Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2234 del 30/01/2017


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Cassazione civile, sez. I, 30/01/2017, (ud. 20/12/2016, dep.30/01/2017),  n. 2234

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sui ricorsi proposti da:

CAMPOBASSO s.r.l., in persona del l.r.p.t., rappr. e dif. dall’avv.

Michele Sandulli, elett.dom. in Roma, presso lo studio di questi, in

via XX settembre n.3, come da procura a margine dell’atto;

– ricorrente e controricorrente sui ricorsi incidentali –

contro

FORNACI IONICHE s.r.l., in persona del l.r.p.t., rappr. e dif.

dall’avv. Alessandro Ricciuti e dall’avv. Marco Angelo Ciliberti,

elett. dom. presso lo studio dell’avv. Gigliola Mazza Ricci, in

Roma, via di Pietralata n. 320, come da procura in calce all’atto;

– controricorrente e ricorrente in via incidentale –

MARTE s.p.a. in liq., ALA FANTINI s.r.l. in liq., SABA s.r.l. in

liq., ALA Fantini Precompressi s.r.l. in liq., LATERMONT s.r.l. in

liq., Fornaci Ioniche s.r.l., ILAS Alveolater s.r.l. in liq.,

FORNACI IONICHE s.r.l., CELAM s.p.a. in liq., Fantini Service s.r.l.

in liq., in persona dei rispettivi l.r.p.t., rappr. e dif. dall’avv.

Alessandro Ricciuti e dall’avv. Marco Angelo Ciliberti, elett. dom.

presso lo studio dell’avv. Gigliola Mazza Ricci, in Roma, via di

Pietralata n. 320, come da procura in calce all’atto;

– controricorrente e ricorrente in via incidentale –

C.M. nella qualità di commissario giudiziale delle

società del “gruppo Marte” in concordato preventivo

(Trib.Foggia-Lucera), Marte s.p.a., Ala Fantini s.r.l., Saba s.r.l.,

Ala Fantini precompressi s.r.l., Latermont s.r.l., Fornaci Ioniche

s.r.l., Ilas Alveolater s.r.l., Celam s.p.a., Fantini Service s.r.l.

M.C., liquidatore giudiziale delle società del “gruppo

Marte”, Marte s.p.a., Ala Fantini s.r.l., Saba s.r.l., Ala Fantini

precompressi s.r.l., Latermont s.r.l., Ilas Alveolater Celam s.p.a.,

Fantini Service s.r.l.;

– intimati –

per la cassazione del decreto App. Bari 22.10.2014, n. Rep. 2724/2014

in R.G. 183/14;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 20 dicembre 2016 dal Consigliere relatore dott. Massimo

Ferro;

udito l’avvocato A.Ricciuti per le società del “gruppo Marte”;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per l’estinzione, in subordine

l’infondatezza del ricorso principale, assorbito l’incidentale.

Fatto

IL PROCESSO

La società Campobasso s.r.l. impugna il decreto App. Bari 22.10.2014 n. 2724/14, con cui venne respinto il suo reclamo proposto L. Fall., ex art. 183 avverso il decreto Trib. Foggia-Lucera 16-17.4.2014 di omologazione del concordato preventivo delle società del “gruppo Marte” (Marte s.p.a., Ala Fantini s.r.l., Saba s.r.l., Ala Fantini precompressi s.r.l., Latermont s.r.l., Fornaci Ioniche s.r.l., Ilas Alveolater s.r.l., Celam s.p.a., Fantini Service s.r.l.), in ciò confermando che il deposito delle somme disposto dal tribunale in sede di ammissione ai sensi della L. Fall., art. 163, comma 2, n. 4 doveva intendersi idoneo, ancorchè tardivo, ad evitare la revoca L. Fall., ex art. 173 se intervenuto in tempo utile.

La corte d’appello, dato atto che la società debitrice, a fronte dell’ordine di deposito impartito dal tribunale per Euro 1.350.000 entro 15 giorni dalla comunicazione dell’avvenuta ammissione, aveva in realtà depositato prima solo 500.000 Euro e poi la residua somma in due tranches e però anteriormente all’udienza nel frattempo fissata L. Fall., ex art. 173, comma 1, ritenne che il termine per il predetto deposito non era perentorio e che peraltro era irrilevante – diversamente da quanto statuito dal primo giudice – che la società opponente avesse omesso di reclamare il decreto di non luogo a provvedere sulla revoca, trattandosi di provvedimento non autonomamente impugnabile. Ritenne poi di respingere le ulteriori censure attinenti alla adeguatezza del piano e al mancato deposito degli accordi assunti dalla debitrice con istituti bancari. Dissentendo dagli indirizzi di legittimità maturati nel regime precedente, osservò il decreto che nel novellato art. 163 non sussistevano gli estremi di previsione testuale della citata perentorietà, solo ivi prevedendosi, come automatismo, l’apertura del procedimento di revoca e tuttavia non la sua indefettibile pronuncia. Nella specie, l’istituto poneva piuttosto a carico del giudice una valutazione da compiersi di volta in volta per stabilire se il ritardo avesse o meno nuociuto al rispetto delle scadenze del procedimento, così non escludendosi che un versamento delle somme prima della sua conclusione potesse essere ritenuto non idoneo a giustificare la revoca, come in concreto accertato, posto che il deposito era stato effettuato entro un mese.

Il ricorso di Campobasso s.r.l. è su un motivo, ad esso resistendo le società del “gruppo Marte” con controricorso e ricorso incidentale su un motivo, difese cui ancora resiste la ricorrente con controricorso. Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Sul ricorso principale di Campobasso s.r.l.

Con il motivo si deduce la violazione della L. Fall., art. 163, comma 2, n. 4, L. Fall., artt. 173 e 180, poichè la corte d’appello ha erroneamente trascurato che il termine per il deposito delle somme era perentorio e conseguentemente doverosa la revoca.

Sul ricorso incidentale di Fornaci Ioniche s.r.l. e sul ricorso incidentale di MARTE s.p.a. in liq., ALA FANTINI s.r.l. in liq., SABA s.r.l. in liq., ALA Fantini Precompressi s.r.l. in liq., LATERMONT s.r.l. in liq., Fornaci Ioniche s.r.l., ILAS Alveolater s.r.l. in liq., FORNACI IONICHE s.r.l., CELAM s.p.a. in liq., Fantini Service s.r.l. in liq..

Con il motivo si deduce la violazione della L. Fall., art. 163, comma 2, n. 4 e comma 3, L. Fall., art. 173, commi 1 e 2, avendo errato la corte d’appello ove ha ritenuto non reclamabile in via autonoma ed immediata L. Fall., ex art. 26 il decreto conclusivo della fase di revoca, terminata con non luogo a provvedere da parte del tribunale, nulla prevedendo sul punto la norma.

1. Si osserva preliminarmente che la produzione documentale depositata ai sensi dell’art. 372 c.p.c. da Fornaci Ioniche s.r.l., ove dà conto di contestazioni di inadempimento parziale del concordato, riferite alla società debitrice da parte del commissario giudiziale e poi illustrate mediante dedotto pagamento di un credito del ricorrente Campobasso s.r.l. (mediante bonifico di terzo), non attiene in modo diretto ad una possibile causa di cessazione della materia del contendere, con venuta meno dell’interesse al ricorso dell’impugnante. Va invero osservato, da un lato, che la società ora ricorrente, già creditrice dissenziente, si era opposta alla omologazione del concordato preventivo sollevando in primo luogo una questione attinente alla regolarità della procedura, che assumeva viziata – come poi ripreso in questa sede – per omesso rispetto di una norma organizzativa indefettibile da parte dei suoi organi. Tanto basta per far ritenere a questo Collegio che quella verifica delle condizioni di legittimità del procedimento, attivata dalla parte costituita ed opponente, prescinde dalla circostanza del pagamento, peraltro del tutto contestato, appartenendo ai doveri di controllo che officiosi che il tribunale deve espletare in tema di permanenza dei requisiti di ammissibilità e procedibilità. Dall’altro lato, la documentazione del soddisfacimento monetario del medesimo creditore, da parte di un terzo e in corso di concordato, non risulta adeguatamente illustrata in relazione alla tipologia di proposta ammessa e poi oggetto di omologazione, nè in chiave di completo riguardo alla posizione del creditore, così non essendo possibile, anche per questa via, esaminare in modo diretto e scevro da attività istruttorie in questa sede se e come quel pagamento incida sulla definitiva aspettativa di credito di Campobasso s.r.l. (Cass. 3954/2016), essendosi esaurita la delibazione positiva degli organi concorsuali nel contenzioso attinente al merito della controversia.

2. Il motivo del ricorso principale è fondato, dovendosi ribadire l’indirizzo per cui “in tema di concordato preventivo, il termine fissato dal tribunale, ai sensi della L. Fall., art. 163, per il deposito della somma che si presume necessaria per l’intera procedura ha carattere perentorio, atteso che la prosecuzione di quest’ultima richiede la piena disponibilità, da parte del commissario, dell’importo a tal fine destinato e questa esigenza può essere soddisfatta soltanto con la preventiva costituzione del fondo nel rispetto del predetto termine, da considerarsi quindi improrogabile, con conseguente inefficacia del deposito tardivamente effettuato.” (Cass. 8100/2016, 18704/2016). Ritiene questo Collegio che non vi sono argomenti per discostarsi da un consolidato orientamento, già esplicitato anche sotto il regime anteriore alla riforma del 2005 dell’istituto (Cass. 7598/1993) e poi ripreso in una fattispecie erratamente illustrata dal decreto impugnato, poichè in realtà attinente ad un concordato preventivo aperto dopo il D.L. n. 35 del 2005 (così l’antecedente cui non si sono conformati i giudici baresi, Cass. 20667/2012, concerneva un concordato aperto il 13.10.2005). La perentorietà del termine per il deposito delle somme, fissate dal tribunale in una percentuale di quelle necessarie per la procedura, appare strettamente connessa all’esigenza di assicurarne un ordinato svolgimento, in piena autonomia rispetto agli atti di amministrazione del debitore, senza che la mera convocazione di questi in camera di consiglio e ai fini della revoca, in difetto di detto deposito, possa esaurire il profilo sanzionatorio dell’inosservanza dell’ordine giudiziale, non potendosi confondere l’impianto garantistico che prevede una fase contestativa e la partecipazione al procedimento di cui alla L. Fall., art. 173, comma 1 come un nuovo contesto in cui rimodulare, secondo discrezionalità, un adempimento che è lo stesso L. Fall., art. 163, comma 2, n. 4 a fissare come operazione materiale, di facile constatazione se compiuta o non compiuta e cui ricollegare in modo indefettibile, in caso negativo, la rimozione dell’ammissione disposta. In questo senso, l’istituto – nelle vicende modificative della L. Fall., artt. 163 e 173 susseguitesi dal 2005 – non è mutato nel suo fondamento se non, per un verso, in ragione di una differente articolazione della misura del deposito (per entità, rapporto con le spese necessarie ed impiego d’investimento) e, per altro, in relazione al procedimento volto alla reazione ordinamentale, condotta nell’alveo del già citato contesto di garanzia della revoca. Per ogni altra parte, anche Corte cost. n. 3/1969 ebbe a notare, escludendo l’illegittimità costituzionale delle citate norme per violazione sia del principio di eguaglianza, sia della garanzia del diritto di difesa, che porre a carico dell’imprenditore ammesso alla procedura del concordato preventivo l’onere di depositare, nella cancelleria del tribunale, la somma che si presume necessaria per la procedura (e, in allora, nel caso di mancato versamento, dichiarare addirittura il fallimento) non significava altro che applicare, in materia di giurisdizione non contenziosa e dunque senza implicazioni di soccombenza, il principio per cui le spese della procedura gravano su chi l’ha instaurata: “sena la loro anticipazione non potrebbero essere svolti gli atti necessari al procedimento; e, al termine di questo, non sempre se ne otterrebbe il pagamento dall’imprenditore istante, dato il suo stato di insolvenza” posto che “le varie procedure concorsuali non sono stabilite nell’interesse del dissestato, che è, in sostanza, un inadempiente, bensì, primieramente, nell’interesse dei creditori.”. E tenuto conto, concludeva il Giudice delle leggi, con considerazione tuttora riproponibile, che “nella procedura in esame, sussistono ragioni di particolare urgenza e momento, che attengono, da un lato, alla tutela dei creditori, già sacrificati a motivo del soddisfacimento soltanto parziale delle loro spettanze, dall’altro, alla crisi di impresa ed al conseguente turbamento economico che, di regola, fa seguito alla situazione di insolvenza: è logico che il beneficio accordato al commerciante dissestato di conseguire il concordato preventivo sia sottoposto a un regime assai rigoroso.”.

3. I ricorsi incidentali sono infondati, dovendosi applicare il principio, correttamente seguito per questa parte dal decreto impugnato, per cui un primo provvedimento conclusivo del procedimento instaurato L. Fall., ex art. 173, con “non luogo a procedere” statuito dal tribunale (che non riconosca fondamento alla ragione di revoca), non avrebbe comunque precluso la deduzione delle medesime ragioni di non proseguibilità – o di giustificata revoca – dell’avvenuta ammissione anche nel giudizio di omologazione del concordato, in cui una parte legittimata, come accaduto, si fosse costituita e, nel farlo, opposta alla domanda del debitore. Siffatto provvedimento negativo del tribunale, infatti, definisce un conflitto insorto rispetto ad una mera fase endoconcordatizia, senza decidere su diritti o status nè incidere su di essi, non conclude l’accertamento e perciò non genera alcun giudicato sostanziale e dunque, restando scollegato da una dichiarazione di fallimento come anche da un intervento interruttivo sul corso del concordato, non è reclamabile in via autonoma ed interna, al di fuori di una previsione di controllo che la L. Fall., art. 164 prevede solo per i decreti del giudice delegato e di un perimetro impugnatorio che neanche la L. Fall., art. 173 inquadra. Ne consegue che la mancata impugnazione – della parte che, oltre all’attivazione eventuale dei poteri sollecitatori verso il tribunale e per come espletati durante il subprocedimento L. Fall., ex art. 173, diverrebbe carente d’interesse – non si riflette in realtà in alcun limite all’azione oppositiva di chi contesta, dissentendo dalle ragioni di non revoca, la sussistenza dei requisiti di omologabilità e lo faccia nell’ambito dell’apposito giudizio di cui alla L. Fall., art. 180. Proprio questo giudizio è infatti deputato a scrutinare, nel pieno contraddittorio e con unicità di decisione finale, la legittimazione di tutti gli opponenti anche in relazione al tipo di vizio attinente alla regolarità della procedura e alla permanente sussistenza delle condizioni di ammissibilità (doppia disamina cui è comunque tenuto il tribunale), oltre che – solo in casi di qualificato dissenso – alla convenienza. Ritiene invero il Collegio che debba ribadirsi il principio, cui dare continuità anche per la fattispecie di omesso deposito tempestivo delle somme necessarie alla procedura, per cui nel giudizio di omologazione del concordato preventivo, il controllo della regolarità della procedura impone al tribunale la verifica della persistenza sino a quel momento delle stesse condizioni di ammissibilità della procedura già scrutinate nella fase iniziale, dunque non solo dell’assenza di atti o fatti di frode (Cass. 10778/2014) e, in caso di riscontro positivo di tali condizioni, del rispetto delle regole che impongono che la formazione del consenso dei creditori sulla proposta concordataria sia stata improntata alla più consapevole ed adeguata informazione; ne deriva che, a fronte di atti o di fatti rilevanti ai fini previsti dall’art. 17311, o comunque ad essi equiparabili quoad effectum, il tribunale deve respingere la domanda di omologazione, nonostante la mancata apertura del relativo procedimento ovvero il suo esaurimento in modo difforme dall’esito di accertamento più completo espletato nel solo giudizio di omologazione.

Il ricorso principale va dunque accolto, con rigetto dei ricorsi incidentali, cassazione senza rinvio e, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, revoca dell’ammissione, perchè il procedimento concordatario non poteva essere proseguito, nonchè condanna alle spese dei controricorrenti e liquidazione come da dispositivo, quanto al presente procedimento e ai gradi di merito.

PQM

Accoglie il ricorso principale, rigetta i ricorsi incidentali; cassa senza rinvio e, poichè il giudizio non poteva essere proseguito, revoca l’ammissione al concordato preventivo; condanna i controricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 10.200 (di cui 200 Euro per esborsi), oltre al 15% forfettario sui compensi e agli accessori di legge, nonchè al pagamento delle spese dei giudizi di merito, liquidate per ciascun grado in Euro 5.200 per compensi (di cui 200 Euro per esborsi), oltre al 15% forfettario sui compensi e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2017

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