Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22346 del 06/09/2019

Cassazione civile sez. II, 06/09/2019, (ud. 09/05/2019, dep. 06/09/2019), n.22346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7797-2015 proposto da:

MRM ASCENSORI SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANASTASIO II 80, presso lo

studio dell’avvocato ADRIANO BARBATO, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCO MARCELLO;

– ricorrente –

contro

TIEFFE SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso dall’avvocato MAURO ALESSANDRO CIAPPETTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3514/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 07/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/05/2019 dal Consigliere PICARONI ELISA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale CAPASSO

LUCIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Milano, con – sentenza pubblicata il 7 ottobre 2014, ha rigettato l’appello principale proposto da M.R.M. Ascensori s.r.l. e quello incidentale proposto da Tieffe s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Monza n. 1578 del 2013.

1.1. Il Tribunale aveva revocato il decreto ingiuntivo che intimava a MRM Ascensori il pagamento di Euro 5.380,54 oltre interessi, e, rideterminata la somma dovuta al netto degli acconti corrisposti e degli ulteriori pagamenti effettuati nel corso del giudizio, aveva condannato MRM Ascensori a pagare la somma di Euro 1.081,46 oltre interessi dovuti ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002, compensando le spese di lite.

2. La Corte d’appello ha confermato la decisione.

3. Ricorre per la cassazione della sentenza la società MRM Ascensori srl, sulla base di cinque motivi, ai quali resiste Tieffe srl con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, che si articola in due doglianze, è denunciato omesso esame di fatto decisivo (pag. 15 del ricorso) e violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda di condanna alle spese e ai danni da responsabilità aggravata (pag. 20 del ricorso).

2. Le doglianze sono inammissibili.

2.1. La ricorrente non indica alcun fatto storico decisivo, sottoposto al contraddittorio delle parti, che la Corte d’appello non avrebbe esaminato (sulla modalità di deduzione del vizio di omesso esame cfr. Cass. Sez. U 07/04/2014, n. 8053), e la censura si risolve nella contestazione della ricostruzione in fatto del rapporto controverso, che spetta solo al giudice di merito.

Nella specie, dopo avere esaminato il materiale istruttorio e argomentato sulla -maggiore attendibilità di alcuni testi rispetto ad altri, la Corte d’appello ha confermato che la prima fattura (n. (OMISSIS) del 2009) non era stata contestata ed erano stati versati acconti; che la merce di cui alla seconda fattura (n. (OMISSIS) del (OMISSIS)) era stata sostituita dalla merce di cui all’ordine n. 158/09 del 10/07/2009, al quale aveva fatto seguito la fattura pro-forma del 13/07/2010; che MRM aveva accettato il preventivo del 14/07/2009, il cui ordine era stato poi annullato con fax del 27 luglio 2009, quando la merce era pronta per la consegna.

2.2. Quanto all’interpretazione della domanda

riconvenzionale dell’opposta Tieffe, la Corte d’appello ha condiviso la lettura del Tribunale, secondo cui la domanda era riferita alla fattura pro-forma del 13 luglio 2010. Non ha costituito oggetto di esame, invece, la questione se si trattasse di riconvenzionale o, più propriamente, di una reconventio – reconventionis, che viene oggi prospettata e che deve essere ritenuta inammissibile in quanto nuova, poichè dalla ricorrente non ha specificato se e dive l’avesse posta nei gradi di merito.

Secondo l’orientamento costante di questa Corte regolatrice, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (ex multis, Cass. 13/06/2018, n. 15430; Cass. 18/10/2013, n. 23675).

2.3. Non è ammissibile neppure l’altra doglianza denunciata. Per un verso, infatti, la revoca del decreto ingiuntivo imposta dall’accertata diversità dell’importo dovuto rispetto a quello ivi indicato non incideva sul riparto dell’onere delle spese, che doveva essere modulato sull’esito della pretesa creditoria, e, per altro verso, come evidenziato dalla Corte d’appello, la condanna per responsabilità aggravata dell’opposta era incompatibile con l’esito del giudizio, che riconosceva il diritto di credito, seppure in misura ridotta.

Il vizio processuale di omessa pronuncia risulta, pertanto, non configurabile sotto entrambi i profili dedotti.

3. Con il secondo motivo è denunciata nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, c.p.c., per motivazione apparente ovvero priva di logicità sulla domanda riconvenzionale proposta dalla società Tieffe.

3.1. La doglianza è inammissibile in quanto ha ad oggetto la ricostruzione degli accadimenti cui la Corte di merito è pervenuta dopo l’esame del materiale istruttorio, documentale e non, e perciò si pone al di fuori del perimetro entro il quale è possibile denunciare il vizio di motivazione, dopo la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Come affermato dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte, assurta ormai a diritto vivente (a partire dalla citata pronuncia delle Sezioni Unite n. 8053 del 2014), il vizio di motivazione che dà luogo alla violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, si verifica, infatti, soltanto in caso di mancanza grafica della motivazione, o di motivazione del tutto apparente (nel senso che non fornisce alcuna risposta al motivo di gravame), oppure di motivazione perplessa od oggettivamente incomprensibile, oppure di manifesta e irriducibile sua contraddittorietà e sempre che i relabvi vizi emergano -dal provvedimento in sè, esclusa la riconducibilità in detta previsione di una verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione medesima mediante confronto con le risultanze probatorie, sicchè il controllo sulla motivazione. da parte del giudice di legittimità diviene un controllo ab intrinseco, nel senso che la violazione indicata deve emergere obiettivamente dalla mera lettura della sentenza in sè, senza possibilità alcuna di ricavarlo dal confronto con atti o documenti acquisiti nel corso dei gradi di merito.

4. Con il terzo motivo è denunciata nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, nella parte in cui la Corte d’appello ha rigettato il terzo motivo di appello, per incomprensibilità delle ragioni a sostegno della decisione.

5. Con il quarto motivo di ricorso è denunciato omesso esame di fatto storico decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, consistito nel “dialogo” avvenuto tra l’amministratore unico di MRM Ascensori ed il legale rappresentante di Tieffe nello stabilimento di quest’ultima, in data 23 ottobre 2010, come ammesso dallo stesso legale rappresentante di Tieffe in sede di interrogatorio formale, e confermato dai testi.

6.1. Le doglianze prospettate con entrambi i motivi, al pari delle precedenti, sollecitano la rivalutazione delle prove, peraltro in carenza di specificità giacchè le prove non sono trascritte nel ricorso, e sono perciò inammissibili per le ragioni già evidenziate.

7. Con il quinto motivo è denunciata nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e si contesta che la Corte d’appello non avrebbe argomentato la ritenuta irrilevanza della querela di falso.

7.1. La doglianza è inammissibile.

Richiamato quanto detto a proposito della configurabilità del vizio di motivazione, si osserva che la Corte d’appello ha ampiamente e plausibilmente argomentato l’irrilevanza della querela di falso, avuto riguardo al suo contenuto (ricezione, da parte di MRM Ascensori, di 2 lettere fax con le quali Tieffe sollecitava il pagamento della merce di cui alle fatture che erano state poste alla base del decreto ingiuntivo), sicchè palesemente non è configurabile il vizio denunciato.

8. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna della società ricorrente alle spese del presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2019

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