Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22345 del 05/08/2021

Cassazione civile sez. VI, 05/08/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 05/08/2021), n.22345

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29868-2019 proposto da:

PURPLE SPV SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, e

per essa quale mandataria la DOVALUE SPA, elettivamente domiciliata

in ROMA, LUNGOTEVERE ARNALDO DA BRESCIA 9-10, presso lo studio

dell’avvocato ANDREA FIORETTI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.M., D.F.G., C.G.,

M.G., AKITA GROUP SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GINO FUNAIOLI 54/56,

presso lo studio dell’avvocato FRANCO MURATORI, che li rappresenta e

difende;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso la sentenza n. 691/2019 del

TRIBUNALE di AREZZO, depositata il 03/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/02/2021 dal Consigliere Dott. DOLMETTA ALDO

ANGELO;

lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del

SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE DOTT.SSA DE RENZIS LUISA che, viste

le norme degli artt. 42,47,339 e 380 ter c.p.c. chiede alla Corte

di Cassazione di respingere il presente regolamento di competenza e

di confermare l’impugnata sentenza del Tribunale di Arezzo in ordine

alla declaratoria di incompetenza territoriale.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Su ricorso della s.p.a. Nuova Banca dell’Etruria e del Lazio, il Tribunale di Arezzo ha emesso decreto ingiuntivo (n. 488/2015) nei confronti di D.F.G., S.M., C.G., M.G. e la s.r.l. Akita Group. A fondamento della relativa richiesta la Banca ha posto la fideiussione, òprestata dagli ingiunti con contratto del novembre 2007, per l’interesse della s.r.l. Kama Europe, debitore principale dichiarato fallito nel 2013.

2.- Gli ingiunti fideiussori hanno proposto opposizione, con unico atto di citazione. Per rilevare l’incompetenza territoriale del Tribunale di Arezzo; l’inidoneità della prova scritta dimessa dall’ingiungente in sede monitoria; la configurabilità in fattispecie di “illegittimi addebiti usurari (sul piano oggettivo e quello soggettivo) e anatocistici”.

3.- Con sentenza depositata in data 3 settembre 2019, il Tribunale ha accolto l’eccezione di incompetenza per territorio formulata dagli opponenti e dichiarato, in via consequenziale, l’incompetenza del Tribunale di Arezzo, la nullità del decreto ingiuntivo n. 488/2015 e l’integrale revoca del medesimo.

4.- In proposito, il Tribunale ha prima di tutto affermato che i requisiti soggettivi di applicabilità della disciplina consumeristica in relazione a un contratto di fideiussione devono essere valutati con riferimento alle parti dello stesso e non già a quelle del debito garantito (c.d. professionista di rimbalzo): e ciò sia in ragione della valorizzazione così data agli “aspetti sostanziali di riferimento (disancorando la valutazione da un riscontro meramente formale come quello rappresentato dall’enfatizzazione del rapporto di accessorietà), sia per la maggior aderenza all’interpretazione fornita in sede comunitaria”.

Sulla base di detto criterio, il Tribunale ha poi riscontrato che, nella fattispecie in esame, M.G. e S.M. operavano nella qualità di consumatori: non avendo costoro ricoperto “ruoli di sorta nell’ambito della Kama Europe”, debitrice principale, né sussistendo in atti degli elementi di riscontro che portassero verso una diversa considerazione.

Raggiunto questo risultato, la sentenza ha inoltre ritenuto che l’applicazione del foro del consumatore, che così era stato individuato (nella specie, nel Tribunale di Campobasso), doveva trovare applicazione anche nei confronti di tutti gli altri opponenti, pur non essendo costoro da considerare come consumatori. Richiamando la pronuncia emessa da questa Corte, 12 marzo 2014, n. 5705, si è in proposito argomentato che, “qualora una domanda abbia a oggetto un rapporto di consumo opera, nei confronti di tutte le restanti parti, la deroga alla competenza per territorio in favore del foro del consumatore, in quanto foro più speciale e più inderogabile di ogni altro”.

5.- Avverso questo provvedimento la s.r.l. Purple SPV, nella dichiarata veste di cessionario del credito garantito, ha presentato ricorso per regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c., articolandolo in due motivi.

Hanno resistito, con unitaria memoria difensiva ai sensi dell’art. 47 c.p.c., comma 5, D.F.G., S.M., C.G., M.G. e la s.r.l. Akita Group, che pure hanno sollevato eccezione preliminare di inammissibilità del regolamento di competenza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6.- I motivi di impugnazione proposti dal ricorrente sono stati rubricati nei termini che seguono.

Primo motivo: “nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, 3, per violazione dell’art. 1469 bis c.c. (poi D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33 comma 2 lett. u.) e dell’art. 1936 c.c. in termini di accessorietà del contratto fideiussorio”.

Secondo motivo: “nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, 3, per violazione degli artt. 103,28 e 31 c.p.c.”.

7.- L’eccezione preliminare di inammissibilità svolta dai ricorrenti muove dalla constatazione che il proposto regolamento di competenza è stato “iscritto a ruolo successivamente all’atto di appello RG 2034/2019”. Per affermare che, avendo tenuto questo comportamento, il ricorrente “ha di fatto scelto lo strumento processuale con cui impugnare la decisione del primo grado, non potendosi ammettere la contemporanea attivazione da parte dello stesso soggetto di due strumenti di impugnazione aventi a oggetto il medesimo provvedimento”.

8.- L’eccezione, così proposta, va disattesa.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la sentenza – con la quale il giudice delVopposizione a decreto ingiuntivo dichiari la nullità del decreto opposto in ragione dell’incompetenza del giudice che lo ha emesso – ha natura di decisione non già di merito, ma esclusivamente sulla competenza, essendo la dichiarazione di nullità non solo conseguente, ma anche necessaria rispetto alla declaratoria di incompetenza.

Di conseguenza, tale sentenza risulta impugnabile solo con regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c., e non anche mediante appello: l’inammissibilità di quest’ultimo, se non dichiarata dal giudice del secondo grado, è rilevabile anche d’ufficio in sede di legittimità (tra le altre, cfr., in particolare, le pronunce di Cass., 7 ottobre 2020, n. 21570; Cass., 18 giugno 2018, n. 16089; Cass., 26 marzo 2003, n. 4478).

9.- Col primo motivo, il ricorrente assume che il Tribunale di Arezzo ha errato nel dichiarare la propria incompetenza, “catalizzando il focus di analisi dall’oggetto del contratto di garanzia alla qualità soggettiva del contraente garante”.

Così ragionando – si argomenta -, il giudice del merito “ha finito per smembrare l’istituto del contratto fideiussorio che, per definizione, è funzionalmente collegato al contratto principale: se viene meno questo o è nulla una qualunque clausola del medesimo, anche la fideiussione ne viene travolta”.

“Sebbene non si possa negare l’intervento della Corte di Giustizia Europea (Corte giustizia UE:14 settembre 2016, n. 534) – a cui sembra essersi passivamente conformato il giudice di prime cure – la giurisprudenza nazionale successiva, sia di merito, che di legittimità, ha continuato ad aderire alla tesi tradizionale del c.d. professionista di rimbalzo (cfr. Cass., 1 dicembre 2016, n. 24846).

10.- Il motivo non merita di essere accolto.

11.- Ribaltando la prospettiva adottata dal proprio precedente orientamento (sentenza del 18 marzo 1998; causa c-45/96), la Corte di Giustizia, con le pronunce 19 novembre 2015 (causa c-74/15) e 14 settembre 2016 (causa c-534/15) ha ritenuto (con diretto riferimento ai fattispecie relative a garanzie sia fideiussorie, che immobiliari costituite da terzi) che le “regole uniformi concernenti le clausole abusive devono applicarsi a “qualsiasi contratto” stipulato tra un professionista e un consumatore”; che l'”oggetto del contratto è quindi irrilevante”; che “e’ dunque con riferimento alla qualità dei contraenti, a seconda che essi agiscano o meno nell’ambito della loro attività professionale, che la direttiva n. 93 del 2013 definisce i contratti ai quali essa si applica”; che “tale criterio corrisponde all’idea sulla quale si basa il sistema di tutela istituito da tale direttiva, ossia che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità”; che “questa tutela è particolarmente importante nel caso di contratto di garanzia o di fideiussione stipulato tra un istituto bancario e un consumatore”; che il “contratto di garanzia o di fideiussione, sebbene possa essere descritto… come un contratto accessorio rispetto al contratto principale da cui deriva il debito che garantisce”, “dal punto di vista delle parti contraenti esso si presenta come un contratto distinto quando è stipulato tra soggetti diverso dalle parti del contratto principale” (su questi punti cfr., in specie, Cass., 16 gennaio 2020, n. 742).

12.- Queste pronunce della Corte di Giustizia hanno indotto ad abbandonare il precedente orientamento di questa Corte, per l’appunto basato sull’accoglimento della teorica del c.d. “professionista di rimbalzo”.

Le pronunce più recenti hanno ritenuto, in specie, che “nel contratto di fideiussione, i requisiti soggettivi per la disciplina consumeristica devono essere valutati con riferimento alla parti di esso, senza considerare il contratto principale, dovendosi pertanto ritenersi consumatore il fideiussore che, pur svolgendo una propria attività professionale, stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla stessa” (cfr. Cass.,.13 dicembre 2018, n. 32225; Cass., 31 ottobre 2019, 28162; Cass. n. 742/2020; Cass., 3 dicembre 2020, n. 27618)

A supporto di questa soluzione è stato posto – è opportuno ancora rilevare – sia il forte rilievo che, per la ricostruzione del diritto interno, vengono a rivestire gli interventi della Corte di Giustizia. Sia pure, e non meno, la constatazione che l'”accessorietà fideiussoria si manifesta tratto oggettivamente estraneo alla normativa di protezione del consumatore”: in nessun caso, l'”accessorietà potrebbe fare diventare un soggetto (il fideiussore o, più in generale, il terzo garante) il replicante, ovvero il duplicato, di un altro soggetto (il debitore principale)” (cfr. Cass., n. 742/2020, cit.).

13.- Col secondo motivo, il ricorrente sostiene che il Tribunale di Arezzo ha comunque errato nell'”estendere la tutela del foro del consumatore a tutte le parti opponenti – anche non consumatori – in virtù della regola per la quale il foro speciale deroga a ogni altro criterio di competenza”.

“Così operando” – si argomenta -, il “giudice ha sicuramente violato le norme sulla competenza. L’inderogabilità del foro speciale del consumatore presuppone che si verta in un rapporto di consumo in cui i soggetti interessati siano tutti qualificabili come consumatori”. “Diversamente, come nel caso di specie, avviene in un processo in cui partecipano più soggetti – anche non consumatori – e si controverta in termini di cause scindibili (solo occasionate dal rapporto di garanzia)”, trattandosi appunto di litisconsorzio facoltativo.

14.- Il motivo non merita di essere accolto.

15.- La ricostruzione svolta dal motivo soffre di un oggettivo difetto di impostazione.

Non si tratta, infatti, di una “estensione” della tutela del consumatore a favore di un soggetto che consumatore non e’. La competenza territoriale resta ferma, infatti, sul foro da riconoscere proprio dell’ingiunto, e poi opponente, che è consumatore: anche l’ingiunto non consumatore viene, di conseguenza, a subire il foro territoriale che è proprio dell’ingiunto consumatore.

Si tratta, dunque, dell’articolazione che va riconosciuta, in materia, alla normativa di tutela del consumatore.

16.- In proposito, la sentenza di Cass., 12 marzo 2014, n. 5705 (correttamente richiamata dalla pronuncia del Tribunale aretino) ha rilevato che le esigenze di tutela del consumatore “non potevano non avere una sponda anche sul terreno processuale, attraverso la previsione di un foro comodo per l’utente, essendo di intuitiva evidenza che l’obbligo di sostenere il giudizio in una località diversa da quella di residenza o di domicilio, limiterebbe fortemente il diritto del consumatore di agire in giudizio”.

Per aggiungere che questa tutela, di particolare comodità processuale per il consumatore, si spinge sino a ricoprire pure il caso di trattazione simultanea di controversie avvinte da un nesso di subordinazione ovvero connesse tra loro – com’e’ nel caso di specie, posto che qui le parti opponenti (consumatori e non consumatori) fanno tutte riferimento a una garanzia personale rilasciata per un medesimo debito -, in ragione della peculiare specialità e prevalenza che va riconosciuto al relativo intervento normativo (di cui all’art. 33 cod. consumo).

Risulta pienamente coerente con l’idea di proteggere la comodità processuale del consumatore, in altri termini, che alla prescrizione d’inderogabilità del foro relativo non consegua la menomazione, per il consumatore medesimo, di alcuna delle comuni opzioni processuali: quale quella, appunto. di proporre con altri soggetti, pur se non consumatori, cause oggettivamente connesse.

17.- In conclusione, il ricorso dev’essere respinto.

18.- Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

In ragione della natura impugnatoria del ricorso per regolamento di competenza, il ricorrente risulta tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato D.P.R. 30 maggio 2002, ex art. 13, comma 1 quater (cfr. Cass., 2 luglio 2020, n. 13636).

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso per il regolamento di competenza e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del processo, che liquida, per la fase relativa al giudizio di legittimità, il Euro 5.100,00 (di cui Euro 100,00, per esborsi), oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2021

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