Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22341 del 06/09/2019

Cassazione civile sez. II, 06/09/2019, (ud. 08/03/2019, dep. 06/09/2019), n.22341

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8024-2018 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA

30, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO GIZZI, rappresentata e

difesa dall’avvocato CARLO ZAULI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositate il

15/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/03/2019 dal Consigliere GIANNACCARI ROSSANA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Bologna, con decreto del 15.2.2018, in parziale riforma del decreto del Consigliere Delegato dell’8-12.9.2017, rigettava il ricorso proposto da S.M., depositato il 20.7.2017, con il quale si chiedeva la liquidazione del danno da irragionevole durata di un processo introdotto il 27.3.2009 innanzi al Giudice di Pace di Forlì e definito il 31.1.2017.

La corte territoriale, rilevato che il fascicolo dell’opponente non era stato depositato nel giudizio di opposizione, ne disponeva l’acquisizione tramite SICID, unitamente al fascicolo d’ufficio; poichè detto fascicolo risultava incompleto perchè mancante dei verbali d’udienza, necessari per verificare i tempi e lo svolgimento del giudizio presupposto, rigettava l’opposizione.

Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso S.M. sulla base di tre motivi, illustrati con memorie illustrative depositate in prossimità dell’udienza.

Ha resistito con controricorso il Ministero della Giustizia.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 CEDU e della L. n. 89 del 2001, art. 3 comma 3, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 179 del 2012, art. 16 decies, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.; il ricorrente contesta che, nei giudizi di equa riparazione, possa essere posto a carico del ricorrente l’onere della produzione documentale a sostegno del ricorso, in considerazione degli onerosi costi da sostenere per richiedere le copie autentiche degli atti, dal momento che il difensore non avrebbe il potere di certificazione.

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 3,24 e 111 Cost., degli artt. 6 e 13 della Convenzione di Roma e dell’art. 47 della Carta di Nizza in quanto la corte, considerando la produzione documentale come condizione di ammissibilità della domanda, avrebbe violato la normativa sovranazionale, rendendo impossibile o eccessivamente onerose le condizioni per la riparazione del danno derivante dall’irragionevole durata del processo.

Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 3, dell’art. 738 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la corte territoriale escluso l’acquisizione documentale nella fase di opposizione, consentittknel giudizio camerale, in forza del richiamo all’art. 737 c.p.c., contenuto nella L. n. 89 del 2001, art. 5 ter, sicchè il giudice avrebbe dovuto acquisire informazioni per integrare le carenze probatorie documentali.

I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro stretta connessione, sono infondati.

La L. 7 agosto 2012, n. 134, ratione temporis applicabile, ha rimodellato il procedimento per l’equa riparazione dei danni derivanti dall’irragionevole durata del processo strutturandolo secondo il generale modello del procedimento di ingiunzione, con la prima fase necessaria inaudita altera parte ed un’opposizione solo eventuale.

La L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 3, stabilisce che al ricorso deve essere allegata copia autentica di alcuni atti del giudizio tra cui gli atti introduttivi ed i verbali di causa.

Nella fase inaudita altera parte, l’omessa produzione della documentazione prevista dalla legge non comporta de plano il rigetto della domanda per mancata dimostrazione dei fatti costitutivi posti a sostegno della stessa, in quanto trovano applicazione dell’art. 640 c.p.c., primi due commi; il giudice può richiedere, ove ritenga insufficientemente giustificata la domanda, un’integrazione della documentazione già depositata, potendo rigettare la stessa soltanto qualora la parte istante non vi provveda o la domanda non sia fondata (Cass. n. 18539/14).

La struttura del procedimento monitorio c.d. “spurio” impone, quindi, alla parte ricorrente di corredare l’istanza di equa riparazione con la documentazione relativa al giudizio presupposto.

Proposta opposizione al decreto di rigetto, la Corte d’appello in composizione collegiale deve verificare non già le condizioni di legittimità che presiedono all’emissione del decreto monocratico, ma la medesima pretesa fatta valere con il ricorso presentato ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 1, di guisa che, fermo il predetto onere probatorio, in sede d’opposizione non è precluso alcun accertamento e alcuna attività istruttoria che siano necessari ai fini della decisione di merito. Conseguentemente, la parte privata ben può produrre per la prima volta nel procedimento d’opposizione i documenti che, pure, avrebbe dovuto allegare nella fase monitoria ai sensi dell’art. 3, comma 3, lett. c), abbia o non il giudice di quest’ultima, ai sensi dell’art. 640 c.p.c., comma 1, richiamato dalla L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 4, invitato la parte a depositarla (Cassazione civile sez. 2, 28/09/2017, n. 22704). Ciò in quanto l’opposizione disciplinata dalla L. n. 89 del 2001, art. 5 ter non introduce un autonomo giudizio d’impugnazione del decreto di cui alla L. art. 3, comma 4 cit., ma realizza, con l’ampio effetto devolutivo tipico di ogni opposizione, la fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento.

In sostanza, il principio della domanda e dell’onere della prova del fatto costitutivo del diritto continua a gravare sul ricorrente, principio che si trae direttamente dalla previsione della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 3, come novellato dalla L. n. 134 del 2012, ferma restando la possibilità, e non l’obbligo, del giudice di assumere informazioni, ai sensi dell’art. 738 c.p.c..

Tale interpretazione è compatibile con la ratio della riforma, che ha intesto ridurre il carico di lavoro delle Corti d’appello, chiamate a decidere in tempi ragionevoli i giudizi di equa riparazione, attraverso un sistema che consente al ricorrente, nel giudizio di opposizione, di produrre la documentazione e di integrare l’istruttoria ed al giudice di richiedere sommarie informazioni a soggetti ed organismi terzi, ai sensi dell’art. 738 c.p.c., u..c.

Tale potere, come affermato dalla stessa giurisprudenza prima della riforma della L. n. 134 del 2012, non può esonerare le parti dai rispettivi oneri probatori, nè il potere officioso può avere contenuto meramente esplorativo (cfr. sul punto, Cass. n. 11864/04).

La Corte d’appello di Bologna ha fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte: rilevato che il fascicolo dell’opponente non era stato depositato nel giudizio di opposizione, ne disponeva l’acquisizione tramite SICID, unitamente al fascicolo d’ufficio; poichè detto fascicolo risultava incompleto perchè mancante dei verbali d’udienza, necessari per verificare i tempi e lo svolgimento del giudizio presupposto, rigettava l’opposizione.

La corte territoriale, quindi, nonostante l’immotivata inerzia della parte, ha attivato i suoi poteri d’ufficio, acquisendo tali atti dal fascicolo informatico, ma, attesa l’incompletezza degli atti acquisiti per verificare le evenienze processuali nel giudizio presupposto, in assenza della prova dei presupposti dell’irragionevole durata, ha correttamente rigettato la domanda, non essendo posto a carico del giudice un onere di ricerca officiosa della prova.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del Ministero della Giustizia delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 900,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, il 8 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2019

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