Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22344 del 26/09/2017
Cassazione civile, sez. III, 26/09/2017, (ud. 26/05/2017, dep.26/09/2017), n. 22344
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 26089-2015 proposto da:
M.A., S.L., M.G.,
M.S. in qualità di eredi di MA.GI., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA GIULIO VENTICINQUE 23, presso lo studio
dell’avvocato GUIDO GENOVESE, rappresentati e difesi dall’avvocato
SEBASTIANO TOLA giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
P.E., C.M. nella loro qualità di eredi di
C.S. titolare della ITTICA C.S., elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA PORTUENSE, 114, presso lo studio dell’avvocato ANTONIA
DE ANGELIS, rappresentati e difesi dall’avvocato ANDREA POGLIANI
giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 425/2015 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,
depositata il 24/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
26/05/2017 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Ma.Gi. propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso ad istanza di C.S., titolare della ditta Ittica C.S., per il pagamento della somma di oltre 59.000,00 Euro a titolo di corrispettivo per la vendita di prodotti ittici.
Sostenne che le aragoste e le cicale di mare fornite erano risultate di gusto sgradevole (tale da suscitare le lamentele della clientela), come accertato anche dall’Istituto Zooprofilattico della Sardegna, e che si era determinato a sospendere il pagamento delle forniture in quanto, nonostante le contestazioni mossegli, il C. aveva continuato a fornire prodotti non idonei alla somministrazione.
Chiese pertanto la revoca del decreto ingiuntivo e, in via riconvenzionale, la risoluzione del contratto per inadempimento dell’opposto e il risarcimento dei danni per il mancato utilizzo della merce e la perdita della clientela.
Ritenuta integrata un’ipotesi di consegna di aliud pro alio, il Tribunale accolse l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo, e dichiarò la risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’opposto, rigettando invece la domanda riconvenzionale di risarcimento danni.
La sentenza venne impugnata dagli eredi del C., P.E. e C.M.; al gravame resistettero S.L. e A., S. e M.G., eredi di Ma.Gi..
La Corte di Appello ha riformato la sentenza, ritenendo che si vertesse in ipotesi di responsabilità per vizi della merce venduta e che non fosse risultata provata la tempestività della relativa denuncia e, comunque, che non sussistessero gli estremi della gravità dell’inadempimento ex art. 1455 c.c..
Ricorrono per cassazione S.L. e A., S. e M.G., affidandosi a quattro motivi; resistono, a mezzo di controricorso, P.E. e C.M..
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La parte ricorrente, pur dando atto (alla prima pagina del ricorso) che la sentenza impugnata è stata notificata in data 4.8.2015, ha prodotto una copia della stessa priva della relata di notificazione, con ciò violando la prescrizione di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2).
1.1. Ne consegue l’improcedibilità del ricorso, tenuto conto che tale relata non risulta nella disponibilità della Corte neppure “perchè prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio”, come richiesto da Cass., S.U. n. 10648/2017 a parziale superamento del precedente orientamento espresso da Cass., S.U. n. 9005/2009.
2. Ne consegue, altresì, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
3. Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
PQM
La Corte dichiara l’improcedibilità del ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 5.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 26 maggio 2017.
Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2017