Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22339 del 26/09/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. III, 26/09/2017, (ud. 11/05/2017, dep.26/09/2017),  n. 22339

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3079-2015 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DOMENICO DE DOMINICIS 42, presso lo studio dell’avvocato ALDO

ANTONIO MARIO LIVIO PAZZAGLIA, rappresentato e difeso dall’avvocato

LUCIANA BENZI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CARIGE ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore speciale pro

tempore Dott. AN.CR., elettivamente domiciliata in ROMA,

V.DELLA CROCE 44, presso lo studio dell’avvocato ERNESTO

GRANDINETTI, che la rappresenta e difende giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

LABOR SRL IN LIQUIDAZIONE VOLONTARIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2171/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/05/2017 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

Fatto

I FATTI DI CAUSA

La Labor s.r.l. proponeva azione di risarcimento danni per responsabilità professionale nei confronti del proprio commercialista, rag. A.M., per non aver eseguito correttamente gli obblighi di domiciliazione assunti, smarrendo o mancando di ricevere, come era suo compito, e di inoltrare alla società alcune raccomandate contenenti una cessione di credito, ed inducendo in tal modo la società attrice, ignara dell’intervenuta cessione, ad effettuare il pagamento del debito ceduto nei confronti del proprio originario creditore, e a dover rinnovare tale pagamento in favore della banca cessionaria. Il professionista chiamava in causa la propria compagnia assicuratrice per la responsabilità professionale.

La domanda di risarcimento danni nei confronti del commercialista veniva rigettata in primo grado ma accolta in appello, con condanna del commercialista a risarcire i danni alla società per circa 26.000,00 Euro.

La domanda di manleva proposta dall’ A. verso la propria compagnia di assicurazioni veniva invece rigettata, sul presupposto che il commercialista avesse omesso di indicare chi fosse il responsabile della mancata presa in consegna delle raccomandate dirette alla Labor, impedendo in questo modo alla compagnia di assicurazioni di potersi rivalere verso il responsabile ed impedendo l’operatività della polizza.

Il rag. A.M. propone ricorso per cassazione articolato in due motivi nei confronti di Labor s.r.l. in liquidazione volontaria, per la cassazione della sentenza n. 2171/2013, depositata dalla Corte d’Appello di Roma il 6 dicembre 2013.

Resiste con controricorso la Carige s.p.a., subentrata alla Levante Ass.ni s.p.a..

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.

La Procura Generale non ha formulato conclusioni scritte.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 46,2230 e 1176 c.c.. affermando di aver ammesso la propria mancanza di diligenza in relazione alla mancata ricezione di alcune raccomandate rilevanti per la società sua cliente, e che la corte d’appello sarebbe incorsa in errore nel ritenere inoperante la polizza assicurativa.

Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, facendo riferimento ad una nozione di vizio di motivazione non più vigente al momento della proposizione del ricorso. La censura attinente alla motivazione non può pertanto essere presa in considerazione.

Il primo motivo di ricorso invece è fondato e va accolto, sulla base delle considerazioni che seguono, prendendo in considerazione ai fini dell’argomentazione dei rilievi contenuti nel primo motivo quanto specificato nel complesso del ricorso.

Il ricorrente deduce che la polizza lo garantiva contro gli errori propri ed anche contro gli atti commessi con dolo da suoi dipendenti e contro atti compiuti da suoi collaboratori purchè indicati in polizza.

La corte d’appello ha affermato che, non avendo lui indicato, all’interno del personale e dei collaboratori dello studio, chi dovesse essere ritenuto responsabile per la mancata ricezione delle raccomandate, non avrebbe consentito di verificare che effettivamente il difetto di diligenza fosse imputabile a soggetti coperti dalla garanzia assicurativa.

Il ricorrente precisa che, non avendo all’epoca collaboratori fissi, e non sapendo di preciso quale fosse stata la sorte delle raccomandate, di certo indirizzate presso il suo studio, ove si domiciliava il cliente e dove all’epoca dei fatti era anche in corso una ristrutturazione, e quindi chi, in concreto, le avesse smarrite, si era assunto direttamente la responsabilità dell’accaduto e quindi che avrebbe dovuto esser coperto dall’assicurazione, che lo assisteva per eventuali errori forieri di danni connessi all’esercizio della sua attività professionale.

Il motivo è fondato.

L’assicurazione per la responsabilità professionale è una forma di assicurazione per la responsabilità civile volta a tutelare il professionista-assicurato dal rischio connesso ai danni provocati a terzi nell’esercizio della sua attività professionale, trasferendo sull’assicuratore, previo il pagamento del premio assicurativo, il rischio connesso e l’obbligo di indennizzare i terzi danneggiati.

Ciò che rileva, ai fini dell’operatività della polizza assicurativa, è se il comportamento posto in essere rientri nell’ambito dell’attività individuata dalla polizza come risarcibile, o se si collochi al di là. Essa presuppone che il danno sia stato causato dal professionista, direttamente attraverso l’attività professionale carente, o indirettamente per carenze organizzative o di diligenza del proprio studio del quale egli indirettamente risponde. Qualora non sia, come nella specie, contestato che il comportamento per il quale il commercialista è stato ritenuto responsabile verso il cliente rientrasse nel rischio assicurato, egli non è di per sè tenuto, ai fini dell’operatività della polizza, ad indicare all’assicuratore l’effettivo, materiale responsabile dell’attività dannosa, sia essa attiva o omissiva, che potrebbe non essere neppure in grado di individuare con certezza.

Nè a tanto può ritenersi obbligato dalla previsione contrattuale che estenda, come nella specie, la copertura assicurativa, oltre ai danni dei quali sia responsabile il titolare dello studio, ai danni provocati a terzi da altri soggetti individuati operanti abitualmente all’interno dello studio (i dipendenti dello studio, per comportamenti dolosi, i collaboratori indicati nominativamente) perchè è una previsione volta ad ampliare il novero dei soggetti per la cui attività può essere chiamata a rispondere l’assicurazione, e non a circoscriverlo alle sole ipotesi di specifica individuazione dei responsabili del singolo atto foriero di conseguenze pregiudizievoli per i terzi.

Sarebbe stato piuttosto onere dell’assicurazione dedurre e provare che il comportamento era stato posto in essere da soggetto non garantito e per il quale il professionista non era chiamato a rispondere, ovvero nè dal commercialista nè da altra persona al cui operato, in base alle previsioni della polizza, si estendeva la garanzia professionale.

La sentenza impugnata va cassata in accoglimento del primo motivo, e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 11 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA