Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22342 del 26/09/2017


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Cassazione civile, sez. III, 26/09/2017, (ud. 23/05/2017, dep.26/09/2017),  n. 22342

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27577-2015 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

132, presso lo studio dell’avvocato MARIANO CIGLIANO, rappresentato

e difeso dall’avvocato MARCELLINO MARCELLINI giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA R.

GRAZIOLI LANTE 16, presso lo studio dell’avvocato PAOLO BONAIUTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCO EUSEBI giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

A.A., NUOVA TIRRENA ASSICURAZIONI SPA, GROUPAMA ASSICURAZIONI

SPA;

– intimati –

Nonchè da:

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo procuratore speciale

dott. R.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ORAZIO 3,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GRAZIOSI, rappresentata e

difesa dall’avvocato PIERO NOVELLI giusta procura in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

T.T., A.S., NUOVA TIRRENA ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

nonchè da:

T.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA R.

GRAZIOLI LANTE 16, presso lo studio dell’avvocato PAOLO BONAIUTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCO EUSEBI giusta procura in

calce al controricorso;

– ricorrente –

contro

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

132, presso lo studio dell’avvocato MARIANO CIGLIANO, rappresentato

e difeso dall’avvocato MARCELLO MARCELLINI giusta procura a margine

del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo procuratore speciale

dott. PAOLO ROZZI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ORAZIO 3,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GRAZIOSI, rappresentata e

difesa dall’avvocato PIERO NOVELLI giusta procura in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

A.S., T.T.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 983/2015 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 22/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. T.T. convenne in giudizio S. ed A.A. per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali ritenendoli responsabili delle gravi lesioni subite. Espose che il (OMISSIS) presso il maneggio (OMISSIS), dopo il rientro da una passeggiata con un gruppo di cavalieri, veniva aggredita dal cavallo (OMISSIS) di proprietà di A.A. e cavalcato nell’occasione da A.S.. L’aggressione avvenne allorquando, avendo già accudito il proprio cavallo, si trovava a piedi nello spazio aperto nei pressi delle stalle ed improvvisamente il cavallo (OMISSIS) le si lanciava contro facendola sobbalzare ricadere a terra dopo averle strappato con il morso il pollice della mano destra. Si costituirono i convenuti respingendo ogni addebito e deducendo la colposa condotta dell’attrice perchè, a loro dire avrebbe porto in maniera anomala uno zuccherino cavallo. Precisò anche A.A. che non era responsabile dell’accaduto non avendo egli al momento dell’evento alcun potere di vigilanza, di controllo e/o di manutenzione sull’animale che, invece, era stato affidato a A.S. persona esperta e perfettamente in grado di custodirlo. Comunque chiese, ed ottenne, di chiamare in causa l’assicurazione nuova Tirrena dalla quale intendeva farsi tenere indenne in virtù della polizza di responsabilità civile.

Il Tribunale di Fabriano con la sentenza numero 166/2006 rigettò la domanda dell’attrice. Ritenne che essendo pacifico che l’attrice era esperta di cavalli porgendo uno zuccherino aveva dato origine ad una condotta ad essa addebitabile che rendeva impossibile qualsiasi tempestivo intervento da parte di soggetti terzi ivi compreso lo stesso A.. Attribuì quindi la responsabilità del sinistro interamente alla T..

2. La decisione è stata riformata dalla Corte d’Appello di Ancona, con sentenza n. 983 del 22 settembre 2015. La Corte ha ritenuto, a differenza del giudice di prime cure, che dalle deposizioni dei testi presenti al momento del sinistro non emerge la circostanza ritenuta in sentenza, ossia che l’appellante si sia avvicinata repentinamente allo stallone (OMISSIS) e gli abbia porto una zuccherino tenendolo fra il pollice ed indice, in quanto i testi presenti all’evento hanno riferito solo le circostanze successivi al morso da parte dell’animale e nessuno è stato in grado di riferire i momenti immediatamente precedenti. Pertanto, ha ritenuto la Corte che la prova liberatoria non sia stata fornita dagli appellati. Inoltre, ha specificato che va ritenuta la sola responsabilità ex art. 2052 c.c. di A.S. perchè al momento dell’evento lesivo il cavallo era montato e quindi era in uso di quest’ultimo e non del proprietario dell’animale. Ne ha ritenuto sussistere la responsabilità extracontrattuale del proprietario perchè la domanda era stata introdotta ai sensi dell’art. 2052 c.c. e dall’istruzione probatoria non è emersa alcuna colpa o dolo del proprietario dell’animale. Conseguentemente la corte ha condannato A.S. al pagamento a titolo di risarcimento in favore di T. della somma di Euro 412.008,40, ha dichiarato l’inammissibilità per tardività della chiamata in garanzia di nuova Tirrena assicurazioni effettuata da A.S..

3. Avverso tale pronunzia T.T. propone ricorso per cassazione sulla base di 2 motivi.

3.1 Resistono con controricorso e ricorso incidentale A.S.. Con controricorso e ricorsi incidentali condizionati autonomi A.A. e la Groupama. Resiste con controricorso avverso i ricorsi incidentali T.T.. S. ed A.A. hanno presentato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce la “violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 112 e 113 c.p.c. in riferimento all’art. 2052 e 2043 c.c.; contraddittoria ed omessa motivazione circa punti decisivi della controversia prospettata tra le parti (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”.

Lamenta che la corte d’appello avrebbe errato laddove ha ritenuto responsabile solo A.S. e non anche il proprietario del cavallo in quanto ha male interpretato la domanda attorea. Inoltre erroneamente ha valutato che A.A. abbia affidato il cavallo a persona esperta ed in grado di condurlo e di occuparsene.

Il motivo è infondato.

Il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali esse sono contenute, ma deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante. E nel caso di specie tale valutazione è stata fatta.

Inoltre la ricorrente pur denunciando, apparentemente, violazione di legge ed una contraddittoria motivazione della sentenza di secondo grado, chiede in realtà a questa Corte di pronunciarsi ed interpretare questioni di mero fatto non censurabili in questa sede mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto dei fatti storici quanto le valutazioni di quei fatti espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone alle proprie aspettative (Cass. n. 21381/2006).

4.2. Con il secondo motivo, denuncia “art. 360 c.p.c., n. 5 per omesso esame circa un fatto controverso decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

La ricorrente sostiene che la Corte d’Appello avrebbe errato perchè ha accertato che dall’istruzione probatoria non emergerebbe alcuna colpa a carico del proprietario dell’animale in quanto aveva accertato che A.S. era cavaliere esperto ed era solito montare quello specifico animale. Erroneamente la corte avrebbe fatto tale accertamento solo sulla prova testimoniale di P.F. ritenendola da sola sufficiente ad escludere l’incauto affidamento da parte del proprietario. Ma in realtà dalla lettura della testimonianza emerge un quadro diverso e cioè che (OMISSIS) era un cavallo difficile da montare. Dunque l’accertamento della corte è stato insufficiente e superficiale.

Anche tale motivo inammissibile perchè richiede una nuova valutazione di merito. Inoltre, la ricorrente non ha rispettato i limiti di deducibilità del vizio motivazionale imposti dalla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. civ., Sez. Unite, 22/09/2014, n. 19881).

5.1. Ricorso incidentale A.S.. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Omessa disamina del compendio probatorio raccolto in corso di causa vertente su fatti decisivi per il giudizio. A) Omessa valutazione delle prove orali proposte dalle parti e delle risposte date loro ex art. 117 c.p.c.. Omessa valutazione dei fatti decisivi per il giudizio attraverso la comparazione delle prove. B) Omesso esame della documentazione medico-legale e delle relazioni di c.t.u. redatte in corso di causa”.

Denuncia il ricorrente che la corte d’appello avrebbe errato perchè ha ritenuto che dalle deposizioni dei testi non fosse emersa la circostanza che la T. si sia avvicinata repentinamente allo stallone e che gli abbia porto uno zuccherino tenendolo fra il pollice e indice, in quanto i testi presenti all’evento hanno riferito solo le circostanze successive al morso da parte dell’animale e nessuno è stato in grado di riferire momenti immediatamente precedenti.

5.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione all’art. 116 c.p.c.sulla valutazione delle prove e sul principio del libero convincimento del giudice per avere erroneamente ritenuto la Corte a quo che la prova della colpa della danneggiata deve avvenire dall’onerato e non invece dall’intero compendio probatorio comprensivo anche delle presunzioni”.

Denuncia l’ A. che dalla lettura del materiale probatorio il giudice del merito ha falsamente applicato la norma di diritto sopra denunciata. Ha trascurato a) l’esame dell’interrogatorio delle parti dal quale è venuta la lineare narrazione del convenuto avvalorata dalle altre acquisizioni probatorie, b) l’esame delle disposizioni dei testimoni assunti, c) l’esame reale concreto delle risultanze peritali di c.t.u..

5.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione all’art. 115 c.p.c.sulla valutazione delle regole di comune esperienza”.

Si duole che il giudice del merito non abbia fatto applicazione del fatto notorio ovvero che un cavallo non potrebbe mai riuscire ad abbassare la testa dall’alto verso il basso e prendere con la bocca il solo dito pollice della mano e amputarlo. Una lesione come quella realizzatasi non può che legarsi ad un comportamento colpevole della danneggiata. I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili. Sono inammissibili laddove prospettano, attraverso una superficiale esposizione della vicenda, una serie di questioni di fatto tendenti ad ottenere dalla Corte di legittimità una nuova e diversa valutazione del merito della controversia.

E’ principio consolidato di questa Corte che con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli clementi di valutazione disponibili ed in sè coerente.

Quanto, in particolare, alla dedotta violazione degli artt. 115 c.p.c. valgono, inoltre, le seguenti considerazioni. La violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere imputata al giudice del merito sotto due distinti profili: da un lato, ove, nell’esercizio del suo potere discrezionale quanto alla scelta ed alla valutazione degli elementi probatori – donde la mancanza d’uno specifico dovere d’esame di tutte le risultanze e di confutazione dettagliata delle singole argomentazioni svolte dalle parti, del che meglio in seguito – ometta tuttavia di valutare quelle risultanze delle quali la parte abbia espressamente dedotto la decisività, salvo ad escluderne la rilevanza in concreto indicando, sia pure succintamente, le ragioni del suo convincimento, il difetto della quale indicazione ridonda, peraltro, in vizio della motivazione; dall’altro, ove, in contrasto con i principi della disponibilità e del contraddittorio delle parti sulle prove, ponga a base della decisione o fatti ai quali erroneamente attribuisca il carattere della notorietà o la propria scienza personale, così dando ingresso a prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati nè discussi ai quali non può essere riconosciuto, in legittima deroga ai richiamati principi, il carattere dell’universalità della conoscenza e, quindi, dell’autonoma sussumibilità nel materiale probatorio utilizzabile ai fini della decisione. E’, dunque, solo l’esorbitanza da tali limiti ad essere suscettibile di sindacato in sede di legittimità per violazione dell’art. 115 c.p.c., sindacato che, con riferimento a tale norma, non può essere, invece, esteso all’apprezzamento espresso dal giudice del merito in esito alla valutazione delle prove ritualmente acquisite.

A tal fine va osservato che è devoluta al giudice del merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento e, pertanto, lo sono anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta, fra le risultanze istruttorie, di quelle ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro diverso spessore probatorio, con l’unico limite dell’adeguata e congrua giustificazione del criterio adottato; conseguentemente, ai fini d’una decisione conforme al disposto dell’art. 132 c.p.c., n. 4, il giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, nè a confutare singolarmente le argomentazioni prospettategli dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi onde pervenire alle assunte conclusioni, per implicito disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata. Pertanto, vizi motivazionali in tema di valutazione delle risultanze istruttorie non possono essere utilmente dedotti ove la censura si limiti alla contestazione d’una valutazione delle prove effettuata in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè proprio a norma dell’art. 116 c.p.c., comma 1, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito l’individuare le fonti del proprio convincimento, il valutare all’uopo le prove, il controllarne l’attendibilità e la concludenza e lo scegliere, tra le varie risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee e rilevanti. Inoltre nel caso in esame la motivazione fornita dal giudice risulta adeguata e tutt’altro che incoerente, Le esaminate ragioni di censura sono, dunque, inammissibili ed infondate non solo sotto il profilo ex art. 360 c.p.c., n. 3 ma anche sotto quello ex art. 360 c.p.c., n. 5.

5.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta la “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione all’art. 1891 c.c., comma 2, per avere la Corte territoriale erroneamente dichiarato inammissibile la chiamata in garanzia della Compagnia assicuratrice Nuova Tirrena Assi.ni S.p.a. effettuata da A.S..

La sentenza sarebbe illegittima dove ha affermato che la domanda di garanzia avanzata da A.S. nei confronti della Nuova Tirrena sarebbe inammissibile.

Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

Nel caso di specie, infatti il ricorrente incidentale non indica in quale luogo è avvenuta la produzione del documento nè vengono riportate le clausole della polizza.

6. I ricorsi incidentali condizionati di Groupama e di A.A. sono assorbiti dal rigetto del ricorso principale e di quello incidentale di A.S..

7. La Corte rigetta il ricorso principale di T.T. e quello incidentale di A.S. ed in ragione della reciproca soccombenza compensa le spese tra le parti. Dichiara, invece, assorbiti i ricorsi incidentali condizionati di Groupama e di A.A. ed in ragione della straordinaria ed eccezionale ragione costituita dalla complessità della questione si reputa di dovere compensare le spese tra T., A.S. e A.A. e la Groupama.

PQM

 

Corte rigetta il ricorso principale di T.T. e quello incidentale di A.S. ed in ragione della reciproca soccombenza compensa le spese. Dichiara, invece, assorbiti i ricorsi incidentali condizionati di Groupama e di A.A. ed in ragione della straordinaria ed eccezionale ragione costituita dalla complessità della questione si reputa di dovere compensare le spese tra T.T., A.S. e A.A. e la Groupama.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2017

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