Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2235 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 30/01/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 30/01/2020), n.2235

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16309-2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati PAOLA

MASSAFRA, ANGELO GUADAGNINO;

– ricorrente –

contro

O.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 41,

presso lo studio dell’avvocato PAOLA PEZZALI, rappresentata e difesa

dall’avvocato STEFANO GIAMPIETRO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 25/2014 della CORTE D’APPELLO di TRENTO

depositata il 27/03/2014 R.G.N. 101/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/11/2019 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO ALESSANDRO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato PAOLA MASSAFRA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Trento, con la sentenza n. 25 del 2014, ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accertato il diritto di O.A., dipendente dell’Inps, a percepire la pensione di anzianità in

deroga ai requisiti previsti dalla L. n. 214 del 2011 e L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 8 sin dal marzo 2012 e condannato l’INPS a corrispondere la medesima pensione di anzianità.

2. Ad avviso della Corte territoriale la O. aveva i requisiti di cui alla L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 8, come modificata dalla L. 24 dicembre 2007, n. 247 (in particolare 35 anni di contributi e 57 anni di età), potendo beneficiare anche dei contributi versati volontariamente nel periodo di congedo non retribuito per motivi familiari dal maggio 1983 al marzo 1984.

3. Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso l’INPS affidato ad un unico motivo cui resiste O.A. con controricorso.

4. L’Inps ha depositato atto di costituzione di nuovo difensore.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso l’INPS deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 8, come modificato dalla L. n. 247 del 2007, della L. 18 febbraio 1983, n. 47, art. 1 come sostituito dal D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 184, artt. 5 e ss. del D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 564, art. 5 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo la Corte territoriale erroneamente non differenziato tra autorizzazione alla prosecuzione volontaria della contribuzione ed autorizzazione alla integrazione volontaria della contribuzione stessa. Ed infatti, assume l’istituto che la deroga all’innalzamento dell’età pensionabile introdotta dalla novella di cui alla L. n. 247 del 2007 – e quindi la possibilità di usufruire dei requisiti di cui alla precedente L. n. 335 del 1995 – poteva correlarsi solo ai casi riguardanti chi, prima del 20 luglio 2007, fosse stato autorizzato alla “prosecuzione volontaria della contribuzione”, laddove la G. era stata autorizzata invece alla “integrazione della contribuzione su base volontaria”. Evidenzia che la differenza tra le due predette situazioni sia da rinvenirsi nella “costanza del rapporto di lavoro” generatore dell’obbligo contributivo, assente nella prima e presente, al contrario, nella seconda in cui si intende solo colmare il conto assicurativo nei periodi scoperti.

7. il motivo è infondato, come recentemente affermato da questa Corte con la ordinanza n. 12362 del 2019 cui va data continuità.

8. Vale riportare le disposizioni normative che vengono in rilievo. La L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 8, come modificato dalla L. n. 247 del 2007, recita: “8. Le disposizioni in materia di pensionamenti di anzianità vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ai lavoratori che, antecedentemente alla data del 20 luglio 2007, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione. Il trattamento previdenziale del personale di cui al D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 195, del personale di cui alla L. 27 dicembre 1941, n. 1570, nonchè dei rispettivi dirigenti continua ad essere disciplinato dalla normativa speciale vigente”. la L. 18 febbraio 1983, n. 47, art. 1 che fissa i requisiti per l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria dispone: “L’assicurato, qualora sia interrotto o cessi il rapporto di lavoro che ha dato luogo all’obbligo dell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, ai sensi del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 37 e successive modificazioni ed integrazioni, può rispettivamente conservare i diritti derivanti dall’assicurazione predetta o raggiungere i requisiti per il diritto alla pensione mediante il versamento di contributi nell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti”. Il D.Lgs. n. 564 del 1996, art. 5 stabilisce: “1. In favore degli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti e alle forme di essa sostitutive ed esclusive, i periodi successivi al 31 dicembre 1996, di interruzione o sospensione del rapporto di lavoro previsti da specifiche disposizioni di legge o contrattuali e privi di copertura assicurativa, possono essere riscattati, nella misura massima di tre anni, a domanda, mediante il versamento della riserva matematica secondo le modalità di cui alla L. 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13 e successive modificazioni ed integrazioni.

2. Per gli stessi periodi, lavoratori di cui al comma 1 possono essere autorizzati, in alternativa, alla prosecuzione volontaria del versamento dei contributi nel fondo pensionistico di appartenenza ai sensi della L. 18 febbraio 1983, n. 47”.

9. Si tratterebbe, nell’assunto dell’INPS, di ipotesi diverse non assimilabili in quanto: a) l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria della contribuzione – di cui alla L. n. 47 del 1983, art. 1 – è un beneficio che consente ai soggetti assicurati, in caso di interruzione o cessazione del rapporto, quindi in assenza di un rapporto di lavoro di proseguirne il versamento traslando sul lavoratore l’obbligazione di pagamento dei contributi – già del datore di lavoro – ed è una misura finalizzata a tutelare una situazione peculiare di debolezza dell’assicurato allo scopo di consentirgli di conservare i diritti derivanti dall’assicurazione generale obbligatoria o di raggiungere i requisiti necessari per accedere alla pensione; b) l’autorizzazione alla “copertura assicurativa di periodi non coperti da contribuzione” – prevista dal D.Lgs. n. 564 del 1996, art. 5 opera, invece, in costanza di rapporto di lavoro e non mira a soddisfare quelle esigenze di tutela di cui sopra.

10.Orbene, tale assunto non è condivisibile. In primo luogo, non tiene conto della lettera del D.Lgs. n. 564 del 1996, art. 5, comma 1 che fa riferimento anche ad ipotesi di interruzione del rapporto di lavoro e del disposto del comma 2 il quale prevede, in alternativa al riscatto, di cui al comma 1, proprio l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria del versamento dei contributi nel fondo pensionistico di appartenenza ai sensi della L. 18 febbraio 1983, n. 47. Nè ricorre tra le due ipotesi quella diversità ontologica predicata dall’INPS per limitare l’ambito di applicazione della L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 8, come modificato dalla L. n. 247 del 2007 trattandosi in entrambi i casi di tratta di autorizzazione alla prosecuzione volontaria. Peraltro – come evidenziato dalla Corte territoriale – appare irragionevole la diversa lettura fornita dall’istituto per il quale va differenziata la posizione di chi sia stato regolarmente autorizzato, da parte dell’ente previdenziale, ad integrare la contribuzione su base volontaria, non versata dal datore nel suddetto periodo di sospensione lavorativa, e chi sia autorizzato a proseguire la contribuzione volontaria, perchè non più dipendente e, quindi, in assenza di un datore di lavoro che possa versare tale contribuzione;

11. Pertanto, il ricorso va rigettato.

12. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore della controricorrente.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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