Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22350 del 15/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/10/2020, (ud. 02/12/2019, dep. 15/10/2020), n.22350

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11117-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE nonchè AGENZIA DELLE ENTRATE in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

le rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

O.A.A., domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato LOMBARDI VITTORIO giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1541/2018 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 02/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2019 dal Consigliere Dott. NAPOLITANO LUCIO;

udito il.P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE BELLIS che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato LOMBARDI che ha chiesto il

rigetto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 1541/3/2018, depositata il 2 ottobre 2018, non notificata, la Commissione tributaria regionale (CTR) del Piemonte, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal sig. O.A.A. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (Direzione provinciale I e II di Torino, dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione e della Camera di Commercio, Industria, Agricoltura ed Artigianato (di seguito per brevità, c.c.I.A.A. o Camera di Commercio) di Torino, dichiarò, in parziale riforma della sentenza di primo grado – che aveva integralmente accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso avviso d’intimazione di pagamento per crediti, di diversa natura, relativi ad una pluralità di cartelle, delle quali il contribuente stesso aveva contestato la validità della notifica – la prescrizione dell’azione di riscossione solo in ordine alle seguenti cartelle, così come riportate in dispositivo: n. (OMISSIS); n. (OMISSIS); n. (OMISSIS); n. (OMISSIS), sul presupposto che ad esse non fosse applicabile il termine di prescrizione decennale, bensì il termine quinquennale, rilevando invece, riguardo alle altre, che la notifica dell’avviso d’intimazione di pagamento in data 5 aprile 2016 avesse comunque interrotto detto termine breve allora non ancora decorso.

Avverso la sentenza della CTR hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, notificato nei confronti del solo sig. O., che resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo le ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2946 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che, con la decisione impugnata, la CTR del Piemonte avrebbe fatto erronea applicazione del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. SU 17 novembre 2016, n. 23397), dalla decisione del giudice tributario d’appello interpretato nel senso che la succitata pronuncia avrebbe sancito la prescrizione quinquennale di tutte le pretese della Pubblica Amministrazione, salvo che nei casi in cui la sussistenza del credito erariale non fosse accertata con sentenza passata in giudicato o a mezzo di decreto ingiuntivo definitivo, solo in tali casi rendendosi applicabile l’art. 2953 c.c. e, per l’effetto, la prescrizione ordinaria decennale.

2. Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, costituito dall’essere i crediti oggetto delle cartelle esattoriali riferiti tutti – salvo che la cartella n. (OMISSIS), non annullata dalla CTR, avente ad oggetto diritti camerali, dunque facenti capo a diverso ente, la Camera di Commercio di Torino – a tributi erariali, per i quali la giurisprudenza di questa Corte ha abitualmente affermato l’applicabilità del termine ordinario decennale di prescrizione, e a contributi previdenziali.

3. Con il terzo motivo, infine, le ricorrenti denunciano nullità della sentenza per motivazione contraddittoria, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1, n. 4, dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 laddove, in maniera del tutto contraddittoria e non intellegibile, dopo avere, nella parte motiva, con riferimento specifico alla cartella n. (OMISSIS), dapprima annoverato detta cartella tra quelle per le quali risultava maturato il termine di prescrizione (quinquennale) e poi invece tra quelle ancora esigibili, ha quindi in dispositivo dichiarato, per quanto rileva ai fini del motivo in esame, l’intervenuta prescrizione dell’azione di riscossione con riferimento a detta cartella.

4. In via preliminare va rilevato come non vi sia necessità d’integrazione del contraddittorio nei confronti della Camera di Commercio di Torino, con riferimento alla controversia riguardante la cartella n. (OMISSIS) relativa a diritti camerali dovuti nei confronti di detto ente, trattandosi di controversia relativa a causa scindibile ed in relazione alla quale si è formato il giudicato interno per omessa impugnazione da parte dell’ O. riguardo alla statuizione relativa alla non intervenuta prescrizione dell’anzidetta cartella.

5. Il primo motivo è fondato e va accolto.

5.1. La sentenza impugnata non risulta avere fatto corretta applicazione del principio di diritto affermato da Cass. SU 17 novembre 2016, n. 23397, che, giudicando in tema di riscossione di contributi previdenziali, per i quali risultava applicabile, secondo la L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, commi 9 e 10, il termine di prescrizione quinquennale, chiarì che la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione a cartella di pagamento, di cui al D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., trovando detta disposizione applicazione solo nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale definitivo.

5.2. Detto principio trova applicazione – come chiarito dalle stesse Sezioni Unite – con riguardo a tutti gli atti di riscossione, comunque denominati, mediante ruolo, riguardanti quindi, oltre ai crediti previdenziali, crediti relativi ad entrate tributarie ed extratributarie, dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali, nonchè delle sanzioni per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. “Con la conseguenza” così testualmente le Sezioni Unite – “che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”.

5.3. Ciò avrebbe dovuto indurre la CTR a verificare la prescrizione per ciascun tributo oggetto di riscossione secondo la disciplina sostanziale, trovando applicazione, salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, il termine ordinario decennale di prescrizione, secondo il disposto dell’art. 2946 c.c..

5.4. Orbene, come precisato in dettaglio in ricorso dalle ricorrenti in ossequio al principio di autosufficienza, i crediti oggetto delle cartelle erano riferiti in larga parte a tributi erariali (IVA, IRPEF, IRAP, ritenute alla fonte, addizionali regionali e comunali).

5.5. Questa Corte ha costantemente affermato (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 9 febbraio 2007, n. 2941; Cass. sez. 5, 23 febbraio 2010, n. 4283; Cass. sez. 5, 10 dicembre 2014, n. 26013; Cass. sez. 5, 14 novembre 2014, n. 24322 – par. 6.2, in motivazione; Cass. sez. 6-5, ord. 16 luglio 2018, n. 18804; Cass. sez. 6-5, ord. 3 maggio 2019, n. 11760; Cass. sez. 1, 2 ottobre 2019, n. 24588; Cass. sez. 6-5, ord. 5 novembre 2019, n. 28315), che ai crediti afferenti ai tributi erariali, in mancanza di espressa diversa disposizione di legge, non può comunque applicarsi la prescrizione breve di cinque anni prevista dall’art. 2948 c.c. per le prestazioni periodiche.

5.6. Le obbligazioni per tributi erariali non possono, infatti, qualificarsi come prestazioni periodiche in quanto il loro ammontare deriva, anno per anno, da elementi riferibili a ciascun anno d’imposta in relazione alla sussistenza dei presupposti impositivi, ciò comportando che i singoli periodo d’imposta e le obbligazioni che ad essi si riferiscono sono tra loro autonomi, mancando la causa debendi continuativa, che caratterizza le prestazioni periodiche.

5.7. La sentenza impugnata, pur richiamando espressamente il principio di cui alla succitata Cass. SU n. 23397/16, non ne ha fatto corretta applicazione, facendo discendere, dalla mancata sussistenza di titolo giudiziale definitivo, la generalizzata applicazione della prescrizione quinquennale, che non consegue automaticamente all’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 2953 c.c., atteso che il giudice di merito, a fronte della mancata impugnazione delle cartelle, avrebbe dovuto distinguere secondo la disciplina sostanziale di prescrizione di ciascun tributo, trovando applicazione, in difetto di diverse disposizioni di legge, per i tributi erariali, il termine ordinario decennale di prescrizione secondo il disposto dell’art. 2946 c.c..

6. L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo, subordinatamente proposto.

7. E’ fondato e va accolto anche il terzo motivo.

7.1. Non è dato, infatti, ricostruire la ratio decidendi dell’impugnata pronuncia con riferimento alla sorte della cartella n. (OMISSIS). Quest’ultima, infatti, nella parte motiva, risulta dapprima annoverata tra quelle per le quali risultava maturato il termine di prescrizione (quinquennale) e poi invece tra quelle ancora esigibili, avendo, infine, la CTR, in dispositivo, dichiarato, per quanto rileva ai fini del motivo in esame, l’intervenuta prescrizione dell’azione di riscossione con riferimento a detta cartella.

7.2. Sussiste, per l’effetto, la denunciata nullità della sentenza sul punto per contrasto irriducibile tra motivazione (già in sè peraltro contraddittoria) e dispositivo, senza che l’interprete possa in alcun modo desumere l’effettiva ratio decidendi della decisione in parte qua impugnata (cfr., tra le molte, Cass. sez. 6-3, 11 luglio 2014, n. 15990; Cass. sez. 6-5, ord. 17 ottobre 2018, n. 26074).

8. Il ricorso va pertanto accolto in relazione al primo ed al terzo motivo, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e la causa rinviata per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, che, nell’uniformarsi al principio di diritto come dinanzi chiarito, provvederà anche in ordine alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso in relazione al primo ed al terzo motivo, dichiarato assorbito il secondo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

 

 

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