Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22347 del 22/10/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 22347 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: RUBINO LINA

SENTENZA
sul ricorso 1642-2011 proposto da:
LAGHI

GIOVANNA

LGHGNN55R46A547P,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PASUBIO 15, presso lo studio
dell’avvocato DARIO PICCIONI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato GIOVANNI ZAULI giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

TURA

PASQUALE

TRUPQL37DO6D458V,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI 140, presso lo
studio dell’avvocato PIERLUIGI LUCATTONI, che lo

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Data pubblicazione: 22/10/2014

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SONIA
FALCINI giusta procura a margine del controricorso;
ASSICURAZIONI GENERALI SPA 00079760328, in persona dei
legali rappresentanti pro-tempore: HUGUENEY RICCO’
MARIO e LONGONI GIOVANNI, elettivamente domiciliata in

dell’avvocato MARCO VINCENTI, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati ROBERTO CAMPISI,
PAOLO

CAMPISI

giusta

procura

a

margine

del

controricorso;
– controricorrenti nonchè contro

NOALI EGILBERTO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 946/2010 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 06/09/2010 R.G.N. 594/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/07/2014 dal Consigliere Dott. LINA
RUBINO;
udito l’Avvocato MARCO VINCENTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per
l’inammissibilita’ in subordine per il rigetto.

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ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio

/

R.G. 1642\2011

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Noali Egilberto, chiedendo che gli stessi fossero condannati a risarcirle i danni
patrimoniali e non, provocati nel corso della ristrutturazione dell’appartamento
sovrastante al suo, consistenti in immissioni rumorose e cadute di materiali dal soffitto
che avevano anche danneggiato l’impianto televisivo. Il Tura chiamò in giudizio la sua
compagnia di assicurazioni, Generali s.p.a.
Il Tribunale di Forli, all’esito del giudizio di primo grado, condannò la sola impresa edile
Noale, che aveva materialmente eseguito i lavori al piano di sopra, a risarcire il danno
patrimoniale subito dalla Laghi nella misura di euro 2.014,18 rigettando la domanda nei
confronti della impresa Tura. Il giudice di primo grado compensò le spese di lite tra
l’attrice e l’impresa edile Noali al 50%, ponendone il restante 50% a carico della Noali,
poneva a carico della Noali le spese di c.t.u. e condannò l’attrice a rifondere le spese al
Tura e alle Generali s.p.a.
L’appello della Laghi, relativo anche alla liquidazione delle spese di lite, veniva rigettato
dalla Corte d’appello di Bologna con la sentenza impugnata, che poneva a carico della
Laghi anche la rifusione delle spese del grado di giudizio..
Laghi Giovanna propone ricorso per cassazione nei confronti di Noali Egilberto , Tura
Pasquale e della Società Generali s.p.a., articolato in tre motivi, per la cassazione della
sentenza n. 946 dell’8 settembre 2010 della Corte d’Appello di Bologna.
Tura Pasquale e le Ass.ni Generali s.p.a. hanno depositato controricorso.
La ricorrente e le Ass.ni Generali s.p.a. hanno depositato memorie illustrative.

MOTIVI DELLA DECISIONE
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Laghi Giovanna convenne in giudizio dinanzi al tribunale di Bologna Tura Pasquale e

Con il primo motivo di ricorso, la Laghi denuncia la violazione e falsa applicazione
dell’art. 844 c.c. da parte della corte d’appello nonché l’omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio e in
particolare che sia mancato , o sia stato insufficiente o illogico l’esame di punti decisivi
della controversia prospettati dalle parti.

subite, riconducendole alla normale rumorosità provocata da lavori di ristrutturazione in
un appartamento, svalutando il contenuto della prove testimoniali, ritenute tutte
inattendibili perché de relato — mentre alcune facevano riferimento a fatti ai quali i testi
avevano personalmente assistito – e facendo riferimento esclusivo alla c.t.u..
Lamenta che la corte sia giunta alla conclusione, che va contro la portata e lo spirito
dell’art. 844 c.c., che ogni rumore, di qualsiasi entità ed a qualsiasi ora proveniente dalla
ristrutturazione di un appartamento nello stesso palazzo vada comunque sopportata,
atteso che la ristrutturazione costituisce comunque un miglioramento dell’edificio anche
sotto il profilo della sicurezza comune, senza considerare né gli orari ( il martellamento
avveniva anche durante le ore di riposo), né il mezzo utilizzato ( martello pneumatico).
Il motivo di ricorso è infondato.
Da un lato la ricorrente riconduce esclusivamente alla violazione della norma sulle
immissioni voci di danno patrimoniale non riconosciuto che non sono in alcun modo ad
esse riconducibili, perché non connesse con la provenienza dall’appartamento
sovrastante di rumori eccedenti la normale tollerabilità, quali la caduta dei calcinacci o
ovvero il pregiudizio subito per l’esplosione del televisore, rispetto alla quale la corte
d’appello ha negato che esista la prova di un nesso causale con lo svolgimento dei lavori
al piano sovrastante. Le considerazioni della ricorrente, relative al fatto che i mezzi da
utilizzare per il restauro debbano essere adeguati allo stato dei luoghi, e che l’utilizzo del
martello pneumatico per la ristrutturazione di un palazzo antico dovesse reputarsi non
compatibile con lo stato dei luoghi ed idoneo ad aumentare il rischio che si provocassero
danni all’appartamento sottostante, con caduta di materiali e danni alle suppellettili,
avrebbero potuto esser prese in considerazione ove sussunte sotto la violazione della
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Lamenta che la sentenza impugnata abbia sottovalutato la portata delle immissioni

regola ordinaria del neminern laedere

( e nel rispetto della ripartizione degli oneri

probatorie ivi previsti anche sotto il profilo del nesso causale) e non all’interno di un
richiamo esclusivo alla norma sulle immissioni. Per molti dei danni lamentati non di
pregiudizio provocato dall’eccessiva rumorosità si tratta, ma di danni materiali provocati
dalla caduta di materiali edili dal soffitto.

alle numerose deposizioni testimoniali appare poi volto a provocare, in.
ammissibilmente, un riesame da parte del giudice di legittimità delle risultanze istruttorie
più che la sussistenza di un vizio di motivazione.
Con il secondo motivo di ricorso, la Laghi lamenta la violazione degli artt. 2043 e 2058
c.c. , oltre che il difetto di motivazione.
Sostiene che la corte d’appello l’avrebbe ingiustamente penalizzata, rigettandone
l’appello sia sul quantum del risarcimento sia sul punto in cui contestava la legittimità della
compensazione delle spese effettuata dal giudice di primo grado tra lei e il Noale,
effettivo esecutore dei lavori ed unico condannato ad un limitato risarcimento dei danni
materiali subiti dalla ricorrente, sulla base di una erronea interpretazione ed applicazione
dell’art. 2058 c.c. L’avrebbe cioè penalizzata in quanto non avrebbe accettato l’offerta del
Noale di eliminare direttamente i danni procurati, in una malintesa interpretazione
dell’art. 2058 c.c. in base alla quale essa avrebbe ingiustificatamente rifiutato l’offerta del
danneggiante, titolare di impresa edile, di eliminare direttamente i danni ripristinando i
luoghi.
Il motivo va rigettato.
E’ ben vero che il risarcimento in forma specifica costituisce un diritto del danneggiato,
in quanto è la forma di risarcimento di solito più pienamente satisfattiva, in quanto tesa
all’integrale ripristino della situazione violata, soggetta a certe limitazioni (nel senso che
non può essere richiesta in relazione a un fare infungibile e qualora sia eccessivamente
onerosa per il debitore) e non può ribaltarsi in un onere a suo carico.
Però la corte d’appello ha tenuto conto del comportamento poco collaborativo della
danneggiata , che ha rifiutato l’offerta dell’impresa danneggiante di ripristinare

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Per quanto concerne invece la durata e l’intensità delle immissioni rumorose, il richiamo

direttamente i luoghi eliminando le parti ammalorate, al solo scopo di motivare la
scelta di parziale compensazione delle spese di lite di primo grado tra Laghi e Noali.
Con il terzo motivo di ricorso, la Laghi lamenta la presenza di vizi di motivazione nella
sentenza impugnata in relazione ai rapporti processuali tra Laghi e Tura e tra il Tura e la
sua compagnia di Assicurazioni, Generali s.p.a., in particolar modo per non aver
riformato la sentenza di primo grado laddove aveva posto a carico dell’attrice le spese di

La corte d’appello motivava il rigetto dell’appello sul punto affermando che l’evocazione
in giudizio della impresa Tura era stata una libera scelta dell’attrice, che ben sapeva fin
dall’inizio che i lavori erano stati eseguiti dall’impresa Noale, e quindi riteneva che essa
ne dovesse sostenere le conseguenze, sotto il profilo del pagamento delle spese
processuali, e che dovesse sostenere il pagamento anche delle spese legali sostenute dal
Tura per la chiamata in causa della sua compagnia di assicurazioni.
La ricorrente fa presente di aver prodotto in primo grado una dichiarazione del Noali, il
cui contenuto riproduce nel testo del ricorso, dalla quale risultava che il contratto di
appalto relativo all’esecuzione di lavori nell’appartamento sottostante era stato
sottoscritto dalla ditta “Tura e Noali” e nel quale veniva anche indicati gli estremi della
polizza assicurativa con le Generali che copriva i rischi di danni anche ai vicini per tali
lavorazioni, che lo stesso Noali aveva chiamato in causa l’impresa Tura per esserne
garantita.
Quanto alla violazione di legge, evidenzia che il giudice in merito alla necessità o meno
da parte della danneggiata di convenire in giudizio quello che sulla carta appariva essere
l’appaltatore principale avrebbe dovuto compiere una valutazione ex ante, ed avrebbe
diversamente concluso che la Laghi non poteva essere certa, prima dell’inizio del
giudizio, che unico responsabile dei lavori potesse essere solo l’impresa Noali, e non ex
post, come aveva fatto la corte d’appello.
Osserva poi che tale valutazione ex ante non era stata fatta, dalla corte d’appello, neppure
nei riguardi dei rapporti tra Tura e la sua compagnia di assicurazioni, in quanto se fosse
stata fatta la corte avrebbe potuto visualizzare con immediatezza che la polizza era
inoperante nel caso di specie (perché essa prevedeva che l’edificio non dovesse essere
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lite sostenute dall’impresa Tura e dalla sua compagnia di assicurazioni.

occupato e non si estendeva ai lavori eseguiti in subappalto) , per cui la chiamata in causa
era inutile se non temeraria : di conseguenza, la corte non avrebbe dovuto porre a carico
della Laghi quanto meno le spese sostenute dal Tura per chiamare in giudizio la propria
compagnia assicuratrice.
Anche questo motivo di ricorso va rigettato.

soccombenza, e quanto alle spese delle Generali, dalla sentenza di appello non emerge
con chiarezza che la sentenza di primo grado abbia rigettato la domanda di manleva
verso la compagnia di assicurazioni sulla base della inoperatività della polizza, né alcuno
ha fatto appello sul profilo della responsabilità dell’impresa Tura. Non esistono quindi
elementi per affermare, come fa la Laghi, che la chiamata in causa dell’impresa di
assicurazioni fosse temeraria o arbitraria, (nel qual caso il rimborso delle spese di lite
dovrebbe rimanere a carico della parte che abbia chiamato o abbia fatto chiamare in
causa il terzo : Cass. n. 7431 del 2012).
Si aggiunga che non vi è modo di sapere con certezza quali fossero effettivamente le
conclusioni della Laghi tratte in appello, perché la sentenza non le riporta, né le riporta il
ricorso, mentre il controricorso delle Ass.ni Generali le ricostruisce diversamente dalla
ricorrente.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico della ricorrente le spese di lite sostenute dai
contro ricorrenti e le liquida in euro 1.900,00 ciascuno, di cui curo 200,00 per spese, oltre
accessori e contributo spese generali.

Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 17 glio 2014
Il Consigliere estensore

Il Pres nte

Quanto alle spese sostenute dal Tura, la corte d’appello si è attenuta al principio della

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