, pertanto, non può dirsi certa, sia nell’an sia nel quantum, nell’ambito di ogni singolo esercizio di competenza.

2. Con il secondo motivo la ricorrente principale lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1742 e 1748 c.c. e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109 (già 75), comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la decisione impugnata ha ritenuto pienamente deducibili le provvigioni corrisposte nell’esercizio, in quanto contrattualmente dovute solo dopo il buon fine dell’affare.

2.1. Correttamente, secondo l’Amministrazione ricorrente, i verificatori prima e gli accertatori poi avevano contestato alla società la contabilizzazione di costi non di competenza, per l’ammontare complessivo di Euro 389.787,89 in relazione a quelle provvigioni passive riguardanti contratti la cui esecuzione era intervenuta nei periodi d’imposta antecedenti, atteso che l’esigibilità della provvigione non rileva ai fini della competenza.

3. Con il primo motivo di ricorso incidentale la società denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 695 del 1996, art. 75 e dell’art. 109 TUIR, comma 5, abrogativo del predetto art. 75 TUIR, comma 6, dell’art. 1742 c.c. e ss., oltre che degli artt. 2697 e 2723 c.c., dell’art. 2724c.c., comma 1 e degli artt. 2725 e 2729 c.c., nonchè del D.P.R. n. 633 del 1973, art. 21, anche in combinato disposto tra loro, con specifico riferimento alla conferma della ripresa a tassazione del costo per provvigioni/compensi “aggiuntivi” corrisposti agli agenti Gavagna e Fabbrini, non avendo considerato la CTR che, ai fini della deducibilità del costo in questione e della sua inerenza è sufficiente la sola fattura, senza che potesse rilevare in contrario, la rilevata mancata contabilizzazione del costo e neppure la mancanza di accordi contrattuali in forma scritta che comprovassero la pattuizione di detti compensi aggiuntivi.

4. Con il secondo motivo di ricorso incidentale la medesima statuizione resa dalla CTR in ordine alla legittimità della ripresa a tassazione del costo per provvigioni/compensi “aggiuntivi” corrisposti agli agenti G. e F., è censurata dalla società in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per insufficienza e illogicità della motivazione.

5. Con il terzo motivo la ricorrente incidentale denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 102 TUIR, dell’art. 108TUIR, comma 3, e dell’art. 109TUIR e della disciplina civilistica dei criteri di distinzione tra spese ordinarie e straordinarie di manutenzione di immobili industriali condotti in locazione, anche in combinato disposto tra loro ed alla luce del principio contabile n. 16, oltre che delle norme che regolano modi, tempi e misura della deduzione fiscale di detti costi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la decisione impugnata ha qualificato come opere di manutenzione straordinaria quelle eseguite dalla società su immobili di terzi utilizzati dalla società in virtù di contratti di locazione finanziaria, per un verso osservando che il giudice di merito avrebbe dovuto valutare, ai fini della deducibilità di detti costi, non la natura incrementativa o meno delle spese in questione, ma la loro imputazione in bilancio ad incremento del bene cui si riferiscono, per altro verso rilevando che, in ogni caso, la sentenza impugnata ha fatto riferimento solo ad alcune opere, finendo col giudicare indeducibili tutte le spese in base ad una loro qualificazione forfettaria e non già analitica, come invece dovuto.

6. Con il quarto motivo di ricorso incidentale, infine, la società censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa o insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio, la stessa statuizione resa dalla CTR in punto d’indeducibilità delle spese ritenute afferenti ad opere di manutenzione straordinaria, constando la sentenza impugnata, in parte qua, solo dell’apodittico ed onnicomprensivo assunto che si trattasse di opere di manutenzione straordinaria o comunque indeducibili e recuperabili a tassazione, opere, peraltro solo genericamente indicate e comunque soltanto a campione.

7. Preliminarmente va dato atto che l’eccezione d’inammissibilità dell’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria avverso la sentenza di primo grado, che aveva accolto in toto il ricorso della società, è formulata in termini dubitativi, demandando alla Corte di accertare se la notifica dell’appello non sia avvenuta tramite ufficiale giudiziario, a ciò solo conseguendo, in assenza del deposito dell’atto presso la segreteria della CTP secondo il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, l’inammissibilità del gravame.

7.1. Era onere, infatti, della controricorrente, che, avendo ricevuto a suo tempo la notifica dell’atto di appello, doveva essere necessariamente a conoscenza della sua natura, specificarne la tipologia, onde porre la Corte di poter valutare, senza il compimento di alcuna attività di natura esplorativa, la sussistenza dell’eccepita inammissibilità dell’appello dell’Agenzia delle Entrate, che non sarebbe stata rilevata dal giudice tributario di secondo grado.

7.2. Ciò non essendo stato fatto, l’eccezione di parte controricorrente deve ritenersi formulata in modo inammissibile.

8. Venendo quindi all’esame del primo motivo di ricorso principale, esso è infondato.

8.1. Nelle sue statuizioni più recenti (cfr. Cass. sez. 5, 6 agosto 2019; Cass. sez. 5, ord. 24 luglio 2018, n. 19620; Cass. sez. 5, 17 dicembre 2014, n. 26534), questa Corte ha avuto modo di affermare che “In tema di determinazione del reddito d’impresa, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 70 (ora art. 105) il quale disciplina la deducibilità fiscale degli accantonamenti per le indennità di fine rapporto, si applica anche all’indennità suppletiva di clientela spettante agli agenti, da reputarsi inclusa tra le “indennità per la cessazione di rapporti di agenzia”, cui fa riferimento il medesimo D.P.R., art. 16 (ora art. 17), comma 1, lett. d), richiamato dal detto art. 70, comma 3, dovendosi ritenere tale locuzione riferita a tutta la materia regolata dall’art. 1751 c.c., il quale, a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 303 del 1991, contiene, a decorrere dal 1 gennaio 1993, l’intera disciplina dell’indennità di fine rapporto dell’agente di commercio, essendo venuta meno ogni distinzione fra “indennità di scioglimento del contratto” (obbligatoria perchè di origine codicistica) ed “indennità suppletiva di clientela” (derivante dalla contrattazione collettiva e fruibile solo a determinate condizioni), e non potendosi escludere la deducibilità dei relativi accantonamenti in virtù del carattere aleatorio dell’indennità”.

8.2. La sentenza impugnata, che nella fattispecie ha riconosciuto la deducibilità dell’accantonamento relativo ad indennità suppletiva di clientela, ha fatto dunque corretta applicazione di detto principio, al quale va assicurata ulteriore continuità.

9. Il secondo motivo presenta in primo luogo un profilo d’inammissibilità.

9.1. Nella fattispecie in esame, la disciplina fiscale in tema di deduzione di costi va coordinata con quella civilistica di cui all’art. 1748 c.c., riguardo al diritto dell’agente alla provvigione.

9.1.1. Facendo espressamente salva, l’art. 1748 c.c., comma 4, che stabilisce che la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo, la diversa pattuizione eventualmente intervenuta tra le parti, la sentenza impugnata ha riconosciuto la legittimità della deduzione dei costi delle provvigioni nell’esercizio 2004, seppur dipendenti da contratti anteriori, in ragione della clausola contrattuale per la quale esse risultavano dovute solo dopo “il buon fine” dell’affare.

9.1.2. Era pertanto onere della ricorrente principale, rimasto nella fattispecie inadempiuto, investire con la censura in esame la ratio decidendi relativa all’applicabilità al caso di specie di quella specifica clausola contrattuale e, quindi, la questione della deroga prevista dall’art. 1748 c.c. (in fattispecie analoga cfr. Cass. sez. 5, 11 aprile 2018, n. 8893).

9.2. Ricorrendo, peraltro, detta clausola, per effetto della quale il diritto alla provvigione è sospensivamente collegato al buon fine dell’affare, questa Corte (cfr. Cass. sez. 5, 30 luglio 2014, n. 17302; Cass. sez. 5, 29 aprile 2011, n. 9359) ha chiarito, con riferimento alla determinazione del reddito d’impresa, che l’art. 75 (ora 109) del TUIR – disponendo che i ricavi ed i costi dei quali nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare vanno imputati all’esercizio in cui si verificano tali condizioni – comporta, con riferimento a costi di provvigioni subordinate al buon fine dell’affare, che il requisito della certezza possa ravvisarsi solo nel momento in cui le prestazioni siano state effettivamente ultimate.

10. Va pertanto rigettato il ricorso principale proposto dall’Amministrazione finanziaria.

11. Nell’esame dei motivi di ricorso incidentale articolati dalla società controricorrente conviene muovere da quelli (secondo e quarto), con i quali si è denunciato il vizio d’insufficienza motivazionale in ordine a fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione al disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo applicabile ratione temporis al presente giudizio, avente ad oggetto ricorso per cassazione avverso sentenza di Commissione tributaria regionale depositata anteriormente all’11 settembre 2012.

12. Il secondo motivo è fondato.

12.1. Invero, quanto ai compensi aggiuntivi corrisposti agli agenti G. e F., risulta assolutamente apodittica l’affermazione della CTR nella parte in cui assume che l’esame delle fatture emesse dai beneficiari non consente di valutare l’inerenza dei pagamenti, non essendo in alcun modo indicato il contenuto delle fatture medesime, onde verificarne la rispondenza alle indicazioni che vi debbono essere contenute, in relazione a quanto previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, mentre non è decisiva, al fine di sostenere la statuizione della relativa deducibilità dei costi, la rilevata assenza di accordi contrattuali in forma scritta, laddove non sia contestato che detti costi siano stati effettivamente sostenuti nell’anno di riferimento in relazione all’attività d’impresa.

13. Ugualmente è fondato il quarto motivo.

13.1. La CTR perviene ad escludere in modo generalizzato la deducibilità dei costi riferiti all’esecuzione di opere eseguite sugli immobili utilizzati dalla società in locazione finanziaria, dopo aver fatto riferimento solo ad alcune di tali opere, laddove la qualificazione delle stesse in termini di opere di manutenzione straordinaria presupponeva un’indagine analitica su ciascuna delle opere per le quali si erano portati i relativi costi in deduzione, essendo mancata, peraltro, in proposito, da parte della decisione impugnata, ogni considerazione in relazione alla rispondenza delle opere realizzate alla necessità di adeguamento dell’impiantistica dei capannoni a norma.

14. Sussiste, pertanto, anche il vizio d’insufficienza motivazionale denunciato con il quarto motivo di ricorso incidentale.

15. Restano, per effetto dell’accoglimento del secondo e quarto motivo di ricorso incidentale, assorbiti il primo ed il terzo motivo con i quali le corrispondenti statuizioni, da ultimo oggetto di esame, della sentenza impugnata, erano state censurate dalla società per violazione o falsa applicazione delle rispettive rubriche.

16. La sentenza impugnata va per l’effetto cassata limitatamente all’accoglimento del secondo e quarto motivo di ricorso incidentale e la causa rinviata per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Rigetta il ricorso principale.

Accoglie il ricorso incidentale in relazione al secondo e quarto motivo, dichiarati assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi del ricorso incidentale accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

 

 

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