Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22343 del 15/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/10/2020, (ud. 28/05/2019, dep. 15/10/2020), n.22343

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 11915/2017 proposto da:

ITALCEMENTI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via Fulcieri Paulucci dè Calboli

n. 9, presso lo studio dell’Avv. Piero Sandulli, rappresentata e

difesa dall’Avv. Massimo Basilavecchia giusta procura in calce al

ricorso e dall’Avv. Massimo Fabio giusta procura in calce alla

memoria;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

presso cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9934 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

DELLA CAMPANIA-SEZIONE STACCATA DI SALERNO, depositata il 10

novembre 2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28

maggio 2019 dal Consigliere Dott. MUCCI ROBERTO;

udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale

SORRENTINO FEDERICO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi, per la ricorrente, gli Avv. MASSIMO FABIO e MASSIMO

BASILAVECCHIA;

udita, per la controricorrente, l’Avvocato dello Stato FRANCESCA

SUBRANI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La CTR della Campania-Sezione staccata di Salerno ha rigettato il gravame interposto da Italcementi s.p.a. avverso la sentenza della CTP di Salerno di rigetto del ricorso della detta società contro il diniego di rimborso dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica versata nel periodo gennaio 2010-dicembre 2011, rimborso richiesto ai sensi del (T.U. accise) D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 14, comma 2, con istanza del 29 dicembre 2011 per le annualità 2010 e 2011 sul presupposto dell’incompatibilità dell’imposta con la direttiva n. 2008/118/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008 (art. 1, par. 2) e negato dall’amministrazione per ritenuta legittimità della normativa nazionale sull’addizionale in questione in quanto compatibile con la disciplina comunitaria.

2. Ha ritenuto la CTR (pp. 2-4 della sentenza): “(…) costituisce invece rilievo assorbente quello che, anche a volere ritenere in ipotesi, e diversamente dal primo giudice, “self-executing” la Direttiva n. 2008/118/CE, non si ravvisa la contrarietà della disciplina legale interna “pro-tempore” vigente con detta disciplina Eurounitaria (e non è pertanto necessario sollevare questione pregiudiziale in proposito). (…) Venendo quindi ad esaminare direttamente il punto nodale della questione, lo stesso risulta collegato alla disposizione della menzionata Direttiva con la quale si prescrive che ai prodotti sottoposti ad accisa possano applicarsi altre imposte indirette “aventi finalità specifiche”.

(…) Nel caso che occupa, (…), appare sufficientemente apprezzabile il collegamento tra l’imposta sull’energia elettrica e i compiti dell’Ente beneficiario, istituzionalmente ed anche in fatto presumibilmente comportanti oneri di illuminazione di strade ed istituti scolastici, sicchè l’imposta in questione appare giustificatamente in linea con le menzionate disposizioni Eurounitarie. Per le suesposte – ed assorbenti – considerazioni, l’appello va quindi respinto”.

3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Italcementi affidato a due motivi, illustrati da memoria, cui ha replicato l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Deve preliminarmente osservarsi che l’amministrazione, dopo aver opposto il diniego all’istanza di rimborso sulla base della ritenuta compatibilità con la disciplina comunitaria dell’addizionale provinciale, ha sollevato innanzi alla CTP la questione del difetto di legittimazione di Italcementi a chiedere il detto rimborso ai sensi dell’art. 14 T.U.A., comma 2. La CTP, come detto, ha rigettato il ricorso della società previa pronuncia di infondatezza della detta questione che non risulta essere stata riproposta alla CTR, nè lo è in questa sede.

Pertanto, la formazione del giudicato interno sulla questione discussa tra le parti e decisa espressamente – preclude al collegio di esaminarla d’ufficio al fine di verificare se effettivamente Italcementi sia a tanto titolata (si v. Sez. U, 20 marzo 2019, n. 7925; Sez. U, 9 febbraio 2012, n. 1912).

5. Con il primo motivo di ricorso Italcementi denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. 28 novembre 1988, n. 511, art. 6, comma 3, e succ. modif., in combinato disposto con l’art. 1, par. 2, della direttiva 2008/118/CE: erroneamente la CTR avrebbe ritenuto non contrastare la disciplina interna con quella Eurounitaria, nonostante la giurisprudenza della Corte di Giustizia U.E. sul punto, non sussistendo il presupposto giustificativo (le “finalità specifiche”) dell’addizionale richiesto dalla citata direttiva, tale non potendo essere individuato nel sostenimento del gettito dell’ente impositore per l’assolvimento delle funzioni.

6. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1, par. 2, della direttiva 2008/118/CE: erroneamente ancorchè in via incidentale e ipotetica – la CTR avrebbe ritenuto la natura non self-executing della citata direttiva, affermando comunque, come evidenziato con il primo mezzo, la compatibilità della normativa interna, ratione temporis vigente, con la direttiva medesima.

7. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.

7.1. L’art. 3, par. 2, della direttiva 92/12/CEE afferma che “I prodotti di cui al paragrafo 1”, tra i quali rientra anche l’energia elettrica in ragione dell’estensione di cui all’art. 3 della direttiva 2003/96/CE del 27 ottobre 2003, “possono formare oggetto di altre imposizioni indirette aventi finalità specifiche, nella misura in cui esse rispettino le regole di imposizione applicabili ai fini delle accise o dell’IVA per la determinazione delle base imponibile, il calcolo, l’esigibilità e il controllo dell’imposta”.

Tale disposizione è pressochè sovrapponibile alla formulazione dell’art. 1, par. 2, della direttiva 2008/118/CE, nella specie applicabile ratione temporis, per la quale “Gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette aventi finalità specifiche, purchè tali imposte siano conformi alle norme fiscali comunitarie applicabili per le accise o per l’imposta sul valore aggiunto in materia di determinazione della base imponibile, calcolo, esigibilità e controllo dell’imposta; sono escluse da tali norme le disposizioni relative alle esenzioni”.

7.2. Perchè gli Stati membri possano prevedere sul consumo di energia elettrica altre imposte indirette oltre alle accise devono, pertanto, essere rispettate due condizioni, applicabili cumulativamente (si v., con ulteriori richiami giurisprudenziali, C.G.U.E., 5 marzo 2015, in causa C-553/13, Statoil Fuel & Retail, punti 35 ss., con riferimento alla direttiva 2008/118/CE; C.G.U.E., 25 luglio 2018, in causa C103/17, La Messer France SAS, punti 35 ss., con riferimento alla direttiva 92/12/CEE): 1) le imposte addizionali devono rispettare le regole di imposizione dell’Unione applicabili ai fini delle accise o dell’IVA per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l’esigibilità e il controllo dell’imposta; 2) le imposte addizionali devono avere una finalità specifica, intendendosi come tale una finalità che non sia puramente di bilancio (C.G.U.E., 24 febbraio 2000, in causa C-434/97, Commissione/Francia, punto 19; C.G.U.E., 9 marzo 2000, in causa C437/97, EKW e Wein & Co., punto 31; C.G.U.E., 27 febbraio 2014, in causa C-82/12, Transportes Jordi Besora, punto 23).

La già citata sentenza della Corte di Giustizia del 25 luglio 2018, punti 38 e 39, chiarisce poi che affinchè un’imposta possa garantire la finalità specifica invocata, occorre che il gettito di tale imposta sia obbligatoriamente utilizzato “al fine di ridurre i costi ambientali specificamente connessi al consumo di energia elettrica su cui grava l’imposta in parola nonchè di promuovere la coesione territoriale e sociale, di modo che sussiste un nesso diretto tra l’uso del gettito derivante dall’imposta e la finalità dell’imposizione in questione” (la sentenza richiama, altresì, C.G.U.E., 27 febbraio 2014, cit., punto 30; C.G.U.E., 5 marzo 2015, cit., punto 41). Peraltro, “un’assegnazione predeterminata del gettito di una tassa rientrante in una semplice modalità di organizzazione interna del bilancio di uno Stato membro, non può, in quanto tale, costituire una condizione sufficiente a siffatto riguardo, poichè ogni Stato membro può decidere di imporre, a prescindere dalla finalità perseguita, l’assegnazione del gettito di un’imposta al finanziamento di determinate spese” (viene richiamata ancora una volta C.G.U.E., 27 febbraio 2014, cit., punto 29).

7.3. La direttiva 2003/96/CE, che ha sottoposto anche l’energia elettrica ad accisa armonizzata secondo le previsioni della direttiva 92/12/CEE, è stata recepita in Italia dal D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 26, il cui art. 5 ha sostituito il D.L. n. 511 del 1988, art. 6, istituendo in favore dello Stato e delle province imposte addizionali alle accise, stabilendo che le stesse “sono liquidate e riscosse con le stesse modalità dell’accisa sull’energia elettrica” (comma 3).

La direttiva 2008/118/CE è stata invece recepita dallo Stato italiano con D.Lgs. 29 marzo 2010, n. 48, che ha modificato numerose disposizioni del T.U.A. a far data dal 1 aprile 2010, con effetti peraltro non immediatamente incidenti sul presente giudizio.

Successivamente, con decorrenza 1 gennaio 2012, il D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 2, comma 6, ha abrogato l’addizionale provinciale per le regioni a statuto ordinario e, a far data dal 1 aprile 2012, il D.L. n. 511 del 1988, art. 6 è stato abrogato dal D.L. 2 marzo 2012, n. 16, conv. con modif. nella L. 26 aprile 2012, n. 44.

7.4. Da tale ricognizione normativa si evince, con riferimento alle addizionali provinciali oggetto di rimborso (gennaio 2010-dicembre 2011), che: a) esse sono previste come dovute dal D.L. n. 511 del 1988, art. 6, in attuazione della disciplina unionale, essendo legittime in relazione all’art. 3, par. 2, della direttiva 92/12/CEE e, quindi, all’art. 1, par. 2, della direttiva 2008/118/CE; b) è la stessa direttiva a chiarire che tali imposte sono diverse dalle accise, alle quali possono essere aggiunte nel rispetto di condizioni predeterminate.

7.5. Come specificato più sopra, al punto 7.2, perchè le addizionali provinciali siano legittime ai sensi della direttiva 2008/118/CE occorre il cumulativo riscontro di due requisiti, cioè: 1) il rispetto delle regole di imposizione dell’Unione applicabili ai fini delle accise o dell’IVA per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l’esigibilità e il controllo dell’imposta; 2) la sussistenza di una finalità specifica.

Orbene, sotto il primo profilo il D.L. n. 511 del 1988, art. 6, comma 3, ultimo periodo, chiarisce che “Le addizionali sono liquidate e riscosse con le stesse modalità dell’accisa sull’energia elettrica”, sicchè è rispettata la prima condizione. Non è invece rispettata la seconda, in quanto nè la disposizione di cui all’art. 6, nè il decreto 11 giugno 2007 del capo del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell’Economia e delle Finanze, previsto dal comma 2 del medesimo articolo, chiariscono in alcun modo le specifiche finalità che le addizionali dovrebbero soddisfare, non essendo in armonia con il diritto unionale la destinazione di tali addizionali a semplici finalità di bilancio.

7.6. In particolare, tenuto conto delle sentenze della Corte di Giustizia sopra richiamate, non può essere ritenuta finalità specifica la destinazione (evincibile dalla premessa del D.L. n. 511 del 1988) delle imposte addizionali ad “assicurare le necessarie risorse agli enti della finanza regionale e locale, al fine di garantire l’assolvimento dei compiti istituzionali”, non essendo tale finalità realmente distinta dalla generica finalità di bilancio.

Giova inoltre osservare che altrettanto deve dirsi per quanto riguarda i riferimenti alla L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 54, al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 149 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, T.U.E.L.) ovvero all’art. 19 T.U.E.L.: le indicazioni che si traggono da tali norme sono infatti del tutto generiche e non in grado di distinguere la finalità specifica cui l’addizionale provinciale intende soddisfare.

Ancora, la circostanza che in tema di bilancio degli enti locali non sia possibile destinare o vincolare a spese analiticamente individuate i proventi dell’addizionale, da un lato, non giustifica la violazione del diritto unionale e, dall’altro, non impedisce al legislatore di individuare una finalità specifica che i proventi dell’addizionale debbano soddisfare, indipendentemente dalla diretta correlazione tra entrata e spesa in sede di bilancio.

Nemmeno è possibile trarre argomenti dal D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, art. 2, comma 2-bis, conv. con modif. nella L. 26 febbraio 2011, n. 10 (norma, peraltro, introdotta solo in sede di conversione e con decorrenza 27 febbraio 2011), e ritenere che le addizionali provinciali sull’energia elettrica vadano a copertura dei “costi diretti e indiretti dell’intero ciclo di gestione dei rifiuti”: la disposizione richiamata si esprime in termini potenziali (la gestione dei rifiuti “può essere assicurata”) e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli non ha affatto provato che detta addizionale sia stata, nel caso di specie, effettivamente destinata alla copertura di quei costi.

Infine, la sentenza impugnata non dà alcun rilievo interpretativo all’intervenuta abrogazione dell’addizionale provinciale da parte del D.L. n. 16 del 2012, art. 4, comma 10, ragione per cui il richiamo del menzionato decreto da parte della difesa erariale si rivela ultroneo.

7.7. Ne consegue che il D.L. n. 511 del 1988, art. 6, comma 2, indipendentemente da qualsiasi questione sul carattere self-executing della direttiva 2008/112/CE, peraltro integralmente recepita dalla normativa interna, va disapplicato in ossequio al ricevuto principio per cui l’interpretazione del diritto comunitario fornita dalla Corte di Giustizia U.E. è immediatamente applicabile nell’ordinamento interno e impone al giudice nazionale di disapplicare le disposizioni di tale ordinamento che, sia pure all’esito di una corretta interpretazione, risultino in contrasto o incompatibili con essa (Corte Cost., 8 giugno 1984, n. 170 e successive; C.G.U.E., 22 giugno 1989, in causa C103/88, Fratelli Costanzo, punti 30 e 31; in materia tributaria, Sez. U, 12 aprile 1996, n. 3458).

8. Le imposte addizionali in questione non sono dunque dovute, con conseguente fondatezza del ricorso, dovendosi pertanto affermare il seguente principio di diritto: “l’addizionale provinciale alle accise sull’energia elettrica di cui al D.L. n. 511 del 1988, art. 6, nella sua versione, applicabile ratione temporis, successiva alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 26 del 2007, art. 5, comma 1, va disapplicata per contrasto con l’art. 1, par. 2, della direttiva 2008/118/CE, per come interpretato dalla Corte di Giustizia U.E. con le sentenze 5 marzo 2015, in causa C-553/13, e 25 luglio 2018, in causa C-103/17”.

10. In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata dev’essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con l’accoglimento dell’originario ricorso di Italcementi.

La sostanziale novità della questione giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originaria domanda proposta da Italcementi s.p.a. compensando integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il nella camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

 

 

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