Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2234 del 30/01/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2234 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 8973-2011 proposto da:
TORRE BONAD.A SRL 03021560044, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato LUCIS_A.NO
CLAUDIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GARAVOGLiA MARIO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente Contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente dorniciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELI.D
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

Data pubblicazione: 30/01/2013

avverso la sentenza n. 8/12/2010 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di TORINO delr8/02/2010,
depositata il 12/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/12/2012 dal Consigliere Relatorte Doti ANTONELLO

udito l’Avvocato Lucisano Claudio difensore della ricorrente che si
riporta agli scritti;
è presente il RG. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA

che ha concluso per il rigetto del ricorso.
è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.
rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
«. La società Torre Bonada srl ricorre contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della
sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, confermando la
sentenza di primo grado, ha respinto il suo ricorso avverso gli avvisi di liquidazione relativi
alle imposte di registro, ipotecaria e catastale pretese dall’Agenzia delle entrate in relazione
alla pluralità di atti di seguito descritta, unitariamente considerati dall’Ufficio alla stregua di
un solo atto di vendita di un compendio immobiliare dei valore di C 1.501 .000 dal sig. Marco
Giordano alla società Torre Bonada srl:
in data 14.12.04, stipula tra il sig. Giordano ed una banca di un contratto di mutuo
fondiario, garantito da ipoteca sul suddetto compendio immobiliare, in forza del
quale il primo riceveva dalla seconda la somma di E 1.500.000;
in data 28.1104, costituzione tra il sig. Giordano ed altre tre persone fisiche della
società a responsabilità limitata Torre Bonada, la quale si accollava il mutuo del sig.
Giordano ed alla quale costui conferiva il predetto compendio immobiliare ipotecato,
in tal modo acquisendo la quota societaria E 1.000 (pari alla differenza tra il valore
dell’immobile conferito e l’importo del mutuo sul medesimo gravante);
in data 31.12,04, cessione dal sig. Giordano ad uno degli altri soci della quota sociale
da lui detenuta e conseguente uscita dello stesso Giordano dalla compagine sociale.
La Commissione Tributaria Regionale, richiamandosi alla giurisprudenza di legittimità in
materia di abuso di diritto, ha ritenuto fondato l’assunto dell’Ufficio secondo cui i tre atti sopra
descritti tendevano a realizzare non un lecito risparmio d’imposta, bensì

“un regime

formalmente legittimo ma implicitamente riprovalo dal sistema fiscale” (così pagina 6, rigo 10,
della sentenza).
Ric. 2011 n. 08973 sez. MT – cd. 19-12-2012
-2-

COSENTINO;

Il ricorso della contribuente si fonda su tre motivi.
Con il primo motivo si denuncia il vizio di ultrapetizione in cui sarebbe incorso

giudice di

merito fondando la propria decisione su una disposizione – l’articolo 21 d.p.r. 131/86 – non
richiamata né negli atti impositivi impugnati né nella sentenza di prime cure.
Il motivo è infondato perché il giudice di secondo grado, richiamando, nello sviluppo del
proprio ragionamento giuridico, la disposizione di cui all’articolo 21 d.p.r. 131/86, non ha
invocato un principio estraneo alla causa petendi degli avvisi di liquidazione impugnati – vale

atti negoziali collegati posti in essere dai signor Giordano dal 14 al 31 dicembre 2004 (si veda
in particolare il paragrafo “d” dell’avviso di liquidazione, debitamente trascritto, in
ottemperanza all’onere di autosufficienza, a pag. 4 del ricorso per cassazione) – ma ha
semplicemente arricchito e completato, col richiamo alla disciplina della tassazione degli atti
contenenti più disposizioni fissata dal secondo comma dell’articolo 21 d.p.r. 131/86, la tesi
della prevalenza della sostanza sulla forma ex art. 20 d.p.r. 131/86, sviluppata negli atti
impositivi, condivisa dal primo giudice e richiamata nella stessa sentenza gravata ( a pag. 5,
rigo 14 dei MOTIVI).
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 53 della costituzione in
cui sarebbe incorsa la sentenza gravata ravvisando la fattispecie di abuso del diritto pur
mancando il presupposto del]’ antieconornicità delle operazioni poste in essere dal signor
Giordano; secondo la ricorrente, infatti, le operazioni realizzate dal signor Giordano sarebbero
state vantaggiose tanto per lui (perché attraverso l’accensione di un mutuo ipotecario egli
aveva ricevuto disponibilità liquide che verosimilmente non avrebbe potuto ottenere dalla
società conferitaria degli immobili) quanto per la società Torre Bonada srl, che aveva potuto
acquistare la proprietà di un immobile pagandone il corrispettivo con i tempi dilazionati di un
mutuo fondiario. il motivo è inammissibile perché muove una censura di violazione di legge
all’apprezzamento operato dalla giudice di merito in ordine alla sussistenza, nella specie, degli
elementi integrativi dell’abuso del diritto; apprezzamento che, risolvendosi in un giudizio di
fatto, sarebbe stato censurabile solo sotto il profilo del vizio di motivazione.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 3,
primo comma, e 6, secondo comma, D.Lgs. 472/97, in cui il giudice di merito sarebbe incorso
non escludendo l’irrogazione delle sanzioni in una ipotesi, quale quella di specie, in cui il
comportamento della contribuente non contrasta con specifiche e tassative disposizioni
sanzionatorie, ma con un principio generale, quale quello del divieto di abuso del diritto.
Il motivo deve giudicarsi infondato perché questa Corte ha di recente chiarito – con la
sentenza 25537/11 (resa con riferimento a sanzioni irrogate per il minor versamento di imposte
dirette ed IVA, ma evidentemente riferibile al minor versamento di qualunque tipo di imposta)
che ai fini dell’applicazione delle sanzioni è irrilevante se il minor versamento deriva da una
violazione, oppure da una elusione, di norme impositive (“In materia tributaria, il divieto di
abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che trova fondamento il el I ‘ari.

Ric. 2011 n. 08973 sez. MT – ud. 19-12-2012
-3-

a dire la funzione elusiva, volta al conseguimento di un indebito vantaggio tributario, dei tre

37 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, secondo il quale l’Amministrazione finanziaria
disconosce e dichiara non opponibili le operazioni e gli atti, privi di valide ragioni
economiche, diretti solo a conseguire vantaggi fiscali, in relazione ai quali gli organi
accertaiori emettono avviso di accertamento, applicano ed iscrivono a ruolo le sanzioni di cui
all’ari. I comma 2, del dlgs. 18 dicembre 1997, n. 471, comminate dalla legge per il solo
,

fatto di avere il contribuente indicato in dichiarazione un reddito imponibile inferiore a quello
accertato, rendendo cosi evidente come il legislatore non ritenga gli atti elusivi quale criterio

conseguenza dell’esito dell’accertamento volto a contrastare il fenomeno l’abuso del diritto.”).

Si propone il rigetto del ricorso.»;

che l’Agenzia delle entrate è costituita con controricorso;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti
costituite;
che non sono state depositate memorie difensiva.
Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio,
condivide le argomentazioni esposte nella relazione, non inficiate dalle
considerazioni svolte nella discussione orale del difensore della ricorrente;
che pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso va rigettato;
che le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente a ritOndere all’
Agenzia delle entrate le spese del giudizio di cassazione, che liquida in C2.500 per onorari, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 19 dicembre 2012.

scriminame per l’applicazione delle sanzioni, che, al contrario, sono irrogate quale naturale

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