Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22350 del 26/10/2011
Cassazione civile sez. VI, 26/10/2011, (ud. 07/10/2011, dep. 26/10/2011), n.22350
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GOLDONI Umberto – Presidente –
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –
Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 23356-2010 proposto da:
S.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.
VIEZZI PAOLO, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
PROVINCIA DI UDINE (OMISSIS) in persona del suo Presidente pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 87, presso
lo studio dell’avvocato BELLI BRUNO, che la rappresenta e difende,
giusta determina 2010/8361 del 20.10.2010 e giusta procura in calce
al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 509/2010 del TRIBUNALE di UDINE, depositata il
29/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LINA MATERA;
udito per la controricorrente l’Avvocato Giuseppe M.F. Rapisarda (per
delega avv. Bruno Belli) che si riporta agli scritti;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PRATIS
Pierfelice che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
PREMESSO IN FATTO
Il relatore della Sezione ha depositato in Cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:
” S.M. proponeva opposizione avverso l’ordinanza n. 584/2009 emessa dalla Provincia di Udine, con la quale gli veniva ingiunto il pagamento della sanzione amministrativa di Euro 5.400,00, oltre spese, per più violazioni del D.P.G.R. n. 440/Pres. dd. 20 novembre 2001, art. 7 comma 4, art. 11, comma 2, art. 3, comma 1, commesse il (OMISSIS).
Con sentenza depositata il 23-3-2010 il Tribunale di Udine, in parziale accoglimento dell’opposizione, annullava l’ordinanza- ingiunzione impugnata limitatamente alla contestazione dell’illecito di cui all’art. 3 comma 1, per la sola giornata del 5-11-2003, rideterminando la sanzione ingiunta al ricorrente nell’importo di Euro 4.840,00.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso lo S., sulla base di cinque motivi.
La Provincia di Udine ha resistito con controricorso.
RILEVA IN DIRITTO Il ricorrente ha proposto cinque motivi di ricorso, denunciando:
1) violazione e falsa applicazione di legge, nonchè contraddittorietà della sentenza, nella parte in cui ha respinto l’eccezione di nullità ed inesistenza della notifica dell’ordinanza ingiunzione e di prescrizione del diritto;
2) violazione e falsa applicazione di legge, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nella parte in cui ha negato la nullità dell’ordinanza ingiunzione e del processo verbale di accertamento presupposto per violazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 24;
3) violazione e falsa applicazione di legge, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nella parte in cui ha negato la nullità o infondatezza dell’ordinanza ingiunzione e del processo verbale di accertamento presupposto per violazione del principio di specialità di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 9;
4) violazione e falsa applicazione di legge, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nella parte in cui ha negato la declaratoria di nullità, illegittimità o infondatezza dell’ordinanza ingiunzione e del processo verbale di accertamento presupposto per violazione della L.R. n. 1 del 1984, art. 7;
5) violazione e falsa applicazione di legge, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nella parte in cui ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In via pregiudiziale, deve esaminarsi l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla resistente nel controricorso.
L’eccezione è fondata.
A seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 26, comma 1, che ha soppresso la L. n. 689 del 1981, art. 23, u.c., le sentenze rese dopo il 2-3-2006 in un giudizio di opposizione L. 689 del 1981, ex art. 22 sono impugnabili mediante appello, e non più ricorribili per cassazione.
Nella specie, pertanto, trattandosi di sentenza emessa dopo il 2-3- 2006, il rimedio esperibile dal ricorrente era l’appello; con la conseguenza che il proposto ricorso per cassazione deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380-bis e 375 c.p.c.”.
La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite.
Diritto
RITENUTO IN DIRITTO
Il Collegio condivide la proposta di decisione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2011