Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22339 del 03/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 03/11/2016, (ud. 14/09/2016, dep. 03/11/2016), n.22339

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17719/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, c.f. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

STUDIO ASSOCIATO PSICHIATRIA E PSICOTERAPIA DOTT. P.C.

DOTT.SSA G.N.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 175/03/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PERUGIA, del 24/03/2011 e depositata il 18/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, ritenuto che, a sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“La CTR di Perugia ha accolto l’appello dello “Studio Associato di Psichiatria e Psicoterapia Dott. P.C. e Dott.ssa G.N.” – appello proposto contro la sentenza n. 42/07/2008 della CTP di Perugia che aveva già respinto il ricorso della parte contribuente – ed ha così accolto l’impugnazione del silenzio-rifiuto sull’istanza di rimborso di IRAP versata per i periodi di imposta anni 2001-2006, ricorso proposto sulla premessa che la ricorrente associazione – costituita per l’espletamento della attività professionale di psichiatra – è carente del presupposto d’imposta dell’autonoma organizzazione. La predetta CTR ha motivato la decisione evidenziando – per quanto qui rileva – che nella specie, dalla documentazione in atti, era risultato il difetto di una autonoma organizzazione, siccome l’attività era stata espletata personalmente, in modo che non fosse produttiva di reddito senza l’apporto personale degli associati. A riguardo del rimborso chiesto per l’annualità 2001 e per l’acconto del 2002, invece, l’istanza doveva considerarsi inammissibile perchè tardiva. L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo. La parte contribuente non si è difesa. Il ricorso… può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c.. Con il motivo d’impugnazione l’Agenzia ricorrente prospetta la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 e – sul presupposto che la parte ricorrente sia costituita sotto forma di associazione professionale – assume che già di per sè la struttura associata evidenzia l’aspetto organizzativo, per quanto non sia prevalente rispetto all’attività dello stesso titolare. In quest’ottica, non giova alcuna valutazione in ordine all’esistenza della autonoma organizzazione, perchè a siffatte associazioni professionali si applica automaticamente l’IRAP per la stessa previsione di legge. Il motivo appare fondato e da accogliersi. Occorre dare rilievo alle prospettazioni di parte ricorrente che muove dall’esplicito presupposto che la parte contribuente sia costituita sub specie di associazione professionale, ciò che sembra coerente con la circostanza che la parte contribuente (come risulta nell’intestazione della pronuncia medesima) abbia agito utilizzando la denominazione di “studio associato” e non quella delle persone fisiche. In questa prospettiva, necessita qui dare continuità al recente insegnamento di Cass. n. 7361/2016, secondo cui: “presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione e allo scambio ovvero alla prestazione di servizi; ma quando l’attività è esercitata dalle società e dagli enti, che siano soggetti passivi dell’imposta a norma del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 3 – comprese quindi le società semplici e le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni- essa, in quanto esercitata da tali soggetti, strutturalmente organizzati per la forma nella quale l’attività è svolta, costituisce ex lege, in ogni caso, presupposto d’imposta, dovendosi perciò escludere la necessità di ogni accertamento in ordine alla sussistenza dell’autonoma organizzazione”. Nel motivare la predetta pronuncia – e per quanto si occupasse di una fattispecie di attività organizzata sotto forma societaria – la Corte ha chiarito che il menzionato principio di diritto è da applicarsi anche alle associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni, salva la facoltà per la parte contribuente di fornire la prova contraria avente ad oggetto “non l’insussistenza dell’autonoma organizzazione nell’esercizio in forma associata dell’attività, ma piuttosto l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività stessa”. A fronte di siffatto autorevole apprezzamento dei presupposti giuridici che presiedono alla soluzione della questione qui in esame, e non essendovi alcuna allegazione della prova esonerativa richiesta dal principio medesimo, non resta che ritenere che il motivo di impugnazione in applicazione degli argomenti sviluppati dalle Sezioni Unite “a latere” del menzionato principio di diritto – sia da considerarsi fondato e da accogliere e che la sentenza impugnata sia meritevole di riforma, per i capi concernenti l’accoglimento della domanda di rimborso (mentre il capo di rigetto è già passato in cosa giudicata), non avendo il giudicante tenuto conto della caratteristica peculiare insita nella forma giuridica adottata dalla parte contribuente e non avendo ad essa adeguato l’identificazione della corretta disciplina da applicarsi. Non resta che concludere per opportunità di decidere il ricorso in Camera di consiglio per manifesta fondatezza, con facoltà per la Corte di decidere la lite anche nel merito, non sussistendo esigenza di acquisizione di ulteriori elementi di fatto”.

Rilevato che, a seguito della notifica della relazione, non è stata depositata alcuna memoria; che la causa è stata riassegnata ad altro consigliere relatore con decreto prot. n. 130/6/16 del 29 luglio 2016;

osservato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta fondatezza del ricorso, per tutte le ragioni sopra indicate nella relazione stessa; che, non sussistendo esigenza di acquisizione di ulteriori elementi di fatto, può essere immediatamente rigettata nel merito anche la parte della domanda introduttiva relativa ai versamenti successivi a quelli per l’annualità 2001 e per l’acconto del 2002; che le spese processuali possono essere compensate stante il recente consolidamento giurisprudenziale in materia.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa in relazione la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, rigetta la domanda introduttiva per la parte ancora controversa; compensa interamente tutte le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016

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