Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22336 del 26/10/2011

Cassazione civile sez. I, 26/10/2011, (ud. 21/09/2011, dep. 26/10/2011), n.22336

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 34538 del R.G. anno 2006 proposto da:

BANCO di SICILIA s.p.a. domiciliata in ROMA, via Fontanella Borghese

72 presso l’avv. Voltaggio Lucchesi Franco con l’avv. Antonino

Longhitano del Foro di Firenze che la rappresentano e difendono

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Cassa di Risparmio di Volterra s.p.a. dom.ta in Roma via Bertoloni 44

presso l’avv. Greco Massimo con l’avv. Antonio Marotti del Foro di

Firenze che la rappresenta e difende per procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e

L.I.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1192 in data 31.05.2006 della Corte di Appello

di Firenze;

udita la relazione della causa svolta nella c.d.c. del 21.09.2011 dal

Consigliere Dott. Luigi MACIOCE;

udito, per il ricorrente, l’avv. A.Voltaggio, in sostituzione, e per

la controricorrente l’avv. M.Greco, in sostituzione, che hanno

richiamato le difese;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per l’inammissibilità od il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Banco di Sicilia chiese ed ottenne decreto ingiuntivo a carico di L.I. per il pagamento di L. 8.567.449 quale saldo debitore del conto corrente alla stessa intestato. La L. si oppose innanzi al Tribunale di Firenze deducendo essere apocrifa la sua firma (sia in calce al contratto di c.c. sia sul retro dell’A.C. a suo favore emesso da BdS per L. 9.980.000) e l’adito giudice autorizzò l’opposto a chiamare in causa la Cassa di Risparmio di Volterra. Il Tribunale con sentenza 29.9.2003 ebbe a revocare il d.i.

opposto, assolvendo la L. da ogni pretesa e di contro condannando la chiamata Cassa a pagare al B.d.S. la somma di Euro 4.424,72 per avere negoziato l’assegno del B.d.S. con il quale sarebbe avvenuta la erogazione del prestito alla L. pur non avendo ella sottoscritto alcun contratto nè firmato l’assegno non trasferibile. La sentenza venne impugnata dalla Cassa di Risparmio di Volterra che sosteneva la addebitabilità a negligenza del B.d.S. della vicenda e si costituì il solo B.d.S. La Corte di Firenze con sentenza 31.5.2006 andando di contrario avviso respinse la domanda del B.d.S. nei confronti della Cassa e condannò l’appellata alla refusione delle spese in favore della Cassa, affermando in motivazione: che la decisione del Tribunale di ritenere Cassa di Volterra responsabile era fondata sulla violazione del R.D. n. 1736 del 1933, art. 43 per avere pagato con negligenza l’assegno non trasferibile a soggetto diverso dall’intestatario; che in realtà all’atto della negoziazione sul conto della L. presso la Cassa era stato accreditato l’importo di L. 9.400.000 si da far ritenere che le somme erano comunque pervenute sul conto della apparente prenditrice; che per il residuo di L. 580.000 il fatto generatore del danno era comunque riconducibile solo al BdS che aveva stipulato il contratto di c.c. e concesso apertura di credito a soggetto diverso dalla L. e che aveva apposto firma apocrifa; che per tal ragione era stata esattamente revocata l’ingiunzione chiesta da BdS a carico della L. e per la stessa ragione nulla poteva essere chiesto alla Cassa negoziatrice dal soggetto che aveva dato causa, con la sua negligenza, all’illecito.

Per la cassazione di tale sentenza BdS ha proposto ricorso con tre motivi il 4.12.2006, resistiti da controricorso della cassa di Risparmio di Volterra del 27.1.2007. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene il Collegio che il ricorso sia meritevole di accoglimento.

Primo motivo: si denunzia violazione del R.D. n. 1736 del 1933, art. 43 per avere la Corte obliterato l’autonomo titolo di responsabilità della banca negoziatrice che paghi un assegno non trasferibile a soggetto diverso dal prenditore. Secondo motivo: si lamenta violazione dell’art. 1992 c.c. per avere affermato l’esistenza di un effetto liberatorio della responsabilità della Cassa collegandolo all’avvenuto accreditamento di somma sul conto della L., che peraltro di tal conto si limitava a ridurre lo scoperto, nel mentre nessun effetto liberatorio era configurabile nel caso di colpa grave della negoziatrice (per le ragioni esposte anche nel primo motivo).

Terzo motivo: si censura di carenza di motivazione l’argomentazione diretta a far gravare solo sul BdS la responsabilità della vicenda, dimenticando che il BdS non era stato negligente (dato che L. non aveva mai contestato gli estratti conto, non aveva eccepito alcunchè alla disdetta del 18.9.1991, aveva invece fruito del prestito e provveduto ad effettuare rimesse solutorie dal conto di Cassa di Volterra).

Coglie nel segno certamente la censura nella parte in cui lamenta la perpetrata totale disapplicazione del R.D. n. 1736 del 1933, art. 43 inteso anche come fonte di precetto regolatore della responsabilità nei rapporti tra banche (trattarla e negoziatrice). Questa Corte, di recente, (Cass. 6624 del 2010) ha avuto occasione di rammentare che la Corte di legittimità ha precisato che, ove prevede la responsabilità di “colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso”, il R.D. n. 1736 del 1933, art. 43, comma 2 si riferisce sia alla banca trattarla sia alla banca girataria, analogamente all’art. 41 stesso Decreto, “che espressamente equipara a quella del trattario la responsabilità del banchiere presso il quale sia stato posto all’incasso un assegno sbarrato” (S.U. 26 giugno 2007, n. 14712). Ed infatti, la banca cui sia presentato per l’incasso un assegno bancario, ha il dovere di pagarlo se l’eventuale irregolarità (falsificazione o alterazione) dei requisiti esteriori non sia rilevabile con la normale diligenza inerente all’attività bancaria, e che coincide con la diligenza media, non essendo tenuta a predisporre attrezzatura qualificata con strumenti meccanici o chimici al fine di un controllo dell’autenticità delle sottoscrizioni o di altre contraffazioni dei titoli presentati per la riscossione. Questo principio deve ritenersi operante anche per la banca trattarla, perchè, quando il titolo le viene rimesso in sede di stanza di compensazione, ha la possibilità di rilevarne l’alterazione.

Coglie altrettanto nel segno la (seconda censura) nella parte in cui sottolinea il chiaro fraintendimento che vizia l’argomentare della sentenza in relazione al rilievo dato al “fatto” che sul conto L. aperto presso Ca.RI.Volterra, comunque, all’atto della negoziazione dell’assegno de quo pervenne la somma di L. 9.400.000:

la notazione afferente il carattere “satisfattivo” del pagamento avrebbe avuto infatti senso se l’azione in discorso fosse stata proposta dalla L., che avesse lamentato la indebita operazione commessa a suo danno (ed alla quale ben si sarebbe potuto replicare osservando che la somma “comunque” era pervenuta sul conto), ma non ha senso alcuno, come esattamente denunziato, le volte in cui si verta in una ipotesi di azione di danno proposta dalla banca trattarla diretta a far valere responsabilità nei suoi confronti della banca negoziatrice per l’indebito incasso di quell’assegno scorrettamente emesso, scorrettamente girato per l’incasso ed (in tesi) negligentemente negoziato.

Quanto al terzo motivo, teso a far emergere incongruità argomentative della sentenza sulla imputazione esclusiva ed assorbente della responsabilità a BdS, ritenuta pertanto accollatala esclusiva delle conseguenze di una vicenda che essa aveva, con la sua negligenza, ingenerato e che essa stessa ebbe, con la sua conclusiva negligenza, contribuito a consolidare (avendo perpetrato la sua omessa vigilanza anche in sede di stanza di compensazione), esso pone questioni di fatto che devono intendersi assorbite nell’accoglimento dei primi due motivi potendosi pervenire a formulare siffatte valutazioni solo dopo aver applicato le regole sulla esistenza di responsabilità assorbente o di concorso tra diverse responsabilità.

L’azione intrapresa da BdS, pervero, è certamente ricollegabile ad una azione contrattuale: devesi al proposito rammentare che le S.U. di questa Corte, a composizione di contrasto, hanno affermato (vd.

S.U. 14612 del 2007, cui adde Cass. 7618 del 2010) la natura contrattuale della responsabilità della banca negoziatrice di assegni bancari (o circolari), la quale abbia pagato detti assegni in violazione delle specifiche regole poste dalla Legge assegno, art. 43, comma 1, nei confronti di tutti i soggetti nel cui interesse quelle regole sono dettate e che, per la violazione di esse, abbiano sofferto un danno: prima di tutti il prenditore, ma eventualmente anche colui che ha apposto sul titolo la clausola di non trasferibilità, o colui che abbia visto in tal modo indebitamente utilizzata la provvista costituita presso la banca trattarla (o emittente), nonchè, se del caso, questa stessa banca. La Corte di merito – come rilevato dianzi nella disamina dei due motivi – non ha dunque mostrato piena comprensione della suddetta natura dell’azione e quindi della possibilità, affatto compatibile con la affermata natura contrattuale della azione della trattaria, che sussistano responsabilità della trattaria e della negoziatrice, che quella dell’una o dell’altra sia ritenuta assorbente, e che in tal ambito debba trovare applicazione il disposto dell’art. 1227 c.c., commi 1 e 2, per contenere o addirittura escludere il credito risarcitorio della attrice. Ed è stata, del resto, la sopra richiamata pronunzia delle S.U. di questa Corte a ritenere – al seguito di pronunziati delle Sezioni semplici – la piena applicabilità del disposto dell’art. 1227 c.c. là dove ha precisato che, qualora la banca trattarla sia stata negligente nella verifica del titolo in stanza di compensazione, tale condotta può qualificarsi come fatto colposo del creditore, rilevante ai sensi dell’art. 1227 c.c. e pertanto può concorrere con la responsabilità della banca negoziatrice che abbia accettato in pagamento l’assegno irregolarmente girato.

L’accoglimento del ricorso comporta quindi la cassazione della sentenza ed il rinvio alla stessa Corte perchè provveda a nuovo giudizio facendo applicazione del principio di diritto sopra formulato, e sottolineato, e perchè, conclusivamente, regoli le spese.

PQM

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2011

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